Giuseppe Pinelli (Milano, 21 ottobre 1928 – Milano, 15 dicembre 1969) è stato un anarchico e ferroviere italiano, animatore del Circolo anarchico Ponte della Ghisolfa. Morí a Milano in circostanze misteriose il 15 dicembre 1969. Nel mese di novembre del 1966 già militante anarchico, diede appoggio a Gennaro De Miranda, Umberto Tiboni, Gunilla Hunger, Tella e altri ragazzi del giro dei cosiddetti capelloni per stampare le prime copie della rivista Mondo Beat nella sezione anarchica "Sacco e Vanzetti" di via Murilio. Le circostanze della sua morte, ufficialmente attribuita ad un malore, hanno destato sospetto a causa di alcune circostanze legate ai momenti del tutto eccezionali vissuti nel capoluogo lombardo a seguito della strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969. Una parte dell'opinione pubblica ha avanzato il sospetto che Pinelli sia stato assassinato e che le indagini siano state condotte con metodi poco ortodossi ed in modo non imparziale. Tuttavia, l'inchiesta conclusa nel 1975 dal giudice istruttore Gerardo D'Ambrosio ha escluso l'ipotesi dell'omicidio, giudicandola assolutamente inconsistente. Il caso ha suscitato una polemica politica intrisa di vibrante animosità tanto da parte di coloro che sostengono la tesi dell'omicidio, quanto da parte delle autorità, ed è peraltro assai arduo isolare la polemica riguardante questo caso da quelle relative, fra l'altro, alla strage di piazza Fontana, alla cosiddetta strategia della tensione, al cosiddetto stragismo di stato, alla repressione dei circoli anarchici italiani ed all'assassinio del commissario Calabresi. La notte successiva alla strage la polizia fermò 84 anarchici, tra cui Pinelli. Tre giorni dopo, mentre veniva arrestato il suo presunto complice Pietro Valpreda, Pinelli si trovava nel palazzo della questura, sottoposto ad interrogatorio da parte di Marcello Guida e del commissario Luigi Calabresi oltre che da alcuni sottufficiali. Secondo la versione ufficiale, Pinelli si lanciò dalla finestra al quarto piano e morì. Motivo di questo gesto sarebbero state le contestazioni (infondate) mosse a suo carico che avrebbero dimostrato il suo coinvolgimento nella strage. Questa fu effettivamente la prima versione data alla stampa dal questore Marcello Guida, nella conferenza stampa a cui parteciparono anche Calabresi e il dott Antonino Allegra, responsabile dell'ufficio politico della questura, versione poi ritrattata quando l'alibi di Pinelli si rivelò credibile. La sua morte venne successivamente archiviata come suicidio. Il fermo di Pinelli era illegale perché egli era stato trattenuto troppo a lungo in questura: il 15 dicembre 1969 (la data della sua morte) egli avrebbe dovuto essere libero oppure in prigione ma non in questura, infatti il fermo di polizia poteva durare al massimo due giorni. Secondo alcune versioni della polizia, mai confermate, Pinelli precipitando avrebbe gridato l'ormai celebre frase "È la fine dell'anarchia!". Il 1969 fu l'anno italiano della contestazione giovanile che seguì il Maggio francese, poi ricordato come il Sessantotto. Soprattutto nel nord Italia entrarono in fibrillazione numerose organizzazioni politiche dei più disparati orientamenti, spesso contrapposte tra loro e ostili verso i governi e i partiti di governo e di opposizione. Dallo scontro dialettico si passò sovente allo scontro fisico, a scontri di piazza con le forze dell'ordine, che sfociarono a volte nella guerriglia urbana. Notevoli furono gli scontri di Valle Giulia a Roma: gli studenti universitari per la prima volta caricarono le forze dell'ordine. Le forze dell'ordine venivano viste con sospetto dai contestatori per il ruolo svolto negli scontri di piazza ed erano considerate un simbolo dell'ingiustizia del potere contro cui i contestatori lottavano. Non mancavano tuttavia le posizioni opposte, come quella di Pier Paolo Pasolini che sottolineava la vera e autentica condizione proletaria di molti poliziotti e carabinieri. In questo clima arroventato, sul finire del 1969, il 12 dicembre, nei locali della Banca Nazionale dell'Agricoltura di piazza Fontana a Milano, lo scoppio di una bomba uccise numerose persone. Sulla morte di Giuseppe Pinelli si aprì un'inchiesta. Il commissario Calabresi sostenne di non essere stato presente al momento della caduta, versione confermata dall'inchiesta della magistratura, condotta da Gerardo D'Ambrosio, e da da tre agenti, ma contestata da un anarchico presente in Questura e trattenuto in una stanza vicina. La Questura di Milano affermò che Pinelli si suicidò perché era stato dimostrato il coinvolgimento nella strage, versione, questa, destituita di ogni fondamento. La sentenza dell'inchiesta sulla morte di Giuseppe Pinelli fu emessa nell'ottobre 1975. Il dr. Onorevole d'Ambrosio scrisse nella sentenza : "L'istruttoria lascia tranquillamente ritenere che il commissario Calabresi non era nel suo ufficio al momento della morte di Pinelli". Il commissario verrà tuttavia fatto segno di una violenta campagna di stampa e verrà assassinato nel maggio 1972. La sentenza D'Ambrosio passò alla storia soprattutto per la causa della morte di Pinelli: non suicidio, non omicidio, ma "malore attivo". Un malore che avrebbe provocato un involontario balzo dalla finestra della Questura del Pinelli. I fatti strani legati alla morte di Pinelli indussero molti a parlare, sempre più apertamente, di omicidio: Pinelli sarebbe stato gettato dalla finestra. La prima ragione per credere nell'omicidio sarebbe l'incoerenza dell'intenzione suicidaria con il carattere di Pinelli: chi lo conosceva sostenne che fosse da escludere una sua eventuale decisione di suicidarsi. Secondo queste fonti, Pinelli non avrebbe preso in considerazione l'ipotesi del suicidio, neppure di fronte al pericolo di una condanna all'ergastolo per strage. Al momento della morte non si profilava comunque una condanna, data la mancanza di prove e indizi nei suoi confronti. La versione ufficiale viene considerata inoltre, secondo le stesse fonti, contraddittoria ed incongruente: l'ambulanza sarebbe stata chiamata alcuni minuti prima della caduta, Pinelli non avrebbe urlato durante la caduta, avvenuta quasi in verticale (quindi probabilmente senza lo spostamento verso l'esterno che ci sarebbe stato se si fosse lanciato), pur avendo sbattuto contro i cornicioni, sulle mani non avrebbe avuto nessun segno che mostrasse tentativi (anche istintivi) di proteggersi dalla caduta, gli agenti presenti forniranno nel tempo versioni leggermente contrastanti sull'accaduto (in una di queste sostennero di essere riusciti ad afferrarlo, ma di non essere riusciti a trattenerlo, motivando quindi la caduta in verticale senza spostamento dovuto all'eventuale slancio) e infine le dimensioni della stanza, la disposizione dei mobili e delle sedie per l'interrogatorio avrebbero reso difficile gettarsi dalla finestra in presenza di poliziotti. Secondo una delle diverse versioni date dalla Questura, nel tentativo di trattenere Pinelli per impedire la caduta dalla finestra, nelle mani di un poliziotto sarebbe rimasta una scarpa del ferroviere, che sarebbe quindi una prova del fatto che i tentativi di trattenerlo erano avvenuti, ma in realtà quando il ferroviere fu raccolto sul selciato indossava ancora entrambe le scarpe. Uno degli argomenti addotti su cui vengono fatte molte illazioni è la qualità dei soggetti coinvolti, cioè di coloro che erano nella stanza con Pinelli. Marcello Guida era stato, secondo queste fonti, un uomo importante durante il regime fascista, direttore del confino di Ventotene e dell'ergastolo di Santo Stefano (l'isoletta viciniore): un uomo così compromesso con la dittatura che quando il presidente Pertini visitò la Questura di Milano si sarebbe rifiutato di stringergli la mano in quanto egli stesso era stato deportato a Ventotene. Nei minuti successivi alla morte di Pinelli ipotizzò che questi avesse deciso per il suicidio in quanto era crollato il suo alibi per il giorno della strage e i media ripresero queste affermazioni come indizi della colpevolezza dell'anarchico, ma questa versione venne successivamente smentita (e l'alibi confermato). Luigi Calabresi era noto per il suo lavoro di contrasto politico alle formazioni di estrema sinistra (fra cui Lotta Continua): viene considerata, dalle stesse fonti, inspiegabile la sostituzione con Calabresi di un altro commissario che invece seguiva, nelle indagini sulla strage, la pista degli estremisti di destra. In un primo momento vennero indicati come sospetti gli avanzamenti di grado di alcuni ufficiali ritenuti anch'essi coinvolti nella misteriosa morte, anche se si accertò poi che si trattava semplicemente di ordinari avanzamenti per anzianità. In seguito alle polemiche, nel 1975, la salma di Pinelli venne riesumata e analizzata. Alcuni organi di stampa sostennero che la salma presentasse una lesione bulbare compatibile con quelle che può provocare un colpo di karate. In realtà, in nessuna parte della perizia necroscopica si parlava di una lesione bulbare, ma piuttosto di "un'area grossolanamente ovolare" conseguenza del contatto del cadavere con il marmo dell'obitorio. Peraltro, una lesione bulbare avrebbe provocato la morte immediata di Pinelli, il quale è invece deceduto due ore dopo la caduta dalla finestra. Il caso venne quindi chiuso attribuendo la morte di Pinelli ad un malore attivo, secondo la sentenza del giudice Gerardo D'Ambrosio: lo stress degli interrogatori, le troppe sigarette a stomaco vuoto unito al freddo che proveniva dalla finestra aperta avrebbero causato un malore e Pinelli, invece di accasciarsi, avrebbe spiccato un balzo in avanti, causando la caduta. La figura di Pinelli è stata presa, in ambienti anarchici, a simbolo dell'opposizione al potere costituito in genere ed in particolare al potere poliziesco. Nei mesi successivi alla morte di Pinelli il "Comitato cineasti contro la repressione" raccolse numerosi materiali per la realizzazione di un lungometraggio sulla vicenda di Giuseppe Pinelli; due gruppi di lavoro, coordinati da Elio Petri e Nelo Risi, portarono a termine l'opera. Il film, Documenti su Giuseppe Pinelli, uscì nel 1970 e circolò attraverso i canali politici del PCI e del Movimento Studentesco. Sono state composte diverse canzoni su Pinelli, come La ballata del Pinelli, scritta da G. Barozzi, F. Lazzarini, U. Zavanella (giovani anarchici mantovani) la sera stessa dei funerali e successivamente rielaborata, ampliata e musicata da Joe Fallisi nel 1969. La canzone viene tutt'oggi abitualmente portata sul palco, in una versione molto simile all'originale, da Claudio Lolli uno dei più politicizzati cantautori italiani. Nel febbraio 1970, il cantastorie Franco Trincale compose un Lamento per la morte di Giuseppe Pinelli, che divenne molto popolare e fu inciso in diversi album di questo artista. È il 1970, sono anni caldi, l'anarchico Giuseppe Pinelli muore in circostanze misteriose, Riccardo Mannerini scrive su questo tema il testo di un brano musicale, "Ballata per un ferroviere". Anche il gruppo folk emiliano dei Modena City Ramblers ha citato il caso all'interno di una loro canzone presente su un demotape autoprodotto del 1993 intitolato Combat Folk (album), la canzone è intitolata Quarant'anni: « Ho visto bombe di stato scoppiare nelle piazzee anarchici distratti cadere giù dalle finestre » Alla vicenda di Pinelli si ispirò anche un'opera teatrale di Dario Fo: Morte accidentale di un anarchico (ma in realtà il riferimento quasi esplicito che viene fatto è per Andrea Salsedo). Della vicenda Pinelli si occupò lungamente Camilla Cederna, giornalista di fama, che pubblicò la sua testimonianza in un libro intitolato Pinelli. La finestra sulla strage, edito nel 1971 e ripubblicato nel 2004. Ogni anno, a Milano si organizzano diverse manifestazioni per non dimenticare Pinelli e la strage di piazza Fontana dove è stata apposta una lapide che recita: A Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico ucciso innocente nei locali della questura di Milano; 16/12/1969. Nel marzo 2006 il Comune di Milano, come il sindaco Gabriele Albertini aveva promesso di fare prima della fine del proprio mandato, ha cercato di placare le polemiche sulla presenza della lapide (che di fatto ufficializza la versione secondo cui Pinelli sarebbe stato assassinato), sostituendola con una lapide simile in cui il testo è stato cambiato per renderlo meno accusatoria: la nuova lapide recita "innocente morto tragicamente" al posto di "ucciso innocente". La sostituzione è avvenuta di notte e non è stata precedentemente annunciata, ufficialmente per evitare possibili incidenti. La decisione ha trovato l'opposizione degli ambienti anarchici. La sostituzione della targa è stata considerata da alcuni esponenti del mondo anarchico e della sinistra come un'operazione elettorale dovuta alle imminenti elezioni politiche e elezioni amministrative per il sindaco. Il 23 marzo 2006, gli anarchici del Ponte della Ghisolfa hanno ricollocato in piazza Fontana la loro targa, completa della dicitura originale. Pertanto ora in quel luogo vi sono due targhe che commemorano Giuseppe Pinelli. L'allora sindaco Albertini affermò che avrebbe chiesto alla giustizia civile di far rimuovere nuovamente la targa degli anarchici, sostenendo che per decenni è stata tollerata una targa che occupava abusivamente il suolo pubblico. La neo eletta sindaco Letizia Moratti non si è ancora espressa ufficialmente sulla questione.
sabato 15 dicembre 2007
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