giovedì 22 maggio 2008

Il caso Cogne

FairbairnLacrime, show e sospetti sulla pelle di un bambino ucciso
di Maurizio Crosetti
TORINO - Finisce com'era cominciata, con il rumore che fanno le chiavi quando chiudono la porta di una cella. Finisce con l'ordine di cattura per Annamaria Franzoni, la mamma di Cogne, la sfinge che ascoltava le sentenze senza battere ciglio ma che, quel ciglio, sapeva bagnarlo di pianto quando le sembrava l'ora. Finiscono sei anni spaventosi, sei anni di spettacolo sulla morte di un bambino piccolo. Sei anni di udienze, polemiche, lacrime e sangue. Sei anni di curiosità macabre, con la coda fuori dal tribunale di Torino per il processo d'appello e i bigliettini per le precedenze, come in salumeria. Sei anni di ricostruzioni, sospetti, interviste, pianti in diretta tivù, con il famigerato plastico della villetta sullo sfondo. Sei anni tutti raccolti attorno alla protagonista di questa sorta di film a puntate, però vero: Annamaria Franzoni, la madre. L'assassina? Un mistero di donna. Forse un mostro, forse una vittima, forse una grande attrice, forse e più probabilmente una persona malata. "Giustizia è fatta". Lo dice Luciano Garofano, il capo dei Ris di Parma. "Così si rende merito al nostro scrupoloso lavoro". Questo, invece, è l'ex sindaco di Cogne, Osvaldo Ruffier: "Il nostro paese ha sofferto molto per una vicenda che, lo sapevamo fin dal primo momento, è dipesa dalla famiglia Franzoni e non dall'esterno". Ma la reazione più clamorosa, nello stile del personaggio, è dell'avvocato Taormina, l'ex legale di Annamaria, l'ospite fisso di Bruno Vespa: "Questo è un paese nel quale non c'è giustizia: se ne va in carcere un'innocente, una persona che non ha fatto nulla, soltanto perché non si è trovato il vero colpevole. Hanno sbagliato in primo e in secondo grado, e ovviamente la Cassazione ha sbagliato un po' meno. Niente prova la colpevolezza di Annamaria". Poi, una promessa abbastanza oscura: "Lavorerò per conto mio solo in nome di Samuele". Samuele Lorenzi aveva tre anni e piangeva, nel lettone dei genitori: non la smetteva più. Era il mattino del 30 gennaio 2002 a Montroz, frazione di Cogne, un paese da fiaba in Valle d'Aosta diventato, nell'immaginario di tutti, l'ultimo scantinato dell'inferno: più giù non si può andare. Samuele viene ucciso con un oggetto mai ritrovato, forse uno zoccolo da montagna, più probabilmente un mestolo di rame. Con lui c'è la mamma, che negherà sempre. C'è anche un fratellino, Davide, in giardino a giocare. La prima testimone è una vicina di casa, Ada Satragni, psicologa e amica di Annamaria. Ai soccorritori dirà: "Al bambino è scoppiata la testa". Un'assurdità enorme, specialmente da parte di un medico.Le prime ore di indagini vengono usate malissimo, e questo ingarbuglierà tutti i fili. Attorno alla Franzoni fa scudo la famiglia, il marito Stefano, i numerosi fratelli e sorelle, soprattutto il padre Giorgio, personaggio ambiguo, per anni il regista occulto di tutta la vicenda. Ogni indizio porta alla madre, che viene arrestata il 14 marzo 2002 con l'accusa di omicidio volontario. Resterà nel carcere torinese delle Vallette fino al 30 marzo, quando il tribunale del riesame ne ordina la scarcerazione. È l'inizio dell'odissea giudiziaria, ma anche delle apparizioni televisive della Franzoni, abilissima nel piangere e commuovere a comando. Intanto il 25 giugno un nuovo personaggio irrompe sulla scena del dramma ormai virato in commedia: è l'avvocato Carlo Taormina, che prende il posto di Carlo Federico Grosso (il quale, alla fine, tornerà). Il 20 luglio 2004 arriva la prima sentenza da parte del tribunale di Aosta: trent'anni di galera, anche se Annamaria non rientra in cella perché non esiste il rischio di reiterazione del reato. Il pubblico si spacca: più numerosi i colpevolisti, non pochi gli innocentisti. Ormai la madre di Cogne è una star mediatica, i paparazzi la rincorrono come una diva o una campionessa, le cronache rosa ne raccontano la terza gravidanza (nascerà Gioele) mentre la cupa villetta è già lontana e la Franzoni vive sull'Appennino bolognese, protetta dal clan e dal villaggio. Persino il suo giovane parroco, don Marco Baroncini, scende in campo. Le sarà accanto per tutto il processo d'appello che comincia a Torino il 16 novembre 2005 e si trascinerà per un anno e mezzo, con ventidue udienze in cui si parla di zoccoli, copriletto, pigiama, macchie di sangue davanti a un pubblico numeroso e inquietante. Nel frattempo Taormina viene indagato per frode processuale. Avrebbe inquinato le prove: è il cosiddetto processo Cogne-bis. "Condannatemi pure, io sono innocente" ripete Annamaria ai giudici che le riconoscono un vizio parziale di mente, nonostante lei abbia sempre rifiutato la perizia psichiatrica. In aula, il pubblico ministero Vittorio Corsi racconta l'omicidio come una cosa semplice, con esattezza e pietà umana, un classico delitto d'impeto. "Non ho ucciso mio figlio, siate giusti". Il 27 aprile 2007 la giuria concede le attenuanti generiche alla Franzoni, condannata a 16 anni dopo l'uscita di scena di Taormina, ormai impresentabile e sostituito da Paola Savio. Pena dimezzata, dunque, in attesa della Cassazione. Infine, dopo sei anni di orrore, l'ultima parola dei giudici e di nuovo il carcere. Adesso, forse, il silenzio. 22/5/2008 da http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/cronaca/franzoni-cassazione/lacrime-sospetti/lacrime-sospetti.html

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