giovedì 19 aprile 2007

Never forget: Ghetto di Varsavia

Il ghetto di VARSAVIA (Polonia)
Qui verrà analizzato il perché la segregazione nei ghetti voluta dai tedeschi sia stata praticamente realizzata solo nell'est europeo .Qui esamineremo la vita di queste collettività create artificialmente. Siamo all'ultima fase che precede il genocidio: quella in cui le vittime , artificialmente isolate, ridotte alla miseria e indebolite dalla fame, fanno tentativi per organizzare la loro esistenza, in attesa della fine della guerra, da cui sperano la salvezza. Il fatto che in Polonia, per esempio, come in certe regioni dell'Unione Sovietica, le popolazioni ebraiche, a forte densità, siano state in tutti i tempi concentrate in determinati quartieri della città, basterebbe a spiegare come la segregazione nei ghetti sia stata qui più facilmente realizzabile: il <> diventa l'area designata per il ghetto. La differenziazione accentuata della popolazione ebraica, che colpiva al primo sguardo e si spingeva fino a certe particolarità dell'aspetto fisico, fu un'altro fattore supplementare atto a facilitare l'isolamento artificiale. Lingua, abitudini, foggia nel vestire, tutto differenziava le vittime designate delle persecuzioni dalle popolazioni che le circondavano. Avevano creato forme di vita e di cultura diverse da ogni altra, lentamente elaborate nel corso dei secoli; civiltà unica nella sua specie, che un furore barbaro ha per sempre cancellato dalla terra. Si era sviluppata sotto la pressione di un mondo ostile; e da questa stessa pressione la vita ebraica trova le risorse della sua straordinaria vitalità. Gli Ebrei dell'Europa orientale avevano un antica esperienza delle persecuzioni: il persecutore non trovò vittime impreparate e la loro resistenza pacifica facilitò il loro adattamento a forme di vita atroci: mondo di incubi, specchio deformato della condizione umana, il ghetto seppe essere un mondo vitale. Ci si può chiedere che cosa, in questa eccezionale esperienza d'una collettività umana che sia stata ermeticamente chiusa, forse dovuto a peculiarità fondamentalmente ebraiche, e che cosa invece possa essere considerato insegnamento generale, umano, sociale. Si potrebbe dire che l'intensità di certe reazioni ebraiche, il loro amore alla vita, la loro adattabilità e la loro combattività, le loro passioni e ambizioni smisurate, dovute appunto al fatto che il loro sviluppo vitale fu così duramente compresso nel corso dei secoli, non sono che l'espressione dell'universale condizione umana portata al suo punto estrem . E questo sarebbe il <> ...Certi ghetti, specialmente dell'Urss, scomparvero per così dire senza lasciar traccia, e i documenti che ne esistono non sempre sono accessibili. D'altra parte, poiché ogni ghetto costituì come un mondo a sé, non è possibile narrare successivamente la storia senza rischiare prolissità e ripetizioni. Ci limiteremo ad esporre nei particolari la storia del più grande di essi: il ghetto di Varsavia, capitale del giudaismo polacco. E' anche quello la cui vicenda è meglio conosciuta, grazie ai sopravvissuti, ma sopratutto grazie agli scomparsi. Fin dalla creazione del ghetto, infatti, un gruppo di storici aveva iniziato la costituzione di archivi, che registravano la loro vita giorno per giorno. Quando nel 1942 cominciò l'agonia del ghetto di Varsavia, gli archivi furono sotterrati. I membri del gruppo vi unirono i loro ultimi messaggi: <>. Il ghetto di Varsavia fu istituito il 16 ottobre 1940: la sua creazione era stata annunciata, poi rinviata a più riprese. Fin dall'estate del 1940, i tedeschi facevano costruire nelle strade dei muri, per isolare gruppi di case. A poco a poco, questi tronconi di muri si congiungevano, isolando un quartiere, verso il quale venivano avviati gli ebrei espulsi dai villaggi e dalle cittadine di provincia. Dal 1° luglio 1940, fu loro vietato di risiedere altrove che nel settore così delimitato. L'ordinanza del 16 ottobre prescriveva il trasferimento in questo quartiere dei centoquarantamila ebrei di Varsavia che abitavano fuori dai confini di esso, e l'evacuazione degli ottantamila polacchi che vi risiedevano. E dal 16 novembre gli ebrei di Varsavia non poterono più uscire dal ghetto senza speciale autorizzazione. Il numero totale degli abitanti del ghetto non può essere stabilito con certezza, ma sicuramente non lontana dal mezzo milione. Si trattava di una collettività estremamente eterogenea, gente di tutte le età, di tutte le professioni, di tutte le classi sociali, differenziata per cultura e per lingua (all'ebreo ortodosso, che parlava solo lo yiddish, si opponeva l'ebreo intellettuale la cui lingua materna era il polacco). Ne facevano parte tra gli altri un certo numero di ebrei convertiti, che frequentavano regolarmente le tre chiese comprese nel ghetto. Nei limiti della sua cinta il ghetto contava circa millecinquecento case di abitazione o edifici vari. I tedeschi avevano avuto cura di escludere ogni giardino, ogni zona di verde dai limiti del ghetto, l'aria fresca diventava una vera merce preziosa, e i proprietari dei pochi rari alberi esigevano una tassa speciale per il diritto di sedersi sotto di essi. Questa terribile situazione di sovrapopolazione dava la sua impronta all'aspetto delle vie, brullicanti di folla. In queste condizioni, e data la mancanza di medicinali, non può far meraviglia che le epidemie facessero strage, la più grave, quella di tifo esantematico, produsse nel corso del 1941 15.750 vittime. Questi però erano flagelli minori in confronto alla fame atroce che regnava senza tregua in quel campo di concentramento gigantesco che era ormai il ghetto. Abbiamo visto che si trattava da parte dei tedeschi d'una politica deliberata di eliminazione per fame. Le razioni alimentari degli ebrei erano ridotte al minimo e il valore nutritivo della razione era in media di ottocento calorie. L'isolamento del ghetto facilitava il controllo delle quantità globali di vettovagliamento che vi pervenivano. Decine di disgraziati morivano nelle strade e i passanti ne ricoprivano frettolosamente i cadaveri con giornali, in attesa che il carro delle pompe funebri venisse a raccoglierli. Tranne in qualche rarissimo caso, gli abitanti potevano uscire solo se incolonnati per lavoro; sentinelle polacche e tedesche stavano a guardia delle quattordici porte di entrata, e sparavano a bruciapelo sugli ebrei che si avvicinavano troppo. Le linee telefoniche, come le linee tranviarie che conducevano al ghetto, erano state interrotte (una linea speciale di tram, che portava la stella di Sion, funzionava all'interno del ghetto; questa <> era stata data alla ditta Kohn & Heller). Le comunicazioni postali con l'esterno erano proibite. Il controllo tedesco si esercitava essenzialmente dall'esterno, infatti non v'erano nel ghetto uffici dell'amministrazione tedesca, ne distaccamenti delle s.s o di altri reparti. Così i nazisti potevano ipocritamente pretendere di aver accordato l'<> agli ebrei. La preoccupazione dell'amministrazione tedesca, diretta da Auerswald, commissario del ghetto, era d'isolarlo al massimo, e di ricavarne il possibile sotto forma di forniture e di prestazioni di mano d'opera, insieme mirando, per mezzo della fame, all'indebolimento biologico dei suoi occupanti. Come tutti gli altri, anche il ghetto di Varsavia era amministrato da un Consiglio Ebraico nominato dai tedeschi subito dopo l'occupazione della città. Il Consiglio Ebraico di Varsavia contava ventiquattro membri, ed era presieduto dall'ingegnere Adam Scerniakov. La maggior parte delle funzioni governative usuali rientrava nelle sue attribuzioni. Venne istituito un corpo di polizia ebraica, di più di mille uomini; furono stabilite delle imposte, che permisero di organizzare una rete di assistenza sociale e di cucine popolari, al fine di soccorrere e di nutrire gli indigenti sempre più numerosi. Spettava al Consiglio fornire le squadre di manodopera richiesti dai tedeschi. Si occupava anche delle questioni mediche e sanitarie, l'organizzazione degli ospedali e la lotta contro le epidemie. La maggior parte delle attività economiche del ghetto aveva il suo fulcro fuori dal Consiglio. Erano dirette sia dagli stessi tedeschi, sia da certi personaggi che avevano saputo entrare nelle loro buone grazie. Sta di fatto che, esattamente come la collaborazione amministrativa (da parte del Consiglio ai tedeschi come citato poc'anzi), la collaborazione economica offerta dal ghetto (manodopera a basso costo fornita dal Consiglio ai tedeschi) rappresentava la sua principale garanzia di sopravvivenza. Il 22 luglio 1942, un manifesto affisso per conto del Consiglio Ebraico annunciava agli abitanti del ghetto che sarebbero stati deportati verso est, senza distinzione di età né sesso; solo gli ebrei occupati nelle industrie tedesche, o impiegati nelle istituzioni del Consiglio, sarebbero stati esonerati. Così comincio l'agonia del ghetto. Mentre i treni partivano verso i campi della morte (lager), gli ebrei si aggrappavano con moltiplicata energia alla principale e provvisoria ancora di salvezza: i certificati d'impiego presso gli industriali tedeschi. Selezioni sistematiche erano state compiute dalle s.s nei laboratori, al fine di eliminare gli operai troppo vecchi o di scarso rendimento. La sua vita interna, un tempo così complessa, si andava spegnendo; per la sua struttura, si avvicinava sempre più al prototipo del campo di concentramento nazista. I restanti abitanti del ghetto, vedendo che alla fine la loro sorte era segnata a breve scadenza , prendevano precauzioni di carattere ben differente da prima. Non contando più sulla grazia dei tedeschi, alcuni si nascondevano nelle case sinistrate, o si barricavano nei loro appartamenti, altri si facevano murare nelle cantine con provviste di viveri e d'acqua. Profondi rifugi, i bunkers, furono scavati nel sottosuolo: prendendo inizio dalla rete delle fognature, un vero ghetto sotterraneo sorgeva a Varsavia. La resistenza ebraica prendeva rapidamente corpo. La maggior parte degli ultimi abitanti del ghetto perì nell'aprile - maggio del 1943, al momento della rivolta ebraica. Il quartiere fu bombardato, incendiato e completamente raso al suolo. Un campo di concentramento che riuniva duemila ebrei e non ebrei, fu in seguito installato dalle s.s nella zona prima occupata dal ghetto. Dai racconti dei pochi sopravvissuti di questo campo, si seppe che una vita sporadica e misteriosa si prolungò ancora per qualche mese nei sottosuoli e nelle fognature di quel che era stato il ghetto di Varsavia da http://www.lager.it/ghettodivarsavia.html

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