sabato 5 maggio 2007

Never forget: MIKLOS NYISZLI sopravvissuto a Mengele


(Szilágysomlyó, Ungheria, oggi in Romania - 17 giugno 1901 - 5 maggio 1956) è stato un medico e scrittore di religione ebraica deportato nell'aprile 1944, assieme alla moglie e alla figlia adolescente, nel campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia. È conosciuto per essere l'autore del libro Un medico a Auschwitz - Memorie di un medico deportato, pubblicato poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, in cui racconta le circostanze in cui riuscì a scampare alla morte nel lager di Auschwitz e negli altri tre campi di concentramento in cui fu trasferito durante le marce forzate di evacuazione dalle zone di concentramento dei deportati durante i concitati mesi che preludevano, fra l'inverno e la primavera del 1945, la fine del Terzo Reich. Nel libro, Nyiszli - di professione medico patologo, e che in Germania aveva studiato e lavorato per dieci anni prima della guerra - ha narrato gli orrori a cui ha assistito e la sua esperienza di deportato addetto ad un sonderkommando (morti viventi il cui destino era quello di essere soppressi al termine di un servizio di quattro mesi) come braccio destro (suo malgrado) di Josef Mengele, il medico del nazismo cui è stata attribuita la pratica di test medici sugli ebrei vittime dei campi di sterminio. Al suo arrivo ad Auschwitz, Nyiszli si offrì volontario come medico e fu assegnato per il servizio di assistenza sanitaria alle baracche del settore 12. Notato da Mengele per la sua abilità professionale, fu da questi aggregato come medico anatomo-patologo al dodicesimo sonderkommando e trasferito nella palazzina adiacente il crematorio numero 3, appositamente approntata e nella quale era stata allestita una sala per le autopsie fornita delle più moderne attrezzature.
Nella narrazione della quotidianità di rinchiuso - come numero A.8.450 - all'interno del KZ di Auschwitz, del suo rapporto con lei compagni del sonderkommando, dei tentativi di rivolta e di fuga, rivelando il suo turbamento di uomo prima ancora che di medico per le azioni cui era obbligato a compiere, Nyiszli ha descritto minuziosamente le atrocità di cui è stato testimone, e di come sia stato forzato da Mengele e dal comando del campo di Auschwitz a condurre test medici e compiere autopsie su decine e decine di cadaveri, particolarmente di persone deformi, gemelli, popoli nomadi ed ebrei. Mengele, nel suo disegno criminale di ricerca medica, aveva disposto una serie di dettagliati esami, da compiere dapprima in vita e poi sui cadaveri dei reclusi, per avvalore le sue tesi di correlazione fra le deformità fisiche, in particolare in coppie di gemelli, oppure trasmesse di padre in figlio, fra le popolazioni di religione ebraica per dimostrarne la supposta inferiorità.
Uno degli episodi narrati dal medico ungherese nel suo libro è servito come traccia per il film La zona grigia (The Grey Zone). In tale episodio Nyiszli racconta di come lui e i suoi collaboratori - anch'essi medici deportati - avessero un giorno scoperto, in una camera a gas presso il forno crematorio a cui era assegnato, una giovane ancora in vita sotto una massa di corpi inanimati. Invano la giovane fu rianimata e salvata, poiché subito dopo fu uccisa da due SS. Durante gli oltre otto mesi trascorsi ad Auschwitz e nei sottocampi in cui fu recluso, Nyiszli ebbe modo di assistere - secondo la sua testimonianza - allo sterminio di decine di migliaia di persone appartenenti a svariate etnie, nazionalità, religione o genere.
Quando seppe che nel campo femminile C erano rinchiuse sua moglie e sua figlia, riuscì, grazie alla sua padronanza della
lingua tedesca e alla comprensibile forza della disperazione che lo aiutò nella sua opera di negoziatore, a convincere gli ufficiali SS a trasferirle in un campo di lavoro. Si riunirà a loro solo diversi mesi dopo la fine del conflitto quando anch'esse faranno ritorno a casa al termine della prigionìa. Nyiszli rimase nel campo di Auschwitz fino a pochi giorni prima dell'arrivo dell'armata sovietica, il 27 gennaio del 1945. Il 18 gennaio, assieme a circa sessantaseimila altri prigionieri, venne avviato in quella che è passata alla storia come la marcia della morte, ovvero il trasferimento dei deportati da un campo di sterminio all'altro, in disperata fuga all'interno dei territori di Germania, Cecoslovacchia, Polonia e Austria appartenenti al Reich. La prima tappa di questa marcia fu, per Nyiszli e i suoi compagni, il campo di concentramento di Mauthausen-Gusen, presso Linz, nel nord dell'Austria. Dopo circa tre settimane trascorse in isolamento nelle baracche di Mauthausen, fu trasferito poi nei sottocampi di Melk und der Donau, distante pressapoco tre ore di treno, e di Ebensee.
Dopo aver trascorso quasi un anno di prigionìa, inclusi i due mesi trascorsi fra Melk und der Donau ed Ebensee, Nyiszli e i suoi compagni di deportazione vennero liberati dai soldati dell'esercito
statunitense il 5 maggio del 1945. wikipedia
UNA PAGINA DEL SUO LIBRO
"Il quartiere ceco si componeva di quindicimila persone circa. Già da diverse settimane la loro situazione era peggiorata. Deliravano dalla fame. Il loro organismo si è disintegrato nel giro di pochi giorni. La diarrea, la dissenteria e il tifo esantematico li ha decimati. Ogni giorno c’erano cinquanta, sessanta morti. Gli ultimi giorni hanno patito sofferenze indescrivibili, fino a che l’ora della fine liberatrice è suonata. Centinaia di SS hanno circondato il quartiere ceco e ordinato il raduno dei deportati. Gli urli di spavento che essi cacciavano mentre erano caricati nei camion, erano terribili: dopo aver vissuto due anni qua dentro le vittime sapevano bene cosa le attendeva. Ho visto un camion colmo di cenere uscire dai crematori e prendere la strada della Vistola…….." "I cadaveri non sono coricati un po’ dappertutto , in lungo e in largo, per la sala ma pigiati in un ammasso alto fino al soffitto. La spiegazione è nel fatto che il gas inonda dapprima gli strati inferiori dell’aria e sale lentamente verso l’alto. E’ questo che obbliga i disgraziati a pestarsi, a montarsi l’uno sull’altro. Quale lotta disperata per la vita! Eppure si tratta di una tregua di soli due o tre minuti. Se avessero saputo riflettere, avrebbero compreso che stavano pestando i loro figlioli, i loro vecchi, le loro spose. Noto che in basso al mucchio dei cadaveri si trovano i neonati, i bambini, le donne, i vecchi. I loro corpi, spesso avvinghiati, recano i segni della lotta che li ha messi di fronte e sono pieni di graffi.Il naso e la bocca sanguinanti, il volto tumefatto e livido, deforme, li rendono irriconoscibili. Il gruppo del Sonderkomando, con dei grossi stivali di gomma ai piedi, circonda la montagna di cadaveri e l’inonda con potenti getti d’acqua. E’un’operazione indispensabile, perché l’ultimo atto della morte provocata per annegamento o col gas, è la defecazione involontaria. Tutti i morti ne sono insozzati………" http://www.romacivica.net/anpiroma/nazismo/nazismodocu1.htm

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