domenica 18 febbraio 2007

Le maschere di Verona


II Dio de l'oro
E' la maschera del rione di Santo Stefano, legata a doppia mandata alla storia pignatta piena di marenghi d'oro del Duca della Pignatta, anch'egli nato a Santo Stefano nel 1883, che del Carnevale è invece un gran dignitario, molto di più di una maschera.
Il Dio de l'oro risale quindi alla fine dell'Ottocento, come personaggio dell'entourage del Duca, anche se la sua prima apparizione ufficiale nella sfilata del Vènardi Gnocolar è degli anni Venti, quasi sempre con il ruolo di comparsa.
La dignità di maschera giunge al Dio de l'oro nel dopoguerra, con il ritorno in grande stile delle sfilate camevalesche. Il primo Dio de l'Oro è, nel 1950, Giovanni Cabianca, seguito per mezzo secolo da vari interpreti che hanno dato ciascuno un tocco di originalità alla maschera, a cominciare dal costume: dall'imperatore romano allo stile settecentesco e ottocentesco, sempre però con lo scettro e una netta predominanza dell'oro. Il Dio de l'Oro accompagna il Duca della Pignatta sul suo carro e ha anche una propria corte (altrimenti che re sarebbe?) formata dalla Primavera, dal Tigellino e da altre figure allegoriche.
El Principe de la Concordia, Reboano dalle Carceri
E' la maschera del quartiere dei Filippini, porto della Verona veneziana sull'Adige, che nel 1952 volle entrare a far parte del Carnevale veronese con una propria maschera.
L'origine del Principe della Concordia risale a cavallo dei secoli XI e XII, in un periodo di lotta cruenta tra le fazioni che abitano la città. La famiglia Dalle Carceri fra le più cospicue di Verona, faceva opera di mediazione e di concordia. Lo strano nome derivava dalla contrada di San Marco alla Carceri, oggi piazzetta Tirabosco e dintorni, tra Piazza Erbe, corso Porta Borsari e via Quattro Spade, dove Reboano abitava. Ma se all'inizio i Dalle Carceri tentavano la mediazione, presto anche loro furono travolti dalle passioni e si unirono ai Sambonifacio contro i Monticoli, con la conseguenza di vedere distrutte le loro case nel 1205, e di cadere in prescrizione nel 1207. Reboano, che mal digeriva queste lotte veronesi, aderì a una ducale di Venezia che assegnava l'isola di Negroponte a chi l'avesse occupata a suo nome con la forza. Secondo la leggenda Reboano riuscì nell'impresa unendosi a Pecoraro de' Pecorari e ottenne in seguito dal fiammingo Jacopo Avesnes un terzo dell'isola, che nel 1209 gli venne interamente assegnata, dopo averla governata, versando annualmente a Venezia 2100 monete d'oro. Morto Reboano Dalle Carceri, l'isola di Negroponte passò ai discendenti fino al 1490, quando cadde in mano ai turchi
Re Saltucchio e la Regina Caterina
Sono le maschere di Porto San Pancrazio, nate nel 1970 dalle ricerche del poeta Mario Marcolini che è andato a pescare una leggenda nata attorno al 1622.
Si narra che Saltucchio e Caterina vennero ad abitare nella zona del Porto, e diedero vita a due nuove maschere, il re e la reginetta di San Pancrazio. Nella sfilata, la famiglia di Saltucchio è seguita dai paggetti e gattine, con richiamo al "buso del gato" del Porto.
Il Barone de San Zeneto
Nata nel 1972 nel piccolo quartiere attorno alla chiesetta di San Zeneto, la maschera trae origine dalla nobiltà dall'antico rione e da un anonimo barone del Settecento. Durante il corteo, con il barone de San Zeneto ci sono Marco Paparela, una maschera di antica estrazione popolare riesumata, dal comitato ispirandosi a caratteristici personaggi del quartiere che sfilavano nel carnevali ottocenteschi, e Can della Scala, una figura eletta ogni anno.
Re Teodorico
E' la maschera del rione della Carega, nata nel 1970, ispirandosi a Teodorico re degli Ostrogoti che in Cortalta, appunto nella centralissima Carega, aveva i giardini e gli orti regali in cui andava a rilassarsi. Insieme a Teodorico il comitato della Carega ha creato anche Cassiodoro, uomo politico e consigliere di Teodorico che suggerì al re di fondere la cultura romana con quella ostrogota, ma fu anche esperto agricoltore e agronomo. Tra le maschere "caregote" c'è anche Boezio, ispirato al grande poeta che indossa una tunica bianca e un mantello colorato; è un personaggio bonario e arguto. C'è infine Bertoldo, il contadino scaltro e furbo.
Simeon de l'Isolo
E' la maschera di Veronetta, il rione in cui una volta c'era l'Isolo che si formava tra l'Adige e un suo braccio, il canale dell'Acqua Morta, interrato dopo il 1882 quando furono costruiti i muraglioni in seguito alla piena dell'Adige. Nel 1326, secondo documenti dell'epoca, viveva li Simeon de l'Isolo, trasportatore fluviale, soprattutto di legname. La maschera allude infatti al mestiere dei "radaroi", i traghettatori sull'Adige.
El Mastro Sogar
La maschera di San Michele Extra è nata nel primi anni Ottanta e rappresenta la lavorazione delle "soghe", cioè delle corde, che in passato rese famoso il quartiere in tutto il Veneto. I fabbricanti di corde, i "sogari", prima insediatisi a San Nazaro, si trasferirono poi anche a San Michele Extra. El Mastro Sogar, che ha come emblema la soga, indossa durante le sfilate un costume del '600: pantaloni alla zuava di velluto nero, camicia bianca di flanella, giubbetto, stivali, cintura e strisce di cuoio, cappello rosso con penne nere, cioè i colori di San Michele.
Madonna Verona
Nasce nel 1982, per ricordare la bella fontana nel cuore di piazza Erbe e diventa la maschera dei nuovi "piassaroti".
Federigo da Porto
E' la maschera del Boscarel, il vicoletto delle Regaste San Zeno, poco prima della curva di Castelvecchio, abitato nell'antichità da artigiani, mugnai e ortolani.
Federigo Da Porto aprì lì nel 1614 un'osteria, che tutt'ora esiste, "El Boscarel".
Conte Polenton
La maschera del borgo Primo Maggio, il quartiere sorto alle spalle di Borgo Roma, è nata nel 1972. Un rione nuovo nato sulla campagna coltivata a polenta, non poteva che avere una maschera ispirata a quell'attività agricola, magari cercando qualche nobile, lontano abitante: il Conte Polenton.
Il Re della Stanga
La tradizione carnevalesca, radicata da secoli nel cuore delle genti veronesi, sfocia ancora una volta nel desiderio di voler favorire un’occasione d’incontro fra i concittadini. La disponibilità di alcuni volontari dà vita, nel 1977, al piccolo Carnevale di Croce Bianca con una semplice sfilata in maschera di genitori con i loro piccoli per le vie del quartiere. Successivamente viene lanciata l’idea di rievocare storicamente un personaggio vissuto in questi luoghi, che fosse il più vicino possibile alla fantasia e al desiderio dei bambini. Si pensa ad un RE… al “Re de la Stanga”. Questa figura allegorica, prende il nome da una località chiamata popolarmente la Stanga dove, fino a metà dell’Ottocento, veniva posto orizzontalmente per bloccare il passaggio sulla strada un palo di legno (in dialetto veronese “na stanga”), che veniva levato solamente dopo che si era pagato il dazio (la gabella) per le merci che si volevano portare in città e così si poteva proseguire. L’anno seguente, nel 1978, anche questa nuova maschera entra a far parte del grande carnevale veronese con il riconoscimento ufficiale del Bacanal del Gnoco.
Nello stesso anno viene costruito un carro allegorico che accompagna nelle sfilate ufficiali il primo “Re de la stanga” della Croce Bianca, eletto con libere votazioni della popolazione.
Bepo Patata, Radecio, Bia, Frate Feton e Sissi Sono le maschere di Borgo Venezia del comitato dei Sei Borghi. In questi quartieri, ricchi di costruzioni austroungariche e forti, mura e bastioni austriaci, la linea ferroviaria per Venezia, la stazione di Porta Vescovo e gli abitanti hanno ambientato le loro maschere. E così Francesco Giuseppe è Bepo Patata; il generale Radetsky, in omaggio al radicchio rosso, è Radecio; l'imperatrice Elisabetta è la Bia, con le damigelle e il confessore di corte il Frate Feton. Quindi, la principessa Sissi.
Orlando Furioso
E' la maschera di Borgo Roma, nata negli anni '80 aspirata allo scudo di Orlando e alla denominazione topografica di tutte le strade dei quartiere: via Scuderlando (lo scudo di Orlando), via Angelica (l'amata di Orlando nel poema dell'Arlosto), via Durlindana (la spada di Orlando), via Ippogrifo (il cavallo volante), via Fiordalisi, via Medoro e via Ariosto.
Attila
La maschera di Quinzano nasce nei primi anni' 70. Secondo un'antica leggenda, "il flagello di Dio", com'era chiamato Attila, avrebbe soggiornato per qualche tempo a Quinzano e i più antichi abitanti del rione vanterebbero discendenze dal famoso barbaro. Insieme ad Attila sfilano "el barossier e la so dona", maschere ispirate al lavoro dei carrettieri che trasportavano, fino a prima dell'ultima guerra mondiale sabbia, ghiaia e mattoni di tufo.
Mastro Mugnaio e la bella Mugnaia
E' la maschera di Borgo Trento dove, precisamente alla fine di via Monte Ortigara, la strada che scende da Avesa, c'era il "mulin de le asse", in origine mulino e segheria e in seguito una della più famose balere del dopo guerra. I mugnai erano dunque gli antichi lavoratori del borgo, in cui c'erano ancora fossi e canali.
Re Goloso
La maschera delle Golosine nasce nel 1968, con annesso carnevale. Al tempo di re Berengario, dove ci sono le Golosine c'erano immensi boschi dove si nascondevano bande di briganti che entravano a fare razzie in città da Porta Palio. C'erano lupi, volpi, cinghiali e al limitare dei boschi, dove ha inizio via Golosine, esisteva un osteria gestita da due sorelle, chiamate "Le golosine", che diedero il nome al quartiere per gli squisiti piatti che cucinavano.
El Conte de la Via Bassa
E' una maschera nata una decina d'anni fa nel quartiere sorto attorno alla parrocchia della Fraternità, dove c'è via Bassa.
El Sior de la Spianà
Nata negli anni '80, è la maschera del quartiere dello stadio e della Spianà, l'ultima campagna della città.
La Parona
E' una maschera, nata nel 1985, legata all'omonimo rione sull'Adige, Parona, e all'intemo del Carnevale si lega alla festa della "renga", che ha origini secolari.
I trasporti lungo l'Adige, nei giorni di Carnevale, non potevano svolgersi, così i barcaioli sostavano nell'osteria della piazza del porto, appunto a Parona, e mangiavano le aringhe che avevano con sé, un cibo a lunga conservazione cucinato con la polenta.
Terminato il Carnevale, i veronesi andavano a Parona il primo giorno di Quaresima, per assaggiare appunto la "renga", un pesce salato.
La festa della renga, che tutt'oggi si svolge il mercoledì delle Ceneri, è nata nel primi anni '70 ed è la chiusura ufficiale del Carnevale veronese.
La Donzelletta del Sabato del Villaggio
E' la maschera di Borgo Nuovo, nata nel 1984. La donzelletta richiama all'omonima denominazione del quartiere, il Villaggio Dall'Oca Bianca, costruito dal Comune grazie al lascito del pittore veronese Angelo Dall'Oca Bianca, morto nel primi anni '50. C'è anche il riferimento alla poesia "Il sabato del villaggio", di Giacomo Leopardi.
L'Aseneto
E' la maschera del Saval, nata nel 1982.
Il costume dell' "aseneto" è forinato oltre che da una maschera d'asino anche da un frac rosso, bordato di giallo con pantaloni di peluche.
Sfilano con lui la moglie, l'"aseneta", e tanti figli, gli aseneti.
Il Marchese di Santa Lucia
La maschera del quartiere a sud ovest di Verona è nata negli anni scorsi e si ispira alla solita nobiltà carnevalesca.
Duca de la Pearà con la Duchessa e i paggi
E' la maschera del quartiere Indipendenza fra Santa Lucia e le Golosine, nata nel 1976. La scelta della maschera è legata alla succulenta e celebre salsa veronese "pearà", che secondo la leggenda sarebbe stata cucinata dal cuoco di Rosmunda per farle tornare l'appetito, dopo aver bevuto nel cranio del padre.
Il Re Magnaron
E' la maschera di Montorio, ispirata al pesce che vive nel corsi d'acqua della frazione. Gloriosa la storia carnevalesca di Montorio, che partecipò fin dal 1922, nel Vènardi Gnocolar, con il carro allegorico "El Comune", i cui passeggeri cantavano anche una canzone scritta e musicata dal montoriese Bepi Zorzi. Il carro di Montorio partecipò con successo al baccanale fino al 1929, chiamato anche "el bocal", "i muratoni", "l'emigrante", "la barela". Il carro risorse nel 1978 e nel 1981 nacque, dopo un sondaggio popolare, la maschera di Montorio, il Re del Magnaron.
Giamburrasca e le Bici Pazze
La maschera che ricalca il personaggio di Vamba è del rione della Bassona, in cui si è forminato anche un gruppo di appassionati ciclisti che ha creato un gruppo folcloristico che partecipa e anima carnevali in tutta Italia. Sono le Bici pazze, vestite di tute nere con camicia rossa a pallini e redarguite da un vigile urbano. Loro sono nate all'inizio degli anni '80, mentre Giamburrasca è nato come maschera negli anni '90.
Duca de la Seola
E' la maschera di Borgo Santa Croce, nata 21 anni fa e, dopo un periodo di leggera decadenza, ravvivata quattro anni or sono. Si ispira alla figura di un duca che nell'Ottocento aveva un podere di campagna nella zona del futuro borgo e coltivava soltanto cipolle, le "seole". Ecco allora il Duca della Seola, che nel cortei sfila con frac di colore grigio argentato, con pantaloni alla zuava e calze bianche, reggendo in capo un tricorno. Con lui ci sono la duchessa e il "notaro", elegantissimo e munito di penna d'oca. La "seolara", come veniva chiamato l'antico podere, esiste ancora.
El Torototela
Un misero vestito da mendicante, un bastone con appesi dei pupazzi di pezza da agitare, qualche strofetta cantata senza pretese del tipo "me piase la polentina, specialmente col bacalà" ed ecco El Torototela, la maschera di San Michele Extra, che si ispira a un personaggio realmente esistito, un pover'uomo di Roveredo di Guà, ma abitante a Ponte Florio che già a metà degli anni Trenta veniva in città a chiedere l'elemosina, con un corredo un po' appariscente. Era chiamato El Torototela, il nome dialettale di uno strumento a corde, una specie di chitarra, usato in Frìuli per animare gli antichi filò.
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno
Una decina d'anni fa alcuni veronesi con il gusto della burla hanno dato vita alle maschere di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, padre, figlio e nipote, ispirandosi al contadino Bertoldo, che secondo una ricostruzione storica nacque nel Modenese nel 1550 e, viste le sue doti di scaltrezza e furbizia, andò a servire a corte di re Alboino fino a diventare consigliere. Si narra che morì in seguito alle continue libagione a corte del re guerriero. Ereditarono le sue qualità il figlio Bertoldino e il nipote Arsenio, detto Cacasenno. Le maschere del Gruppo Bertoldo- Amici del Carnevale di San Zeno, vestono nelle sfilate i panni dei contadini-montanari, con giacca di pelo, calzoni sdruciti e zoccoli. E Cacasenno è in sella all'asinello.
Grazie a Stefano Toffaletti per la foto da www.larenadomila.it
e grazie dell'articolo a larenadomila/bacanal

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