sabato 29 marzo 2008

Dina Dore

Nikolaus GizisUna strana storia di errori e misteri
L'ipotesi di una vendetta
Appare tutto troppo strano per essere vero. E se si mettono in fila gli indizi, niente sembra tornare in questa storia. Perché anche i dettagli apparentemente insignificanti non riescono a trovare una spiegazione plausibile. E perché il ritrovamento del cadavere di Dina Dore otto ore dopo l'aggressione, nonostante fosse nel bagagliaio dell'auto rimasta nel garage, rende la vicenda incredibile. Adesso serve a poco che il pubblico ministero Danilo Tronci, arrivato a Gavoi poco dopo l'allarme dato dal marito della vittima e rimasto lì tutta la notte, dica che «la procedura è stata rispettata perché in casi come questi i rilievi devono essere accurati». In realtà neanche lui può smentire che nessuno ha pensato di ispezionare a fondo l'auto, nonostante per terra ci fossero vistose tracce di sangue. Colpisce la sicurezza del questore di Nuoro Antonello Pagliei che già nel pomeriggio e prima dell'autopsia chiude il caso dichiarando: «È stato un rapimento finito in tragedia. La signora è stata colpita mentre veniva legata, forse perché ha opposto resistenza. Ed è morta subito». La palazzina dove Dina Dore abitava con il marito ed Elisabetta, la bimba nata otto mesi fa, è in fondo a via Sant'Antioco, una stradina tanto stretta che le macchine fanno fatica a passare. Eppure la versione ufficiale accredita la possibilità che ci fossero dei banditi ad aspettarla fuori dal garage. E dunque, seguendo il filo di questa pista, accade tutto in pochi minuti. Lei arriva verso le 18.30, fa scattare la saracinesca, entra. Scarica il port enfant per trasportare la figlia. E in quel momento viene aggredita. Forse i sequestratori cominciano a imbavagliarla e lei tenta di divincolarsi, terrorizzata reagisce con forza. Viene colpita alla fronte, proprio sotto l'occhio sinistro. Ed ecco il primo mistero. Se quella botta è stata mortale, che bisogno c'era di continuare a legarla e imbavagliarla? È probabile che la donna fosse ancora viva quando è stata infilata nel bagagliaio. E sia morta soffocata dal «bendaggio» che le chiudeva la bocca, il naso e parte degli occhi. Ma perché i rapitori hanno rischiato tanto? Sono davvero dei balordi come si vuol far credere? O invece la scena del crimine nasconde altri segreti che potranno essere svelati soltanto quando tutti i reperti saranno stati esaminati dalla polizia scientifica? In paese dicono che i Rocca — il marito Francesco fa il dentista ed è esponente locale di Alleanza nazionale, il suocero Antonio è stato più volte sindaco di Gavoi per la Democrazia cristiana ed è sfuggito a due tentativi di sequestro — non avevano nemici. Ma la «pista familiare» non può essere ancora esclusa. Ci sono troppi dubbi che ancora devono essere chiariti. Se si dà retta all'ufficialità, si deve credere che i banditi avessero progettato di portar via l'ostaggio con la sua macchina. Ma nessuno sa dire come fossero arrivati sul luogo dell'agguato, né ci sono testimoni che hanno notato altre auto. Eppure a quell'ora c'è ancora luce e sulla stradina si affacciano altre palazzine. I rumori si sentono bene, tanto che due vicine si erano allarmate perché udivano il pianto disperato di Elisabetta. Come è possibile che nessuno si sia accorto del trambusto? Secondo il suocero Dina Dore potrebbe aver «riconosciuto almeno uno degli aggressori e per questo quelle belve l'hanno uccisa». È una possibilità che gli inquirenti ritengono verosimile. Ma allora qual' era il vero movente? In questo pezzo di Sardegna che è stato regno dell'Anonima, i sequestri lampo per estorsione non sono più un'eccezione. Ma vengono progettati nei minimi dettagli. E invece in questo caso, tutto è andato storto. Per questo bisogna scoprire se la donna doveva davvero diventare merce di scambio o se invece sia rimasta vittima di una vendetta dove i soldi non c'entrano nulla. Fiorenza Sarzanini 28 marzo 2008 Fonte: http://www.corriere.it/cronache/08_marzo_28/omicidio_dore_errori_misteri_8490a36a-fc8e-11dc-baaf-00144f486ba6.shtml

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