lunedì 10 dicembre 2007

Luigi Pirandello


Luigi Pirandello (Agrigento, 28 giugno 1867Roma, 10 dicembre 1936) è stato un drammaturgo, scrittore e poeta italiano. Fu insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1934. Pirandello nacque nel 1867 a Cavusu, chiamato dallo scrittore "Caos" (località attualmente parte del comune di Porto Empedocle, a quel tempo invece del comune di Girgenti, oggi Agrigento) da Stefano e Caterina Ricci Gramitto, in una famiglia di agiata condizione borghese dalle tradizioni risorgimentali. Stefano Pirandello aveva partecipato, tra il 1860 e il 1862, alle imprese garibaldine; aveva sposato nel 1863 Caterina, sorella di un suo commilitone, Rocco Ricci Gramitto. Il nonno materno di Luigi, Giovanni Ricci Gramitto, era stato tra gli esponenti di spicco della rivoluzione siciliana del 1848-49 ed escluso dall'amnistia al ritorno del Borbone: fuggito in esilio a Malta vi era morto un anno dopo nel 1850 a soli 46 anni. La famiglia di Pirandello viveva in una situazione economica agiata, grazie al commercio e all'estrazione di zolfo. L'infanzia di Pirandello non fu sempre serena. Il giovane Luigi era molto devoto alla Chiesa grazie ad una serva di famiglia, che lo avvicinò alle pratiche religiose, ma assieme a queste gli inculcò le credenze nella superstizione e alle credenze negli spiriti. La chiesa e i riti della confessione religiosa gli davano l'idea di misticità che egli cercava, e che continuò a cercare fino alla fine dei suoi giorni. Un fatto lo allontanò dalla pratica religiosa: il sacerdote aveva truccato una lotteria dove in palio c'era un'immagine sacra, facendo vincere Luigi anche se questi sapeva di non poter essere il vincitore. Il fatto lo sconvolse a tal punto che non mise mai più piede in una chiesa. Durante la sua vita le forme della sua religiosità rimasero molto distanti da quelle confessionali. Dopo un'istruzione elementare impartitagli da maestri privati, andò a studiare in un istituto tecnico e poi al ginnasio. Qui si appassionò subito di letteratura. A soli undici anni scrisse la sua prima opera, "Barbaro", andata perduta. Per un breve periodo, nel 1886, aiutò il padre nel commercio di zolfo, facendo anche esperienza diretta con il mondo degli operai nelle miniere e sulle banchine del porto mercantile. Lo scrittore iniziò i suoi studi universitari a Palermo nel 1886, per recarsi in seguito a Roma, dove continuò i suoi studi di filologia romanza che poi dovette completare a Bonn su consiglio del suo maestro Ernesto Monaci e a causa di un insanabile conflitto con il rettore dell'ateneo capitolino. A Bonn, capitale culturale di allora, Pirandello seguì i corsi di filologia romanza ed ebbe l'opportunità di conoscere grandi maestri come Bucheler, Usener e Forster. Si laureò nel 1891 con una tesi sulla parlata agrigentina "Voci e sviluppi di suoni nel dialetto di Girgenti" (oppure in tedesco Laute und lautentwickelung der mundart von Girgenti). Il tipo di studi gli fu probabilmente di fondamentale ausilio nella stesura delle sue opere, dato il raro grado di purezza della lingua italiana utilizzata. Nel 1892 Pirandello si trasferì a Roma, dove poté mantenersi grazie agli assegni mensili inviati dal padre. Qui conobbe Luigi Capuana che lo appoggiò molto e che gli aprì le porte dei salotti letterari, conoscendo giornalisti, scrittori, artisti e critici. Nel 1894, a Girgenti, Pirandello sposò Maria Antonietta Portulano, figlia di un ricco socio del padre. Questo matrimonio si considera piuttosto pilotato, in quanto veniva incontro anche agli interessi della famiglia. Ma tra i due presto nacque veramente l'amore e la passione. Grazie alla dote della moglie, la coppia godeva di una situazione molto agiata, e si trasferì a Roma. Con la moglie le cose funzionarono notevolmente bene, infatti nel 1895 nacque il primo figlio Stefano, a cui seguirono due anni dopo Rosalia (1897) e nel 1899 Fausto. Nel 1903, un allagamento e una frana in una miniera di zolfo del padre, da cui Pirandello e la sua famiglia traevano un notevole capitale (e nella quale era stata investita parte della dote di Antonietta), li ridusse sul lastrico. Questa notizia accrebbe il disagio mentale, già manifestatosi, della moglie di Pirandello, Antonietta. Ella andava sempre più spesso soggetta a crisi isteriche, spesso di gelosia; in preda a queste crisi a volte Antonietta rientrava dai genitori in Sicilia, altre volte era Pirandello a esser costretto a lasciare la casa. Nonostante ciò, egli acconsentì che Antonietta fosse ricoverata in un ospedale psichiatrico solo diversi anni dopo, nel 1919. La malattia della moglie portò lo scrittore ad approfondire lo studio dei meccanismi della mente e della reazione sociale dinnanzi alla menomazione intellettuale, portandolo ad avvicinarsi alle nuove teorie sulla psicanalisi di Sigmund Freud. Spinto dalle ristrettezze economiche e dallo scarso successo delle sue prime opere letterarie, e avendo come unico impiego fisso la cattedra di stilistica all'Istituto superiore di magistero femminile, lo scrittore dovette impartire lezioni private di italiano e di tedesco, inoltre aumentò notevolmente il suo lavoro letterario. Dal 1909 inizia la collaborazione con il Corriere della Sera. Il suo primo grande successo fu merito del romanzo Il fu Mattia Pascal, pubblicato nel 1904 e subito tradotto in diverse lingue. La critica non dette subito al romanzo il successo che invece ebbe tra il pubblico. Numerosi critici non seppero cogliere il carattere di novità del romanzo, come d'altronde di altre opere di Pirandello. Perché Pirandello arrivi al successo riconosciuto bisognerà aspettare il 1922, quando si dedicherà totalmente al teatro. L'idea politica di fondo di Pirandello era legata al patriottismo risorgimentale. Una sua lettera apparsa nel 1915 sul giornale di Sicilia testimonia gli ideali patriottici della famiglia, proprio nei primi mesi di scoppio della Grande Guerra. Nella sua vita condivise alcune delle idee dei giovani Fasci siciliani e del socialismo; ne I vecchi e i giovani si nota come l'idea politica di Pirandello era stata oscurata dalla riflessione "umoristica" della vita. Per Pirandello, i siciliani avevano subito le peggiori ingiustizie dai vari governi italiani: è questa l'unica idea forte che ci presenta. L'adesione di Pirandello al Fascismo fu alquanto imprevedibile, anche tra i suoi più stretti amici. La motivazione migliore che è stata elaborata per spiegare tale scelta è che il fascismo lo riconduceva a quegli ideali patriottici e risorgimentali di cui Pirandello era convinto sostenitore, anche per le radici garibaldine del padre. Da qui la sopravvalutazione del fascismo, in cui Pirandello vedeva la prima idea originale post-risorgimentale, che doveva essere la "forma" nuova per l'Italia e addirittura come modello per l'Europa. Un'altra motivazione molto più pragmatica è la fondazione della nuova compagnia teatrale: l'iscrizione al partito serviva per essere sicuro del sostegno governativo e delle sovvenzioni economiche. I rapporti dello scrittore con il regime non erano peraltro dei migliori; la critica fascista non esaltava le opere di Pirandello, anche perché queste non erano in linea con gli ideali fascisti. Il pensiero di Pirandello, che emerge nelle sue opere, è per necessità antitotalitario. La guerra fu un'esperienza piuttosto dura per Pirandello; il figlio Stefano venne infatti imprigionato dagli austriaci, e quando fu congedato si portò dietro una brutta ferita e una ugualmente brutta malattia. La guerra avvicinò maggiormente Pirandello a una concezione pessimistica della vita. Nel 1919 fu obbligato a rinchiudere la moglie in un manicomio. Dopo la guerra, si immerse in un lavoro frenetico, desideroso di trasmettere a tutti quell'analisi della vita che aveva elaborato attentamente. Nel 1925 fonda la "Compagnia del teatro d'arte" con i due grandissimi ed insuperati interpreti dell'arte pirandelliana: Marta Abba e Ruggero Ruggeri. Con questa compagnia comincia a viaggiare per il mondo, le sue commedie vengono interpretate anche nei teatri di Broadway, i suoi romanzi cominciano anche a diventare film. Nel 1929 gli viene dato il titolo di Accademico di Stato. Nel giro di un decennio arriva ad essere il più grande drammaturgo del mondo, come testimonia il premio Nobel ricevuto nel 1934. Grande appassionato di cinematografia, mentre assisteva a Cinecittà alle riprese di un film tratto dal suo "Il fu Mattia Pascal", si ammalò di polmonite. Il suo corpo ormai segnato dal tempo e dagli avvenimenti della sua vita non sopportò oltre, e Pirandello morì lasciando incompiuto un nuovo lavoro teatrale, I giganti della montagna. Egli scrisse nel testamento le sue ultime volontà sul suo funerale. L'illustre estinto è stato avvolto in un lenzuolo bianco e portato sul carro dei poveri. Per sua volontà il corpo è stato bruciato, per evitare postume consacrazioni cimiteriali e monumentali. Le sue ceneri sparse per il "Caos" (la sua tenuta, nell'omonima contrada). In questa maniera si pensa che Pirandello si sia ricreduto sul fascismo, poiché avrebbe dovuto avere i funerali di stato, in pompa magna, come prevedeva la cerimonia fascista. Dipinto di Montserrat Gudiol.

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