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Giorgio Amendola
Giorgio Amendola (Roma, 21 novembre 1907 – Roma, 15 giugno 1980) è stato un partigiano, scrittore e politico italiano. Sua madre era l'intellettuale lituana Eva Kuhn. La sua giovinezza fu sconvolta dalla notizia della morte del padre Giovanni Amendola, liberale antifascista aggredito dalle squadre fasciste e deceduto a Cannes nel 1926, in seguito alle percosse ricevute. Dopo questo episodio, Giorgio Amendola aderì al PCI (1929), con non poche disapprovazioni da parte degli amici del padre e suoi dell'associazione antifascista goliardica, cui faceva parte. In seguito iniziò un'attività politica clandestina a Parigi dopo essersi laureato in Legge. Arrestato nel giugno del 1932 mentre era in missione clandestina a Milano, non veniva processato dal Regime per evitare il possibile clamore che ciò avrebbe suscitato. Veniva così inviato, senza processo, al confino sull'isola di Ponza dove il 10 luglio 1934 Giorgio e la sua fidanzata francese, Germaine Lecocq, si sposarono in municipio. Liberato nel 1937, fuggiva in Francia e poi in Tunisia, per tornare nuovamente in Francia poco dopo l'inizio della guerra, sul finire del 1939. Rientrava in Italia solo nel 1943 per partecipare alla Resistenza tra le fila del PCI e delle brigate Garibaldi delle quali era Ispettore per tutta l'Italia occupata dai nazisti. Nel 1945-1946, dopo la liberazione, fu sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei governi Parri e De Gasperi I. Dal 1948 fino alla morte fu deputato per il Partito Comunista Italiano, al cui interno ebbe molti incarichi. È stato a lungo punto di riferimento della corrente riformista del partito, che auspicava una stretta collaborazione con i socialisti. Gli si contrappose, con motivazioni completamente diverse, il leader della sinistra interna Pietro Ingrao. Nel 1971 fu tra i firmatari del documento pubblicato sul settimanale L'espresso contro il commissario Luigi Calabresi. Dal 1967 in poi Giorgio Amendola si occupò anche di scrittura: tra le opere più importanti ricordiamo Comunismo, antifascismo e Resistenza (1967); Lettere a Milano (1973); Intervista sull'antifascismo (1976 in collaborazione con Piero Melograni); Una scelta di vita (1978) e Un'isola (1980, considerata la sua opera migliore). Tutti questi libri, autobiografici ed incentrati sul tema dell'antifascismo e della Resistenza, sono pervasi da un sottile sentimento di tristezza e solitudine. Attraverso la propria vicenda, Amendola vuole far capire al lettore cosa prova un uomo che non ha più la libertà e che prova su di sé il dramma del confino, dell'esilio e del carcere. Lo stile usato, semplice e scorrevole, contribuì a una buona diffusione di tutte le opere amendoliane. Secondo alcuni politologi Giorgio Amendola fu, nel suo tentativo di dare vita ad una sinistra di stampo europeo, un precursore ed un ispiratore dell'Ulivo. Nonostante il vigoroso convincimento con cui sosteneva l'ammodernamento europeista del PCI e la lotta determinata al terrorismo degli anni settanta, mai rinnegò le proprie responsabilità, come quella di aver dato l’ordine ai GAP di Roma di effettuare l’attacco di via Rasella. Amendola morì a Roma, all'età di 73 anni, a causa di una malattia. Per uno scherzo del destino, poche ore dopo il suo decesso, scomparirà anche l'amata moglie Germaine Lecocq, francese conosciuta durante la sua vita da clandestino, membro del Partito Comunista, a Parigi il 14 luglio 1931, che lo aveva aiutato nella redazione del suo ultimo manoscritto.La loro figlia Ada era morta -trentottenne- nel 1974. Fiori di Quost
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