giovedì 20 novembre 2008

Nonno mammut

Thomas HudsonRICERCA
Mappa genetica del mammut La prima di una specie estinta
Nature: Scienziati dell'università della Pennsylvania sequenziano il Dna dell'antenato dell'elefante. Fra loro differenze minime di ALESSIA MANFREDI
JURASSIC Park da oggi è un po' meno fantascienza: a migliaia di anni dalla sua estinzione, gli scienziati sono riusciti a ricostruire la mappa genetica del mammut. E' la prima volta che succede per una specie estinta e tecnicamente potrebbe schiudere l'ipotesi di arrivare in futuro alla clonazione di un animale scomparso dall'antichità. Su
Nature i ricercatori dell'università della Pennsylvania, coordinati da Stephan C. Schuster, ricostruiscono il modo in cui hanno decodificato il materiale genetico dell'antenato dell'elefante, partendo da diversi campioni di Dna estratti da peli. Confrontando campioni differenti hanno ricomposto l'archeo-puzzle, arrivando ad un risultato completo per almeno l'80 per cento. "Un risultato molto importante perché completa quello che finora era stato realizzato solo a pezzi", spiega il professor Giuseppe Novelli, direttore del laboratorio di genetica medica al Policlinico "Tor Vergata" a Roma. "Da 13 milioni di basi identificate in passato si passa ora a 4 miliardi, un successo notevole dovuto prima di tutto alla tecnologia". Sbirciando dentro il passato nel genoma del mammut - grazie a materiale estratto dai peli di un esemplare mummificato rimasto sepolto nel permafrost siberiano per 20mila anni e di un secondo esemplare che ha almeno 60mila anni - gli scienziati hanno scoperto che le differenze fra l'animale estinto e il suo parente più prossimo, l'elefante moderno, sono minime: lo 0,6 per cento. E che la differenziazione fra i mammut e gli elefanti è avvenuta circa 6 milioni di anni fa, nello stesso momento in cui l'uomo e lo scimpanzè si sono separati. Qui, però, è successo qualcosa di diverso: mentre l'evoluzione tra mammut ed elefante è avvenuta in modo lento e graduale, quella fra uomo e scimpanzè si è accelerata, portando in modo molto più rapido a due specie distinte.
Ora l'idea di riportare in vita specie perdute, come accadeva per i dinosauri di Jurassic Park, diventa più plausibile. "Decifrando il genoma potremmo teoricamente generare dati che in futuro potrebbero permettere ad altri ricercatori di far resuscitare il mammut, inserendo quelle sequenze di Dna che lo caratterizzano in maniera unica dentro il genoma dell'elefante moderno", ipotizza Schuster. Senza scomodare cinema e letteratura, ciò permetterebbe agli scienziati di recuperare informazioni genetiche che si credevano perdute, per fare luce sulle cause che hanno portato alla loro scomparsa. "Tecniche simili servono agli scienziati per scoprire qualcosa in più della nostra storia evolutiva", spiega Novelli. "L'ipotesi affascinante è quella di avere una cosa viva da qualcosa che non esiste più, come è stato sperimentato recentemente nel
topo. Si potranno scoprire virus o malattie magari responsabili della scomparsa di una specie" continua il genetista. "E avere informazioni preziose su virus a noi sconosciuti, con possibili ricadute mediche che potrebbero anche portare a nuovi farmaci", conclude.
(19 novembre 2008) da Repubblica

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