domenica 25 gennaio 2009

Undicietrenta di Roberto Cotroneo

Claudio BravoBerlusconi, il raccontatore di barzellette
Credevo che le barzellette su ebrei e campi di concentramento non le raccontasse più nessuno, eccetto gli antisemiti, i neonazisti, o gli imbecilli patentati, o gente che non ha mai superato la prova di ammissione alla scuola radio elettra. Ero convinto che nel mondo normale non ci fosse più nessuno che avesse il coraggio di raccontare storielle di quel genere. Ma avevo sottovalutato Berlusconi. Ora, la barzelletta sugli ebrei che ha raccontato l’altro giorno a Nuoro, e che non riporto per una questione di principio, è particolarmente volgare. Non è divertente perché, come tutti questi tipi di barzellette, tocca una tragedia colossale, che ha cambiato i destini del mondo, e fa orrore scherzare sui morti dell’olocausto. Ma fin qui è facile. Lo sappiamo tutti. E solo i ragazzini possono raccontare di tanto in tanto barzellette del genere, perché ancora sfuggono al dolore, esorcizzano la paura del mondo scherzando con le tragedie. Poi, un po’ più adulti, passata quella fase balorda e creativa che è l’adolescenza, passa anche questo. A Berlusconi non è passata. E non è passata perché in lui ci sono tutti, ma proprio tutti, i luoghi comuni degli anni Sessanta. Si dirà: nei luoghi comuni degli anni Sessanta ci sono le barzellette sugli ebrei? Nel mondo degli anni Sessanta ci sono soprattutto le barzellette. E in certi casi anche le barzellette sugli ebrei. La barzelletta è una forma di piccolo cabaret per persone comuni. Alcuni attori hanno inventato un genere vero e proprio, si pensi a Gino Bramieri e al grande Walter Chiari. Le edicole delle stazioni, fino a trent’anni vendevano libri su libri con “le migliori” barzellette. Da leggere, certo, ma anche da raccontare, alle cene, agli amici. Le cene brillanti di un certo tipo di mondo, popolare e goliardico, erano fatte da chi raccontava l’ultima, quella più divertente, quella mai sentita. Spesso raccontate male, spesso raccontate per mostrarsi brillanti e seduttivi, o per sugellare allegramente un accordo aziendale a una cena di lavoro. Tra queste c’erano quelle sugli ebrei. Barzellette che si raccontavano più a bassa voce, che rientravano in quell’indifferenza e quella ferocia di un paese, che si era lasciato alle spalle la guerra e i suoi orrori, in tutti i modi possibili. Ma barzellette che provenivano da un humus antisemita che non ha mai abbandonato grandi parti della popolazione del nostro paese, e che appartiene tanto alla destra quanto a una certa sinistra. Oggi le barzellette non le racconta più nessuno, fanno parte di un paese che non esiste più. E che ha imparato a ridere con cose più intelligenti. Berlusconi da uomo degli anni Sessanta, continua a raccontarle. Pensa che lo rendano simpatico. Come i cummenda del boom economico. L'Unità

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