lunedì 6 agosto 2007

Never forget: Hiroshima e Nagasaki

Il mattino del 6 agosto 1945, l'Aeronautica militare statunitense lanciò la bomba atomica "Little Boy" sulla città giapponese di Hiroshima, seguita tre giorni dopo dal lancio di "Fat Man" su Nagasaki. Nel suo libro del 1999, Downfall, lo storico Richard Frank, analizzando diverse fonti e studi, stimò le vittime del bombardamento, concludendo: «la massima approssimazione del numero di vittime è compresa tra le 100.000 e le 200.000». La maggior parte delle quali civili. Il ruolo dei bombardamenti nella resa dell'Impero giapponese, così come gli effetti e le giustificazioni, sono stati oggetto di innumerevoli dibattiti. Negli Stati Uniti prevale la convinzione che i bombardamenti atomici siano serviti ad accorciare la guerra di parecchi mesi, ed abbiano inoltre salvato la vita a migliaia di soldati, sia alleati che giapponesi, che sicuramente sarebbero morti nella prevista invasione del Giappone. In Giappone, l'opinione pubblica, invece, tende a sostenere che i bombardamenti siano serviti ad accelerare il processo di resa del governo militare giapponese. Gli Stati Uniti, con l'assistenza militare e scientifica del Regno Unito e del Canada, erano già riusciti a costruire e provare delle bombe atomiche nel corso del Progetto Manhattan, un progetto scientifico-militare teso a costruire l'ordigno atomico prima che gli scienziati impegnati nel Programma nucleare tedesco riuscissero a completare i propri studi per dare a Hitler un'arma di distruzione di massa. Il primo test nucleare, nome in codice "Gadget", si svolse il 16 luglio 1945 ad Alamogordo (Nuovo Messico). I lanci su Hiroshima e Nagasaki, quindi, furono la seconda e terza detonazione della storia delle armi nucleari. Il bombardamento sulle due città del Giappone, comunque, non fu la prima volta in cui gli Alleati bombardarono città delle potenze dell'Asse senza prediligere installazioni militari, né la prima volta in cui tali bombardamenti causarono numerose perdite civili, né, infine, la prima volta in cui tali bombardamenti fossero (o diventassero) molto discutibili per gli effetti, e i vantaggi, da un punto di vista militare. In Germania, ad esempio, il bombardamento di Dresda causò la morte di 30.000 persone, ma nessun vantaggio militare. Il bombardamento di Tokyo del marzo del 1945 causò più di 100.000 vittime. Nell'agosto del 1945, altre 60 città giapponesi vennero pesantemente bombardate, e tra le più colpite, oltre a Tokyo, fu senza dubbio Kobe. In più di tre anni di guerra del Pacifico, gli Stati Uniti avevano perso 400.000 uomini, tra morti, feriti e dispersi. Il mese precedente il bombardamento, la conquista di Okinawa, che aveva causato la morte di 50.000-150.000 civili e 100.000-250.000 militari giapponesi, e la perdita di 72.000 soldati americani, aveva offerto una base ideale per la conquista del Giappone, ma preoccupava i comandi Alleati, che temevano perdite 3-4 volte superiori, dato l'acceso patriottismo dei soldati giapponesi, crescente a mano a mano che arretravano verso la madrepatria. Il Presidente degli Stati Uniti d'America Harry S. Truman, che venne a conoscenza dell'esistenza del Progetto Manhattan solo dopo la morte di Franklin D. Roosevelt, decise di utilizzare la nuova bomba sul Giappone. Nelle sue intenzioni dichiarate, il bombardamento doveva determinare una risoluzione rapida della guerra, infliggendo una distruzione totale e infondendo quindi nel governo giapponese il timore di ulteriore distruzione: questo sarebbe stato sufficiente per determinare la resa dell'Impero giapponese. Il 26 luglio 1945 Truman e gli altri capi di Stato Alleati stabilirono, nella Dichiarazione di Potsdam, i termini per la resa giapponese. Nel corso di una riunione tenutasi a Los Alamos tra il 10 e l'11 maggio 1945, vennero suggeriti, come obiettivi, le città di Kyoto, Hiroshima, Yokohama, oppure gli arsenali militari siti a Kokura. Nel corso della riunione si decise di non utilizzare la bomba atomica esclusivamente su un obiettivo militare, per evitare di mancare l'obiettivo, e quindi "sprecare" la bomba. Nella decisione finale, difatti, dovevano essere tenuti in maggior conto gli effetti psicologici che l'utilizzo della bomba atomica doveva avere sul governo giapponese, piuttosto che i vantaggi militari. Inoltre era opinione diffusa che la nuova bomba dovesse avere un effetto sufficientemente spettacolare affinché fosse riconosciuta a livello mondiale l'importanza (e gli effetti futuri) del suo impiego. Alla fine la scelta cadde su Kyoto, noto centro intellettuale del Giappone con una popolazione «in grado di apprezzare maggiormente l'importanza dell'arma», e su Hiroshima, che ospitava un importante deposito dell'esercito, in cui un'esplosione nucleare avrebbe avuto effetti maggiormente catastrofici dato che le colline che la circondavano avrebbero amplificato il fallout nucleare. Il Segretario alla Guerra Henry L. Stimson decise di eliminare Kyoto dalla lista, data la sua notevole importanza culturale, nonostante le obiezioni del generale Leslie Groves, titolare del Progetto Manhattan. Secondo il professore Edwin O. Reischauer, Stimson «era rimasto ammirato dalla bellezza e vivacità di Kyoto diversi anni prima». Il 25 luglio 1945 il generale Carl Spaatz ricevette l'ordine di impiegare la bomba su una delle seguenti città: Hiroshima, Kokura, Niigata o Nagasaki, dato che le condizioni meteorologiche consigliavano di impiegare la bomba dopo il 3 agosto. Nel 1945, Hiroshima era una città di grande importanza militare e industriale. Vi erano anche alcune basi militari nelle vicinanze, come il quartier generale della Quinta Divisione e quello del Maresciallo Shunroku Hata, secondo quartier generale dell'esercito a cui faceva capo l'intero sistema difensivo del Giappone meridionale. Hiroshima era una base minore, dedita al rifornimento e all'appoggio per le forze armate. La città era soprattutto un centro per le comunicazioni, per lo stoccaggio delle merci, e un punto di smistamento delle truppe. Era stata deliberatamente tenuta fuori dalle rotte dei bombardieri, proprio per permettere lo studio degli effetti di una bomba atomica in un ambiente ideale. La priorità per lo sgancio della bomba fu infine data proprio a Hiroshima a fronte della segnalazione che essa era l'unico, tra gli obiettivi, che non avesse al suo interno e nei dintorni campi per i prigionieri di guerra. Il centro della città conteneva una quantità di edifici di cemento armato, e alcune strutture più leggere. In periferia, l'area era congestionata da una miriade di piccole strutture di legno, usate come locali da lavoro, posizionate tra una casa e l'altra. Alcuni stabilimenti industriali si estendevano non lontano dal limite periferico della città. Le case erano di legno, con soffitti leggeri, e molti edifici industriali avevano a loro volta pareti a incastro di legno. La città nella sua interezza era potenzialmente ad altissimo rischio d'incendio. La popolazione di Hiroshima aveva raggiunto un picco di 381.000 unità prima della guerra, ma prima del bombardamento atomico la popolazione era rapidamente diminuita a causa di un'evacuazione generale ordinata dal governo giapponese, tanto che il 6 agosto si contavano circa 255.000 abitanti. Si calcola questa cifra sulla base dei dati mantenuti per l'approvvigionamento della popolazione (che era razionato), e le stime sugli operai e sui soldati presenti in città al momento del bombardamento sono, di fatto, molto poco accurate. Hiroshima divenne quindi l'obbiettivo primario per l'attacco nucleare statunitense, quando questo venne lanciato il 6 agosto 1945. Il B-29 Enola Gay, pilotato e comandato dal colonnello Paul Tibbets, partì dalla base area di Tinian, nel Pacifico occidentale, con una tabella di volo che prevedeva di raggiungere il Giappone in circa 6 ore. La scelta della data del 6 agosto si basò sul fatto che nei giorni precedenti diverse nubi stratificate coprivano la città, mentre il giorno dell'attacco il tempo era ottimo. Il capitano William Parsons, che aveva ricevuto un addestramento intensivo, armò la bomba dopo il decollo, dato che si era deciso di minimizzare i rischi durante le fasi iniziali del volo. Tutti i dettagli, la pianificazione precisa della tabella di volo, la bomba di gravità, l'armamento della bomba con i suoi 60 kg di uranio-235, tutto venne studiato nei minimi dettagli, e tutto si svolse così come era stato stabilito a tavolino. Circa un'ora prima del bombardamento, la rete radar giapponese lanciò un allarme immediato, rilevando l'avvicinamento di un gran numero di velivoli americani diretti nella zona meridionale del Giappone. L'allarme venne diffuso anche attraverso trasmissioni radio in moltissime città del Giappone, e fra queste anche Hiroshima. Gli aerei si avvicinarono alle coste dell'arcipelago giapponese a un'altezza molto elevata.
Poco prima delle 08:00, la stazione radar di Hiroshima stabilì che il numero di aerei entrati nello spazio aereo giapponese era esiguo – probabilmente non più di tre –, perciò l'allarme aereo venne ridimensionato (il comando militare giapponese infatti aveva deciso, per risparmiare il carburante, di non far alzare in volo i propri aerei per le formazioni aeree americane di piccole dimensioni). I tre aeroplani americani erano i bombardieri Enola Gay (chiamato così prima del bombardamento usando il nome della madre del colonnello Tibbets), The Great Artist, e un altro aereo, in seguito chiamato Necessary Evil (l'unica funzione di questo aereo fu quello di documentare, attraverso una serie di fotografie, gli effetti dell'impiego dell'arma atomica). Il normale allarme aereo non venne azionato, dato che veniva normalmente attivato solo all'approssimarsi dei bombardieri. Alle 08:15 l'Enola Gay lanciò "Little Boy" sul centro di Hiroshima. L'esplosione si verificò a circa 600 metri dal suolo, con uno scoppio equivalente a 13 chilotoni di TNT, uccidendo sul colpo (si tratta di una stima) tra le 70.000 e le 80.000 persone. Tra questi almeno 11 prigionieri di guerra statunitensi. Circa il 90% degli edifici (anche questa è una stima) venne completamente raso al suolo o irrimediabilmente danneggiato. L'operatore di controllo di Tokyo della Società Radiotelevisiva Giapponese notò come la stazione di Hiroshima non fosse più in onda. Tentò di ristabilire il programma usando un'altra linea telefonica, ma anche questo tentativo fallì. Circa venti minuti più tardi il centro telegrafico ferroviario di Tokyo si accorse che la linea telegrafica principale aveva smesso di funzionare subito a nord di Hiroshima. Da alcune piccole fermate ferroviarie entro 10 miglia (16 km) dalla città giunsero notizie ufficiose e confuse di una terribile esplosione ad Hiroshima. Tutte queste notizie furono trasmesse ai quartier generali del Comando generale giapponese. Le basi militari cercarono ripetutamente di mettersi in contatto con la Stazione di Controllo dell'Esercito di Hiroshima. L'assoluto silenzio da quella città sconcertò gli uomini dei quartier generali; sapevano che non c'era stata nessuna potente incursione nemica e che ad Hiroshima al momento non c'era nessun ragguardevole deposito di esplosivi. Un giovane ufficiale del Comando generale giapponese fu incaricato di volare immediatamente ad Hiroshima, atterrare, rilevare i danni e quindi tornare a Tokyo con informazioni attendibili per il comando. Nei quartier generali c'era la sensazione diffusa che non fosse accaduto nulla di serio, che fosse una incredibile esagerazione avviata da alcuni bagliori di verità. L'ufficiale del comando andò all'aeroporto e decollò in direzione sud-ovest. Dopo circa tre ore di volo, quando mancavano ancora circa 100 miglia (160 km) ad Hiroshima, l'ufficiale e il suo copilota videro una grande nuvola di fumo provocata dalla bomba. Nel chiaro pomeriggio, stavano bruciando le macerie di Hiroshima. Il loro aereo raggiunse presto la città, attorno alla quale volavano increduli. Una grande cicatrice sul terreno ancora ardente e coperta da una spessa nuvola di fumo era tutto ciò che era rimasto. Atterrarono a sud della città e l'ufficiale del comando, dopo aver comunicato con Tokyo, cominciò immediatamente ad organizzare le operazioni di soccorso. A Tokyo, le prime informazioni di ciò che aveva realmente causato il disastro vennero dall'annuncio pubblico della Casa Bianca a Washington, sedici ore dopo l'attacco nucleare ad Hiroshima.
L'avvelenamento da radiazioni e/o le necrosi provocarono malattia e morte successive al bombardamento per circa l'1% di coloro che erano sopravvissuti all'esplosione iniziale. Alla fine del 1945, ulteriori migliaia di persone morirono per via dell'avvelenamento da radiazioni, portando il totale di persone uccise ad Hiroshima nel 1945 a circa 90.000. Da allora circa un altro migliaio di persone morì per cause legate alle radiazioni. (Stando a quanto affermato dalla città di Hiroshima il 6 agosto 2005, il numero totale di vittime della bomba atomica di Hiroshima fu di 242.437. Questa cifra include tutti coloro che si trovavano in città al momento dell'esplosione o che furono successivamente esposti al fallout ed erano morti prima di tale censimento.) Alcuni degli edifici in calcestruzzo armato ad Hiroshima erano costruiti in modo molto resistente per via del pericolo di terremoto in Giappone e le ossature di questi edifici non crollarono, sebbene si trovassero molto vicino al centro della zona danneggiata della città. Al momento della detonazione in aria della bomba atomica, l'esplosione si riversò verso il basso più che lateralmente, il che favorì maggiormente la sopravvivenza della Sala della Prefettura per la Promozione Industriale, ora comunemente conosciuta come Genbaku, o Cupola della bomba-A, progettata e realizzata dall'architetto ceco Jan Letzel, che si trovava a pochi metri da ground zero. (Le rovine furono chiamate Monumento della Pace di Hiroshima e vennero rese un sito Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO nel 1996, nonostante le obiezioni degli Stati Uniti e della Cina.) Dopo il bombardamento di Hiroshima, il Presidente Truman annunciò: «Se non accettano adesso le nostre condizioni, si possono aspettare una pioggia di distruzione dall'alto, come mai se ne sono viste su questa terra». L'8 agosto 1945 furono lanciati volantini e furono dati avvertimenti al Giappone da Radio Saipan (la zona di Nagasaki non ricevette volantini di avvertimento fino al 10 agosto, nonostante la campagna di avvertimento continuasse dall'inizio del mese). Un minuto oltre la mezzanotte del 9 agosto, ora di Tokyo, l'Armata Rossa lanciò un'offensiva verso la Manciuria con oltre 1.500.000 uomini, 26.137 cannoni, 5.556 mezzi corazzati e 5.000 aeroplani. Quattro ore dopo, il governo di Tokyo venne formalmente informato che l'Unione Sovietica aveva rotto il patto di neutralità e dichiarato guerra all'Impero giapponese secondo gli accordi intercorsi con gli alleati di aprire il nuovo fronte entro tre mesi dalla fine della guerra in Europa. Gli ufficiali anziani dell'Esercito Imperiale Giapponese inizialmente sottovalutarono la portata dell'attacco sovietico, ma ben presto decisero di imporre la legge marziale, di concerto con il Ministro della Guerra Anami, per arrestare chiunque avesse tentato di firmare una pace. La pianificazione per il secondo attacco venne stabilita dal colonnello Tibbets, in qualità di comandante del 509° Gruppo bombardieri di base a Tinian. Inizialmente previsto per l'11 agosto contro Kokura, l'attacco venne posticipato di 5 giorni per le pessime condizioni meteorologiche previste dopo il 10 agosto. La città di Nagasaki era uno dei maggiori porti del Giappone meridionale, di grande importanza bellica a causa delle sue diversificate attività industriali, che spaziavano nella produzione di munizioni, navi, equipaggiamenti militari e altri materiali bellici. Contrariamente alla Nagasaki moderna, la gran parte delle abitazioni era costruita con una struttura in legno, o addirittura interamente in legno, e con i tetti in mattonelle. Molte delle piccole industrie e dei vari stabilimenti inoltre ospitavano nelle vicinanze alloggi per gli operai in legno, quindi facilmente infiammabili, e ovviamente non in grado di sostenere l'esplosione di bombe, men che meno nucleari. La città inoltre si era sviluppata senza un piano regolatore, cosicché le case molto spesso erano adiacenti ai fabbricati industriali. Fino allo sgancio della bomba atomica Nagasaki non era mai stata sottoposta a bombardamenti su larga scala. Il 1 agosto 1945, tuttavia, un certo numero di bombe ad alto potenziale era stato sganciato sulla città, più precisamente sui cantieri navali e sul porto, nella parte meridionale, e sulla "Fabbrica d'Acciaio e d'Armi Mitsubishi", mentre sei bombe caddero sull'"Ospedale e Scuola medica di Nagasaki", e altre tre nelle immediate vicinanze di quest'ultima struttura. Anche se i danni procurati da questo bombardamento furono assai modesti, tuttavia crebbe in città la preoccupazione tra la popolazione, e molti decisero di abbandonare il paese per rifugiarsi in campagna, riducendo in tal modo il numero di abitanti presenti al momento dell'attacco nucleare. A nord di Nagasaki erano inoltre presenti campi per prigionieri di guerra britannici, impegnati a lavorare nelle miniere a cielo aperto di carbone. Alcune fonti parlano di 8 prigionieri morti a seguito dello sgancio della bomba nucleare a Nagasaki. La mattina del 9 agosto 1945 l'equipaggio del bombardiere B-29 Superfortress Bockscar, comandato dal maggiore Charles W. Sweeney, si alzò in volo con a bordo la bomba atomica soprannominata "Fat Man", alla volta di Kokura, l'obiettivo iniziale della missione. Tuttavia le nubi non permisero di individuare esattamente l'obiettivo, e dopo tre ore di volo sopra la città, e ormai a corto del carburante necessario per il viaggio di ritorno, Bockscar venne dirottato sull'obiettivo secondario, Nagasaki. Intorno alle 07:50 ora di Tokyo, il silenzio sulla città giapponese venne squarciato dall'allarme aereo, allarme che durò fino alle 08:30, quando cessò. Alle 10:53 i sistemi radar giapponesi segnalarono la presenza di solo due bombardieri B-29 Superfortress, e il comando giapponese ritenne che si trattasse solamente di aerei da ricognizione, e non venne lanciato nessun allarme. Poco dopo, alle 11:00, l'osservatore del bombardiere da ricognizione The Great Artiste, capitano Frederick C. Bock, sganciò gli strumenti attaccati a tre paracaduti: questi strumenti contenevano dei messaggi diretti al professore Ryokichi Sagane, fisico nucleare dell'Università Imperiale di Tokyo che aveva studiato all'Università di Berkeley assieme a tre degli scienziati responsabili della bomba atomica, perché informasse la popolazione dell'immane pericolo che stavano per correre. I messaggi vennero ritrovati dalle autorità militari ma non furono consegnati a Sagane. Alle 11:02, alcuni minuti dopo aver iniziato a sorvolare Nagasaki, il capitano Kermit Beahan avvistò visivamente, così come era stato ordinato, il nuovo obiettivo: "Fat Man", che conteneva circa 6,4 kg di plutonio-239, venne sganciata sulla zona industriale della città. La bomba esplose a 469 metri d'altezza esattamente a metà strada tra la "Fabbrica d'Acciaio e d'Armi Mitsubishi", a sud, e la "Mitsubishi-Urakami", a nord; a quasi 4 km a nord-ovest dell'epicentro previsto. Questo "sbaglio" salvò gran parte della città, protetta dalle colline circostanti, dato che la bomba cadde nella Valle di Urakami. Secondo la maggior parte delle valutazioni, circa 40.000 dei 240.000 residenti a Nagasaki vennero uccisi all'istante, e oltre 25.000-60.000 rimasero feriti. Il numero totale degli abitanti uccisi viene comunque stimato intorno alle 80.000 unità, incluse le persone esposte alle radiazioni nei mesi seguenti. I superstiti del bombardamento vennero chiamati hibakusha (被爆者), una parola giapponese che significa letteralmente "persona esposta alla bomba". Superstiti e soccorritori divennero il nucleo del pacifismo giapponese del dopoguerra, e da allora il paese nipponico è diventato paladino dell'abolizione delle armi nucleari in tutto il mondo. Durante il periodo post-bellico, si utilizzò questo termine al posto di "sopravvissuti" per non esaltare la vita, cosa che all'epoca sarebbe stato considerato come una grave mancanza di rispetto nei confronti dei molti morti. Nel 2006 si stima che siano ancora 266.000 gli hibakusha ancora in vita in Giappone.
SOSTENITORI: I sostenitori del bombardamento, sebbene ammettano che la classe dirigente civile in Giappone mandasse con cautela e discrezione comunicati diplomatici fin dal gennaio 1945, successivamente all'invasione di Luzon nelle Filippine, fanno notare come gli ufficiali militari giapponesi fossero unanimemente contrari a qualsiasi negoziazione prima dell'utilizzo della bomba atomica. Mentre alcuni membri della classe dirigente civile utilizzarono canali diplomatici segreti per dare vita ad una negoziazione di pace, non potevano da soli negoziare una resa o addirittura un cessate il fuoco. Il Giappone, in quanto Monarchia Costituzionale, avrebbe potuto intervenire in un accordo di pace solo con il consenso unanime del governo giapponese, il quale era dominato dai militari dell'Esercito Imperiale e della Marina Imperiale, tutti inizialmente contrari a qualsiasi accordo di pace. Si sviluppò così uno stallo di tipo politico tra i capi giapponesi militari e quelli civili, che vedeva i militari sempre più determinati a combattere, nonostante i costi e le scarse probabilità di vittoria. In molti continuarono a credere che il Giappone potesse negoziare termini di resa maggiormente favorevoli continuando ad infliggere numerose perdite alle forze nemiche, così da portare a termine la guerra senza un'occupazione del Giappone o un cambiamento di governo.
Lo storico Victor Davis Hanson evidenzia l'aumentata resistenza giapponese, benché futile in retrospettiva dato che era sempre più chiaro che l'esito della guerra non poteva essere rovesciato dalle potenze dell'Asse. La battaglia di Okinawa mostrò questa determinazione nel combattere a tutti i costi. Più di 120.000 giapponesi e 18.000 statunitensi vennero uccisi nella più sanguinosa battaglia del teatro del Pacifico, solo 8 settimane prima della resa finale del Giappone. In realtà, morirono più civili nella battaglia di Okinawa che nei primi istanti seguenti lo scoppio delle due bombe atomiche. Quando l'Unione Sovietica dichiarò guerra al Giappone l'8 agosto 1945, e portò avanti l'operazione Tempesta d'Agosto, l'Esercito Imperiale Giapponese ordinò alle sue mal equipaggiate e indebolite forze in Manciuria di combattere fino all'ultimo uomo. Il maggiore generale Masakazu Amanu, capo delle operazioni al Quartier generale imperiale, dichiarò che era assolutamente convinto che le opere difensive, iniziate all'inizio del 1944, potessero respingere qualsiasi invasione Alleata delle isole giapponesi con perdite minime. I giapponesi non si sarebbero arresi facilmente a causa della loro forte tradizione di orgoglio e onore. Molti seguivano il codice dei Samurai e avrebbero combattuto fino alla morte del loro ultimo uomo. Dopo aver realizzato che la distruzione di Hiroshima fu causata da un'arma nucleare, la classe dirigente civile ottenne maggior forza per la sua opinione secondo cui il Giappone doveva riconoscere la sconfitta e accettare i termini della Dichiarazione di Potsdam. Anche dopo la distruzione di Nagasaki, l'Imperatore in persona dovette intervenire per porre fine all'impasse nel gabinetto. Secondo alcuni storici giapponesi, i capi civili che caldeggiavano la resa videro nei bombardamenti atomici la loro salvezza. L'esercito si rifiutava incrollabilmente di arrendersi, così come i militari del gabinetto di guerra (siccome il gabinetto funzionava per consenso unanime, anche un solo contrario poteva impedire l'accettazione della dichiarazione). La fazione per la pace prese quindi i bombardamenti come nuovo argomento per imporre la resa. Koichi Kido, uno dei più stretti consiglieri dell'Imperatore Hirohito, dichiarò: «Noi del partito della pace fummo aiutati dalla bomba atomica nel nostro tentativo di porre fine alla guerra». Hisatsune Sakomizu, il capo segretario di gabinetto nel 1945, definì i bombardamenti «un'opportunità d'oro data dal cielo al Giappone per porre fine alla guerra». Secondo questi e altri storici, la classe dirigente civile pro pace fu in grado di usare la distruzione di Hiroshima e Nagasaki per convincere i militari che nessuna quantità di coraggio, abilità e combattimento impavido poteva aiutare il Giappone contro il potere delle armi atomiche. Akio Morita, fondatore della Sony e ufficiale della marina giapponese durante la guerra, conclude anch'egli che fu la bomba atomica e non i bombardamenti convenzionali dei B-29 a convincere l'esercito giapponese ad accettare la pace. I sostenitori dei bombardamenti fanno inoltre notare che l'attesa della resa giapponese non era un'opzione priva di costi: a causa della guerra, i non combattenti morivano in tutta l'Asia a un ritmo di circa 200.000 al mese. I bombardamenti incendiari avevano ucciso più di 100.000 persone in Giappone dal febbraio 1945, direttamente o indirettamente. Quel massiccio bombardamento convenzionale sarebbe proseguito prima di un invasione. Il blocco sottomarino e le operazioni di minamento dell'Operazione Starvation avevano sensibilmente ridotto le importazioni giapponesi. Un operazione complementare contro le ferrovie giapponesi stava per prendere il via, isolando le città dell'Honshu meridionale dal cibo che cresceva in altre parti del Giappone. Questo, combinato con il ritardo nei rifornimenti di assistenza degli Alleati, avrebbe potuto risultare in un maggior numero di vittime per il Giappone, a causa di carestia e malnutrizione, rispetto a quello che si ebbe con gli attacchi. «Immediatamente dopo la sconfitta, alcuni stimarono che 10 milioni di persone erano probabilmente destinate a morire di fame», notò lo storico Daikichi Irokawa. Nel frattempo, in aggiunta agli attacchi sovietici, vennero programmate delle offensive per settembre nella Cina meridionale e in Malesia. Gli statunitensi fecero una previsione sulla perdita di soldati nella prevista invasione del Giappone, anche se il vero numero di morti e feriti stimati è soggetto a qualche dibattito e varia a seconda delle stime dalla persistenza e affidabilità della resistenza giapponese e secondo che si consideri che gli statunitensi avrebbero invaso solo Kyushu nel novembre 1945 o invece che si sarebbe reso necessario un successivo sbarco nei pressi di Tokyo, previsto per il marzo 1946. Anni dopo la guerra, il Segretario di Stato James Byrnes sostenne che mezzo milione di vite americane sarebbe andato perso, e tale numero è stato ripreso da molti, ma nell'estate del 1945 i pianificatori militari statunitensi prevedevano 20.000–110.000 morti in combattimento per l'iniziale invasione del novembre 1945, con all'incirca un numero da tre a quattro volte superiore di feriti (il numero totale di morti in combattimento per gli USA su tutti i fronti della seconda guerra mondiale era di 292.000). Comunque, queste stime vennero fatte usando informazioni che sottostimavano di molto la forza giapponese che venne raccolta per la battaglia di Kyushu, in numero di soldati e kamikaze, per almeno un fattore tre. Molti consiglieri militari sostennero che lo scenario peggiore poteva coinvolgere fino a un milione di vite statunitensi. Oltre a ciò, la bomba atomica velocizzò la fine della seconda guerra mondiale in Asia, liberando centinaia di migliaia di cittadini occidentali, compresi circa 200.000 olandesi e 400.000 indonesiani (Romusha) dai campi di concentramento giapponesi. Senza contare che le truppe giapponesi avevano commesso atrocità contro milioni di civili (come l'infame massacro di Nanchino), e l'anticipata fine della guerra impedì ulteriori spargimenti di sangue. I sostenitori evidenziano inoltre un ordine dato dal Ministero della Guerra giapponese il 1° agosto 1944. L'ordine riguardava l'esecuzione di tutti i prigionieri di guerra Alleati, che erano oltre 100.000, se una invasione del Giappone avesse avuto luogo (è anche probabile che, considerato il precedente trattamento giapponese dei prigionieri di guerra, se gli Alleati avessero atteso affamando il Giappone, i giapponesi avrebbero ucciso tutti i prigionieri di guerra Alleati e i prigionieri cinesi). Rispondendo all'argomentazione per cui l'uccisione di civili su vasta scala era immorale e un crimine di guerra, i sostenitori dei bombardamenti hanno sostenuto che il governo giapponese aveva dichiarato la guerra totale, ordinando a molti civili (compresi donne e bambini) di lavorare in fabbriche e uffici militari e di combattere contro qualsiasi forza invadente. Padre John A. Siemes, professore di filosofia moderna all'Università Cattolica di Tokyo, e testimone dell'attacco atomico su Hiroshima scrisse: « Abbiamo discusso tra noi l'etica dell'uso della bomba. Alcuni la considerano nella stessa categoria dei gas venefici ed erano contrari all'uso sulla popolazione civile. Altri erano dell'opinione che nella guerra totale, come era portata avanti dal Giappone, non c'era differenza tra civili e soldati, e che la bomba stessa fu una forza effettiva che tendeva a porre fine allo spargimento di sangue, avvertendo il Giappone di arrendersi evitando quindi la distruzione totale. Mi sembra logico che colui che sostiene la guerra totale in principio non possa lamentarsi della guerra contro i civili. » Come ulteriore argomentazione contro l'accusa di crimine di guerra, alcuni sostenitori dei bombardamenti hanno evidenziato l'importanza strategica di Hiroshima, come base della II Armata giapponese, e di Nagasaki, come principale centro di produzione delle munizioni. Alcuni storici hanno anche sostenuto che gli Stati Uniti desideravano porre fine alla guerra rapidamente per minimizzare le potenziali acquisizioni sovietiche di territorio controllato dai giapponesi. Infine, i sostenitori indicano anche i piani giapponesi, ideati dalla loro Unità 731, di lanciare aerei kamikaze riempiti di pulci infestate con la peste, per infettare la popolazione di San Diego (California). La data doveva essere il 22 settembre 1945, anche se non è probabile che il governo giapponese avrebbe permesso di distogliere così tante risorse dagli scopi difensivi. Per quanto riguarda l'Italia è da ricordare l'appoggio dato all'azione degli americani da parte de l'Unità, organo ufficiale dell'allora Partito Comunista Italiano, all'indomani dello sgancio delle bombe. Il 10 agosto 1945, infatti, pubblicò un articolo dal titolo Al Servizio della civiltà che così recitava: Le notizie che l'Aviazione americana ha usato la bomba atomica sono state accolte in certi ambienti con senso di panico e con parole di riprovazione. Questo ci sembra uno strano complesso psicologico, una formale obbedienza ad un astratto umanitarismo.
OPPOSITORI: Il Progetto Manhattan era stato originariamente concepito per contrastare il programma atomico della Germania nazista, e con la sconfitta tedesca diversi scienziati che lavoravano al progetto sentirono che gli Stati Uniti non dovevano essere i primi a usare una tale arma. Due dei principali critici del bombardamento furono Albert Einstein e Leo Szilard, che assieme avevano spronato la prima ricerca sulla bomba nel 1939 con una lettera scritta a quattro mani indirizzata al presidente Franklin D. Roosevelt. Szilard, che in seguito avrebbe giocato un ruolo importante nel Progetto Manhattan, sostenne: « Se i tedeschi avessero gettato bombe atomiche sulle città al posto nostro, avremmo definito lo sgancio di bombe atomiche sulle città come un crimine di guerra, e avremmo condannato a morte i tedeschi colpevoli di questo crimine a Norimberga e li avremmo impiccati. » Nei giorni precedenti il loro uso, molti scienziati (incluso il fisico nucleare statunitense Edward Teller) sostennero che il potere distruttivo della bomba poteva essere dimostrato senza fare vittime. I bombardamenti, assieme ad altri attacchi ai civili, si potevano ritenere violazioni della Convenzioni dell'Aia del 1899 e del 1907, che erano state ratificate dal Senato degli Stati Uniti nel 1902 e nel 1908. La Convenzione dell'Aia del 1907, Articolo 25, dichiarava:«L'attacco o bombardamento, con qualsiasi mezzo, di città, villaggi, abitazioni o edifici che sono indifesi è proibito». L'esistenza di resoconti storici che indicano che la decisione di usare le bombe atomiche venne presa allo scopo di provocare una resa anticipata del Giappone tramite l'uso di un potere impressionante, unita all'osservazione che le bombe vennero usate di proposito su obiettivi che includevano dei civili, ha fatto si che alcuni commentatori osservassero che l'evento fu un atto di terrorismo di stato. Lo storico Robert Newman, che è a favore della decisione di sganciare le bombe, prese l'accusa di terrorismo di stato abbastanza seriamente da replicare che la pratica del terrorismo è giustificata in alcuni casi. Alcuni hanno sostenuto che i giapponesi erano già sostanzialmente sconfitti, e quindi l'uso delle bombe non era necessario. L'ufficiale più alto in grado nel Teatro del Pacifico, generale Douglas MacArthur, non venne consultato in anticipo, ma disse in seguito che sentiva che non ci fosse giustificazione militare per i bombardamenti. La stessa opinione venne espressa dall'Ammiraglio di Flotta William D. Leahy (Capo di Stato maggiore del Presidente), dal generale Carl Spaatz (comandante delle Forze Aeree Strategiche statunitensi nel Pacifico), dal Brigadiere generale Carter Clarke (ufficiale dei servizi segreti militari che preparò i telegrammi giapponesi intercettati per gli ufficiali statunitensi); dall'Ammiraglio Ernest King, (Capo delle Operazioni Navali statunitensi), e dall'Ammiraglio di Flotta Chester W. Nimitz (Comandante in Capo della Flotta del Pacifico). Eisenhower scrisse nelle sue memorie The White House Years: « Nel 1945 il Segretario alla Guerra Stimson, visitando il mio quartier generale in Germania, mi informò che il nostro governo stava preparandosi a sganciare una bomba atomica sul Giappone. Io fui uno di quelli che sentirono che c'erano diverse ragioni cogenti per mettere in discussione la saggezza di un tale atto. Durante la sua esposizione dei fatti rilevanti, fui conscio di un sentimento di depressione e così gli espressi i miei tristi dubbi, prima sulla base della mia convinzione che il Giappone era già sconfitto e che sganciare la bomba era completamente non necessario, e in secondo luogo perché pensavo che il nostro paese dovesse evitare di sconvolgere l'opinione pubblica mondiale con l'uso di un'arma il cui impiego era, pensavo, non più obbligatorio come misura per salvare vite americane. » L'Indagine degli Stati Uniti sul Bombardamento Strategico, dopo aver intervistato centinaia di civili e militari giapponesi dopo la resa del Giappone, riportò: « Basata su investigazioni dettagliate di tutti i fatti, e supportata dalla testimonianza dei leader giapponesi sopravvissuti coinvolti, è opinione dell'Indagine che certamente prima del 31 dicembre 1945, e con tutta probabilità prima del 1° novembre 1945, il Giappone si sarebbe arreso anche se le bombe atomiche non fossero state sganciate, anche se la Russia non fosse entrata in guerra, e anche se nessuna invasione fosse stata pianificata o contemplata. » Comunque, si deve notare che l'indagine assunse che continuati attacchi al Giappone, con ulteriori vittime dirette o indirette, sarebbero stati necessari per costringere alla resa entro le date menzionare di novembre o dicembre. Altri asseriscono che il Giappone aveva cercato di arrendersi per almeno due mesi, ma gli USA rifiutarono insistendo su una resa incondizionata. In effetti, mentre diversi diplomatici favorivano la resa, i capi dell'esercito giapponese erano impegnati a combattere una "battaglia decisiva" su Kyushu, sperando che avrebbero potuto negoziare termini migliori per un armistizio in seguito (cosa che gli statunitensi sapevano dalla lettura delle comunicazioni giapponesi intercettate). Il governo giapponese non decise mai quali termini, oltre la conservazione di un sistema imperiale, avrebbe accettato alla fine della guerra. Ancora il 5 agosto, il Consiglio Supremo era diviso, con i sostenitori della linea dura che insistevano che il Giappone dovesse smobilitare le proprie forze, senza processi per crimini di guerra e senza occupazione. Solo l'intervento diretto dell'Imperatore Hirohito pose fine alla disputa, dopo che si tentò pure un colpo di stato militare per impedire la resa. Secondo un'altra critica, gli Stati Uniti avrebbero dovuto aspettare un breve tempo per valutare gli effetti dell'entrata in guerra dell'Unione Sovietica. Gli USA sapevano, al contrario del Giappone, che l'URSS aveva accettato di dichiarare guerra al Giappone tre mesi dopo la vittoria in Europa. Tale attacco venne in effetti lanciato l'8 agosto 1945. La perdita di qualsiasi possibilità che l'Unione Sovietica potesse servire da mediatore neutrale per un negoziato di pace, accoppiata all'entrata in combattimento dell'Armata Rossa (il più grande esercito attivo del mondo), avrebbe potuto essere sufficiente a convincere i militari giapponesi del bisogno di accettare i termini della Dichiarazione di Potsdam (oltre a qualche condizione per l'Imperatore). Poiché nessuna invasione statunitense era imminente, si è sostenuto che gli USA non avevano niente da perdere nell'aspettare diversi giorni per vedere se la guerra poteva essere cessata senza l'uso della bomba atomica. Come avvenne, la decisione di arrendersi del Giappone venne presa prima che la portata dell'attacco sovietico alla Manciuria, all'Isola di Sakhalin e alle Isole Kurili fosse noto, ma se la guerra fosse continuata, i sovietici sarebbero stati in grado di invadere Hokkaido ben prima dell'invasione alleata di Kyushu. Altre fonti giapponesi hanno affermato che gli stessi bombardamenti atomici non furono la ragione principale della capitolazione. Essi sostengono invece che furono le rapide e devastanti vittorie sovietiche sul continente nella settimana seguente la dichiarazione di guerra che spinsero al messaggio di resa del Giappone il 15 agosto 1945. Diverse organizzazioni hanno criticato i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki su basi morali. Per citare un esempio, un rapporto del 1946 del Concilio Nazionale delle Chiese intitolato Guerra atomica e fede cristiana include il seguente passaggio: « In quanto cristiani americani, siano profondamente pentiti per l'irresponsabile uso già fatto della bomba atomica. Abbiamo concordato che, qualunque sia il giudizio che si può avere della guerra in principio, i bombardamenti a sorpresa di Hiroshima e Nagasaki sono moralmente indifendibili. » NOTE CULTURALI: Il libro Hiroshima mon amour, di Marguerite Duras, e il relativo film, si ispirano parzialmente al bombardamento. Il film, diretto da Alain Resnais, dedica ampio spazio a documentare gli effetti, la devastazione e gli effetti delle ustioni sulle vittime. Il film Rapsodia d'agosto di Akira Kurosawa è uno degli esempi più lampanti, e meglio riusciti, di manga e film che trattano il bombardamento e il contesto della seconda guerra mondiale. La storia di Sadako Sasaki, una giovane superstite del bombardamento di Hiroshima a cui venne diagnosticata la leucemia, è stata raccontata in diversi libri e film. Il più conosciuto di questi lavori è stato il libro di Eleanor Coerr Sadako and the Thousand Paper Cranes ("Sadako e le mille gru di carta"). Sasaki, confinata in un ospedale a causa delle sue precarie condizioni di salute, creò oltre 1.000 origami, così come vuole un'antica leggenda giapponese che vuole che il creatore di una gru di carta possa esprimere un desiderio. wikipedia (I fiori sono di Salvador Dali')

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