martedì 24 febbraio 2009

Undicietrenta di Roberto Cotroneo

Duchessa di Portland/De Laszlo 1925Premi letterari, un vecchio vizio italico
La vicenda del premio Grinzane Cavour si allunga ogni giorno di più. Oggi si parla dei cachet di attori e registi che percepivano fino a 10 mila euro per una presenza al premio. E la Guardia di Finanza sta controllando tutte le carte possibili, dopo che Giuliano Soria, l’anima e l’organizzatore del premio, è finito sotto inchiesta per violenza sessuale e malversazione. Ne esce un quadro, che al di là delle responsabilità da accertare, fa riflettere. I soldi che il Grinzane utilizzava erano soldi pubblici, soldi pubblici per un premio letterario e cinematografico. Soldi utilizzati per restaurare un intero castello, per aprire ristoranti di altissimo livello, per stupire tutti in ricchezza e magnificenza. Ma ha un senso tutto questo? O meglio: serve, aiuta, incoraggia la cultura creare delle manifestazioni di questo tipo? E soprattutto perché le Regioni, che a Giuliano Soria hanno elargito moltissimo denaro, non hanno provato a usare le risorse per iniziative meno scintillanti e più concrete? Comprare libri per biblioteche di quartiere, chiamare personalità della cultura a parlare nelle scuole, finanziare professori universitari importanti perché possano venire a tenere corsi ai nostri studenti (i docenti importanti, quelli che vengono dalle più importanti università del mondo costano molto). In generale: quello dei premi letterari è un vecchio vizio italico. Sono migliaia, di ogni tipo. Purtroppo spesso sono pagati da comuni, da province e da Regioni, oltre che da vari enti pubblici. Non servono assolutamente a nulla. Perché non promuovono cultura, non aiutano gli autori, non sono autorevoli, e servono a portare nelle città e nei paesini sonnolenti scrittori famosi, di fatto soltanto per organizzare le cene del dopo premio, e smuovere un po’ la noia della provincia. Si parla di sprechi nelle università e nella scuola; è intervenuto il presidente della Repubblica a Perugia, ieri, proprio su questo. Si investe meno denaro per la cultura, e poi ci ritroviamo manifestazioni costosissime che lasciano il tempo che trovano. Per un paese come il nostro bastano pochi premi. Tre, quattro al massimo. Li abbiamo: lo Strega, il Campiello, il Nonino, il Viareggio, se si riprende. Tutti gli altri vanno solo a caccia di celebrità profumatamente pagate, spesso con i nostri soldi. Non serve premiare ad esempio Ian McEwan o Javier Marias per rendersi autorevoli. È troppo facile: lo sanno tutti che sono dei grandi scrittori. Penso che il caso del Grinzane possa essere lo spunto per ripensare in un modo nuovo e più serio, quella “premiopoli” che attraversa tutto lo stivale, e che non ha certo contribuito ad aumentare il numero di lettori nel nostro paese. Ma solo a sprecare soldi. L'Unità

Nessun commento: