Charles Mingus (Nogales, 22 aprile 1922 – Cuernavaca, 5 gennaio 1979) è stato un contrabbassista, pianista e compositore statunitense. Genio pazzo e violento per sua stessa definizione (Beneath the Underdog, traducibile con Peggio di un bastardo, è il titolo della sua autobiografia), studia il trombone e il violoncello prima di passare al basso su consiglio dell'amico Buddy Collette. Ossessionato dagli atteggiamenti di razzismo nei suoi confronti da parte sia di bianchi che di neri a causa delle sue origini meticce, ha da subito una fortissima spinta a primeggiare. Decide così di diventare il migliore bassista sulla scena, e ci riesce nel giro di pochi anni, suonando con Louis Armstrong, Illinois Jacquet, Dinah Washington; quando nel 1947 entra nell'Orchestra di Lionel Hampton è già leader di propri gruppi e ha già fatto i primi tentativi di composizione. Le sue fonti di ispirazione sono al momento anche extra-jazzistiche, studia Richard Strauss e Arnold Schoenberg e si avvicina all'intellettualismo di Lennie Tristano - senza mai trascurare il suo grande amore per Duke Ellington. Poi scopre Charlie Parker. Inizia a suonare un cool-bop da camera in trio con Red Norvo (vibrafono, leader) e Tal Farlow (chitarra), per poi entrare in contatto con i grandi beboppers neri (Bud Powell, Parker, Dizzy Gillespie, Miles Davis, Oscar Pettiford). Nel 1952 fonda insieme a Max Roach la Debut Records, etichetta indipendente dall'esistenza difficile. Nel 1953 partecipa a The greatest jazz concert ever, canto del cigno del bop. Dal 1955 comincia a realizzare incisioni con propri gruppi che incorporano elementi hard-bop e free (da ricordare l'improvvisazione collettiva in Pithecanthropus Erectus e le sirene e i rumori di A foggy day in San Francisco) e riscopre gli amori giovanili per i suoni messicani (Tijuana moods) e per la church music (Blues and Roots). Si susseguono nei suoi gruppi i migliori trombonisti (Britt Woodman, Eddie Bert, Willie Dennis, Jimmy Knepper, Quentin Jackson), sassofonisti (Jackie McLean, John Handy, Shafi Hadhi, Benny Golson, Pepper Adams, Yusef Lateef, Jerome Richardson, Roland Kirk), trombettisti (Richard Williams, Johnny Coles, Don Ellis, Clark Terry, lo sfortunato Clarence Shaw), pianisti (Mal Waldron, Bill Evans, Horace Parlan, Toshiko Akioshi, Roland Hanna, Jaki Byard) e il fido batterista Dannie Richmond. Sulla scia della rivoluzione di Ornette Coleman, nel 1960 Mingus licenzia quasi tutti e fonda un quartetto pianoless (ovvero che non prevede l'uso di un pianoforte) col vecchio amico Eric Dolphy (sassofono alto, flauto e clarinetto basso), il giovane Ted Curson alla tromba e Richmond, coi quali realizza il pamphlet politico Fables of Faubus. Con l'aggiunta di Booker Ervin (sassofono tenore al contempo churchy e acrobatico) e, in un brano, dell'ospite Bud Powell, il live ad Antibes è forse il miglior lavoro mai pubblicato - a pari merito con The black saint and the sinner lady, suite per balletto con sassofono alto (Charlie Mariano) e orchestra, che riassume le radici musicali di Mingus e gli elementi della sua originalità. Il periodo più creativo di Mingus, ricco di composizioni e di sperimentazioni sia discografiche sia in concerto condotte in tutte le direzioni musicali (anche oltre il free), si chiude in modo emblematico con la tournée in Europa dell'aprile 1964, per la quale il musicista ha radunato un sestetto formidabile, anche se forse non perfettamente amalgamato: sezione ritmica composta da Mingus, Richmond e Byard, ai fiati Dolphy, il sassofono tenore Clifford Jordan e il trombettista Johnny Coles. La band si esibisce ad Amsterdam, Oslo, Stoccolma, Copenhagen, Liegi, in Germania, in Italia (a Bologna e Milano) e a Parigi, in due concerti alla Salle Wagram (sera tra venerdì 17 e sabato 18 aprile) e al Théâtre des Champs-Elysées (mattina di domenica 19 aprile), documentati nel memorabile triplo LP The Great Concert of Charles Mingus. Nonostante il gruppo suoni in maniera eccelsa, come testimoniano anche i molti bootleg - e i tre rari video registrati a Oslo, Stoccolma e Liegi di quei concerti e delle loro prove -, il tour è condizionato dalle intemperanze e mattane del leader, costellato di incidenti e sinistri presagi che culminano nel ricovero d'urgenza in ospedale di Coles, svenuto sul palco a Parigi la sera di venerdì 17 (sic!) per una emorragia interna. Quando la band fa ritorno negli USA, Dolphy non è con loro. Ha infatti deciso di fermarsi in Europa, dove ha formato un suo gruppo con il pianista Misha Mengelberg, il bassista Jacques Schols e il batterista Han Bennink . Il 28 giugno, Dolphy viene colto da un attacco di iperglicemia diabetica a Berlino, cade in coma e il giorno dopo muore. Una settimana prima aveva compiuto 36 anni. Per tragica ironia della sorte, uno dei cavalli di battaglia della sua ultima tournèe con Mingus era un brano intitolato So Long Eric (per intero Don't Stay Over There Too Long, Eric): un esplicito invito rivolto dal bassista a Dolphy perché tornasse stabilmente con il suo gruppo quanto prima. La morte di Dolphy (1964) è come un macigno, e dopo un paio di insuccessi organizzativi Mingus si ritira nel suo guscio di psicofarmaci fino alla fine del decennio. Negli anni '70 torna lentamente sulla breccia, con un nuovo gruppo e nuove composizioni estese (Changes One and Two, con George Adams, Don Pullen, Jack Walrath e Richmond). Nel 1977 gli viene diagnosticato il morbo di Lou Gehrig, e nonostante gli sforzi e i tentativi con una leggendaria guaritrice messicana, il grande musicista soccombe il 5 gennaio 1979. Aveva 56 anni. La vedova Sue Graham Mingus gestisce il lascito musicale attraverso la Mingus Big Band. http://it.wikipedia.org/wiki/Charles_Mingus. Io ero tra le persone che l'hanno sentito suonare in Arena di Verona, la magica notte del 24 luglio 1972. Erano passate le 3 del mattino quando è arrivato sul palco, prima di lui altri mostri sacri del jazz, tra cui Ella Fitgerald. Disse che era tardi ma lui non era stanco e chi aveva sonno andasse a letto. Fu una magia. Adorazione dei magi di Botticelli.sabato 5 gennaio 2008
Charles Mingus peggio di un bastardo
Charles Mingus (Nogales, 22 aprile 1922 – Cuernavaca, 5 gennaio 1979) è stato un contrabbassista, pianista e compositore statunitense. Genio pazzo e violento per sua stessa definizione (Beneath the Underdog, traducibile con Peggio di un bastardo, è il titolo della sua autobiografia), studia il trombone e il violoncello prima di passare al basso su consiglio dell'amico Buddy Collette. Ossessionato dagli atteggiamenti di razzismo nei suoi confronti da parte sia di bianchi che di neri a causa delle sue origini meticce, ha da subito una fortissima spinta a primeggiare. Decide così di diventare il migliore bassista sulla scena, e ci riesce nel giro di pochi anni, suonando con Louis Armstrong, Illinois Jacquet, Dinah Washington; quando nel 1947 entra nell'Orchestra di Lionel Hampton è già leader di propri gruppi e ha già fatto i primi tentativi di composizione. Le sue fonti di ispirazione sono al momento anche extra-jazzistiche, studia Richard Strauss e Arnold Schoenberg e si avvicina all'intellettualismo di Lennie Tristano - senza mai trascurare il suo grande amore per Duke Ellington. Poi scopre Charlie Parker. Inizia a suonare un cool-bop da camera in trio con Red Norvo (vibrafono, leader) e Tal Farlow (chitarra), per poi entrare in contatto con i grandi beboppers neri (Bud Powell, Parker, Dizzy Gillespie, Miles Davis, Oscar Pettiford). Nel 1952 fonda insieme a Max Roach la Debut Records, etichetta indipendente dall'esistenza difficile. Nel 1953 partecipa a The greatest jazz concert ever, canto del cigno del bop. Dal 1955 comincia a realizzare incisioni con propri gruppi che incorporano elementi hard-bop e free (da ricordare l'improvvisazione collettiva in Pithecanthropus Erectus e le sirene e i rumori di A foggy day in San Francisco) e riscopre gli amori giovanili per i suoni messicani (Tijuana moods) e per la church music (Blues and Roots). Si susseguono nei suoi gruppi i migliori trombonisti (Britt Woodman, Eddie Bert, Willie Dennis, Jimmy Knepper, Quentin Jackson), sassofonisti (Jackie McLean, John Handy, Shafi Hadhi, Benny Golson, Pepper Adams, Yusef Lateef, Jerome Richardson, Roland Kirk), trombettisti (Richard Williams, Johnny Coles, Don Ellis, Clark Terry, lo sfortunato Clarence Shaw), pianisti (Mal Waldron, Bill Evans, Horace Parlan, Toshiko Akioshi, Roland Hanna, Jaki Byard) e il fido batterista Dannie Richmond. Sulla scia della rivoluzione di Ornette Coleman, nel 1960 Mingus licenzia quasi tutti e fonda un quartetto pianoless (ovvero che non prevede l'uso di un pianoforte) col vecchio amico Eric Dolphy (sassofono alto, flauto e clarinetto basso), il giovane Ted Curson alla tromba e Richmond, coi quali realizza il pamphlet politico Fables of Faubus. Con l'aggiunta di Booker Ervin (sassofono tenore al contempo churchy e acrobatico) e, in un brano, dell'ospite Bud Powell, il live ad Antibes è forse il miglior lavoro mai pubblicato - a pari merito con The black saint and the sinner lady, suite per balletto con sassofono alto (Charlie Mariano) e orchestra, che riassume le radici musicali di Mingus e gli elementi della sua originalità. Il periodo più creativo di Mingus, ricco di composizioni e di sperimentazioni sia discografiche sia in concerto condotte in tutte le direzioni musicali (anche oltre il free), si chiude in modo emblematico con la tournée in Europa dell'aprile 1964, per la quale il musicista ha radunato un sestetto formidabile, anche se forse non perfettamente amalgamato: sezione ritmica composta da Mingus, Richmond e Byard, ai fiati Dolphy, il sassofono tenore Clifford Jordan e il trombettista Johnny Coles. La band si esibisce ad Amsterdam, Oslo, Stoccolma, Copenhagen, Liegi, in Germania, in Italia (a Bologna e Milano) e a Parigi, in due concerti alla Salle Wagram (sera tra venerdì 17 e sabato 18 aprile) e al Théâtre des Champs-Elysées (mattina di domenica 19 aprile), documentati nel memorabile triplo LP The Great Concert of Charles Mingus. Nonostante il gruppo suoni in maniera eccelsa, come testimoniano anche i molti bootleg - e i tre rari video registrati a Oslo, Stoccolma e Liegi di quei concerti e delle loro prove -, il tour è condizionato dalle intemperanze e mattane del leader, costellato di incidenti e sinistri presagi che culminano nel ricovero d'urgenza in ospedale di Coles, svenuto sul palco a Parigi la sera di venerdì 17 (sic!) per una emorragia interna. Quando la band fa ritorno negli USA, Dolphy non è con loro. Ha infatti deciso di fermarsi in Europa, dove ha formato un suo gruppo con il pianista Misha Mengelberg, il bassista Jacques Schols e il batterista Han Bennink . Il 28 giugno, Dolphy viene colto da un attacco di iperglicemia diabetica a Berlino, cade in coma e il giorno dopo muore. Una settimana prima aveva compiuto 36 anni. Per tragica ironia della sorte, uno dei cavalli di battaglia della sua ultima tournèe con Mingus era un brano intitolato So Long Eric (per intero Don't Stay Over There Too Long, Eric): un esplicito invito rivolto dal bassista a Dolphy perché tornasse stabilmente con il suo gruppo quanto prima. La morte di Dolphy (1964) è come un macigno, e dopo un paio di insuccessi organizzativi Mingus si ritira nel suo guscio di psicofarmaci fino alla fine del decennio. Negli anni '70 torna lentamente sulla breccia, con un nuovo gruppo e nuove composizioni estese (Changes One and Two, con George Adams, Don Pullen, Jack Walrath e Richmond). Nel 1977 gli viene diagnosticato il morbo di Lou Gehrig, e nonostante gli sforzi e i tentativi con una leggendaria guaritrice messicana, il grande musicista soccombe il 5 gennaio 1979. Aveva 56 anni. La vedova Sue Graham Mingus gestisce il lascito musicale attraverso la Mingus Big Band. http://it.wikipedia.org/wiki/Charles_Mingus. Io ero tra le persone che l'hanno sentito suonare in Arena di Verona, la magica notte del 24 luglio 1972. Erano passate le 3 del mattino quando è arrivato sul palco, prima di lui altri mostri sacri del jazz, tra cui Ella Fitgerald. Disse che era tardi ma lui non era stanco e chi aveva sonno andasse a letto. Fu una magia. Adorazione dei magi di Botticelli.
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