
Prof. Gino Giugni
Massimo D’Antona
Spetta a me l’ingrato e doloroso compito di ricordare Massimo D’Antona, e lo ricordo con profonda commozione perchè mi trovo ad avere incrociato la sua vita in almeno tre punti di snodo: Massimo come collega, Massimo col quale ho condiviso idee politiche così come una profonda affinità culturale, e infine Massimo come amico. Tre condizioni che mi inducono a parlarne con grande commozione, tre condizioni che si sono intrecciate fortemente a definire una profonda ricchezza umana; ma su di esse prevale in modo netto la passione dello studioso e del professore universitario. In tutte le qualità che ho prima elencato, in tutte le aree di esperienza a cui ho fatto riferimento, una netta preferenza venne infatti segnata dalla qualità di studioso. Fui membro della commissione di concorso per la cattedra e questo fu l’avvio dell’esperienza di un grande studioso e di un grande professore. Al momento della scomparsa stampa e mass media ci hanno illustrato, giustamente, i grandi meriti di Massimo, ma non hanno sufficientemente posto in rilievo quello che fu di gran lunga prevalente, e cioè lo studioso, professore all’Università di Catania, di Napoli e successivamente a quella di Roma.
Massimo D’Antona fu partecipe intenso della vita Accademica. Ma si segnalò soprattutto per l’opera scientifica: dalla monografia sulla reintegrazione del posto di lavoro, tema difficile che egli affrontò con semplicità e grande equilibrio nella trattazione, e nel prosieguo di tutta la sua attività scientifica; mi è poi caro menzionare uno splendido articolo che dimostrò una profonda conoscenza del problema del metodo. Massimo fu, senza enfasi, un giurista che operava già nella conoscenza del nuovo secolo. Gli studi sul mercato del lavoro e sul diritto comunitario, sui vari momenti del rapporto di lavoro, sui rapporti atipici segnarono una delle fasi più importanti della sua attività scientifica. Mi è particolarmente gradito ricordare che alcuni di questi studi furono pubblicati nella rivista scientifica di cui sono direttore.
Ma a queste attività di ricerca si accompagnò un intensa partecipazione all’attività legislativa. Nel collegamento fra interpretazione della legge e dell’attività contrattuale si realizza una figura compiuta di giurista che non solo si appaga nel momento interpretativo, ma intende procedere oltre, ponendo in esse una più diretta partecipazione al processo legislativo. Se mi è consentito un modesto paragone, non posso fare a meno di rilevare che nella personalità di Massimo si realizzavano, e lo ripeto con tutta modestia, le tracce di una simbiosi, o di qualcosa di analogo, tra alcune esperienze o modi di essere che ci univano personalmente e con le nostre rispettive scuole. Mi è caro ricordare questi aspetti soprattutto ora che il filo si è spezzato. Cercammo tutti e due, e ne parlo anche a nome dei nostri allievi, gli estremi d’un pensiero comune, orientato ad un diritto del lavoro che voleva creare il diritto e non solo commentarlo. La trama s’è spezzata. Io stesso non sono più portatore di questa continuità ed è per questo che rivolgo il messaggio a quanti sono stati nostri allievi con la certezza che alcuni, molti di essi siano in grado di intendere e fecondare la validità del messaggio comune.
Massimo D’Antona
Spetta a me l’ingrato e doloroso compito di ricordare Massimo D’Antona, e lo ricordo con profonda commozione perchè mi trovo ad avere incrociato la sua vita in almeno tre punti di snodo: Massimo come collega, Massimo col quale ho condiviso idee politiche così come una profonda affinità culturale, e infine Massimo come amico. Tre condizioni che mi inducono a parlarne con grande commozione, tre condizioni che si sono intrecciate fortemente a definire una profonda ricchezza umana; ma su di esse prevale in modo netto la passione dello studioso e del professore universitario. In tutte le qualità che ho prima elencato, in tutte le aree di esperienza a cui ho fatto riferimento, una netta preferenza venne infatti segnata dalla qualità di studioso. Fui membro della commissione di concorso per la cattedra e questo fu l’avvio dell’esperienza di un grande studioso e di un grande professore. Al momento della scomparsa stampa e mass media ci hanno illustrato, giustamente, i grandi meriti di Massimo, ma non hanno sufficientemente posto in rilievo quello che fu di gran lunga prevalente, e cioè lo studioso, professore all’Università di Catania, di Napoli e successivamente a quella di Roma.
Massimo D’Antona fu partecipe intenso della vita Accademica. Ma si segnalò soprattutto per l’opera scientifica: dalla monografia sulla reintegrazione del posto di lavoro, tema difficile che egli affrontò con semplicità e grande equilibrio nella trattazione, e nel prosieguo di tutta la sua attività scientifica; mi è poi caro menzionare uno splendido articolo che dimostrò una profonda conoscenza del problema del metodo. Massimo fu, senza enfasi, un giurista che operava già nella conoscenza del nuovo secolo. Gli studi sul mercato del lavoro e sul diritto comunitario, sui vari momenti del rapporto di lavoro, sui rapporti atipici segnarono una delle fasi più importanti della sua attività scientifica. Mi è particolarmente gradito ricordare che alcuni di questi studi furono pubblicati nella rivista scientifica di cui sono direttore.
Ma a queste attività di ricerca si accompagnò un intensa partecipazione all’attività legislativa. Nel collegamento fra interpretazione della legge e dell’attività contrattuale si realizza una figura compiuta di giurista che non solo si appaga nel momento interpretativo, ma intende procedere oltre, ponendo in esse una più diretta partecipazione al processo legislativo. Se mi è consentito un modesto paragone, non posso fare a meno di rilevare che nella personalità di Massimo si realizzavano, e lo ripeto con tutta modestia, le tracce di una simbiosi, o di qualcosa di analogo, tra alcune esperienze o modi di essere che ci univano personalmente e con le nostre rispettive scuole. Mi è caro ricordare questi aspetti soprattutto ora che il filo si è spezzato. Cercammo tutti e due, e ne parlo anche a nome dei nostri allievi, gli estremi d’un pensiero comune, orientato ad un diritto del lavoro che voleva creare il diritto e non solo commentarlo. La trama s’è spezzata. Io stesso non sono più portatore di questa continuità ed è per questo che rivolgo il messaggio a quanti sono stati nostri allievi con la certezza che alcuni, molti di essi siano in grado di intendere e fecondare la validità del messaggio comune.
da http://www.dirittodellavoro.it/public/current/miscellanea/DAntona.htm che ringrazio.
(I panse' sono di Hodler)
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