lunedì 15 dicembre 2008

Le mie spezie son più buone

ThiebaudLo segnala l'Associazione Nazional-Europea degli Amministratori d'Immobili In aumento i diverbi per le "immissioni": causano il 27% delle diatribe di condominio
L'integrazione si ferma in cucina Più liti tra vicini per odori "etnici"
ROMA - I buoni rapporti tra vicini di pianerottolo rovinati dall'odore di pollo al curry. E dagli aromi di spezie orientali che invadono l'atrio del condominio. Sembra paradossale, ma l'integrazione tra italiani e stranieri trova nuovi ostacoli sul fronte della gastronomia, che pure negli ultimi anni in Italia sta riscuotendo grande successo con i ristoranti etnici che attraggono sempre più clienti italiani. E invece, quando l'odore arriva nelle nostre case, dà fastidio. E scatena litigi, che possono arrivare fino alla querela. A rilevarlo è l'Anammi, l'Associazione Nazional-Europea degli Amministratori d'Immobili, che segnala che le liti tra condomini per questi motivi sono in aumento. ''Non è un semplice fatto di colore, ma un problema assai serio, anche se con risvolti grotteschi'', avverte Giuseppe Bica, presidente dell'Anammi. Non solo gli screzi per le assegnazioni dei parcheggi o i diverbi per le piante che gocciolano sui panni dell'inquilino del piano di sotto, nella hit parade dei motivi che scatenano più litigi si piazzano in testa le cosiddette ''immissioni'': il 27% sul totale annuo delle diatribe condominiali. Ultimamente gli episodi di questo genere si sono moltiplicati. E nel 16% dei casi oggi la ''lamentela da cucina etnica'' è seguita dall'esposto alla pubblica autorità. Alcune cucine straniere, poi, risultano più moleste di altre. L'80% delle liti di stampo etnico-culinario coinvolgono immigrati di origine asiatica (India, Bangladesh e Pakistan), seguiti alla distanza dai cinesi (15%) e maghrebini (in particolare, Tunisia e Marocco). Come rispondono i responsabili che, a detta degli italiani, impestano le aree comuni? Il più delle volte con frasi che tirano in ballo l'uguaglianza di diritti: "Voi avete il soffritto, io il pollo al curry''. A questi problemi, comunque, non sembra possa esserci soluzione legale efficace. L'Anammi rileva che, secondo l'articolo 844 del Codice Civile, l'immissione non può essere impedita "a meno che non superi la normale tollerabilità, rilevata nel contesto di riferimento".
Questo significa che si può in qualche modo fermare l'alone di fritto che invade le scale e proviene dalla rosticceria del quartiere. Non, però, quello che esala dalla cucina del vicino di casa. ''Una cosa è la cucina di tutti i giorni, un'altra sono i fumi, con relativi odori, del ristorante cinese o somalo. In questo caso, parliamo però di un'azienda che ha precisi doveri ambientali'', dice Bica, che osserva come "la stessa tollerabilità di un odore sia assai difficile da quantificare". L'Anammi invita, quindi, alla conciliazione. A livello pratico, suggerisce il controllo dell'impianto di aerazione che, se ben funzionante, smorza gli aromi più forti. Ma non basta: "L'amministratore dell'immobile deve tentare in tutti i modi la via del dialogo, anche ricorrendo a qualche stratagemma", afferma Bica. Come? Con cene etniche tra condomini, assaggi di pietanze esotiche, scambi culturali che passano per il gusto. Insomma, il motto è: prendere il vicino per la gola.
(15 dicembre 2008) da Repubblica

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