domenica 22 marzo 2009

In ricordo di Maria

Van GoghLa madre ha incontrato il Papa in Angola, dove Maria Bonino è sepolta
«Mia figlia morì per curare i bambini africani e fu lasciata sola»
«In 50anni nessuno ha cercato una cura per quell'epidemia che fece tantissime vittime, tra cui lei»
DAL NOSTRO INVIATO Gian Guido Vecchi
LUANDA (Angola) – «Io accuso l’Europa, che sapeva ma in cinquant’anni non ha cercato una cura. In quell’epidemia morirono tantissimi bambini. Ma vede, questi bambini, tutte queste persone sono considerate di seconda categoria perché vivono qui, in Africa. Questo atteggiamento non è cristiano e non è umano». La signora Gabriella ha i capelli argentati e lo sguardo di sua figlia, una luce dolce che brilla dietro le lenti bifocali. «Maria diceva: se muoio in Africa, lasciatemi dove sono». La dottoressa Maria Bonino morì il 24 marzo del 2005 e l’indomani, Venerdì santo, la seppellirono in un cimitero angolano. La sua storia commosse l’Italia e il mondo: pediatra, volontaria dell’associazione “Medici con l’Africa Cuamm”, era responsabile del reparto infantile dell’ospedale di Uige e da mesi lavorava giorno e notte per assistere e cercare di curare i bambini colpiti dall’epidemia di febbre emorragica che infine, per stare vicino ai suoi bimbi, avrebbe ucciso anche lei: virus di Marburg, simile all’Ebola. E’ la prima volta che la madre trova la forza di venire in Angola, si avvicina l’anniversario e andrà a trovare Maria al cimitero. Racconta la sua storia nel centro Cuamm di Luanda, accanto a sé i volontari e don Luigi Mazzucato, per 53 anni direttore dell’associazione nata nella diocesi di Padova, la prima ong sanitaria (
http://www.mediciconlafrica.org/) riconosciuta in Italia, la più grande nella tutela della salute delle popolazioni africane.L'INCONTRO DELLA MADRE CON IL PAPA - Sabato mattina la signora Gabriella ha incontrato Benedetto XVI nella chiesa di São Paulo, dopo la messa. E domenica il Papa, nell’incontro con i movimenti cattolici per la promozione della donna, citerà ad esempio la testimonianza e il sacrificio di sua figlia. Parlando con i giornalisti, nel volo verso l’Africa, Benedetto XVI aveva invocato «una vera amicizia verso le persone sofferenti, la disponibilità anche con sacrifici personali ad essere con i sofferenti». La signora mormora: «Oso dire che Maria è stata spinta da un esperienza interiore, sa, in famiglia siamo cattolici praticanti; anche il papà, che era medico, diceva sempre: bisogna dare, fare, ricordarsi degli altri». Sospira, fa un pausa. «Io sono solo un’insegnante in pensione», alza le spalle, e viene da invidiare i ragazzi che per decenni l’hanno avuta come professoressa di greco e latino. Dolce e forte, la signora Gabriella.
«NESSUNO AIUTO' MIA FIGLIA» - «La cosa più triste è che Maria aveva previsto che stava per accadere una cosa così grave. I bambini morivano senza motivo. Lei cominciò nell’ottobre 2004 a segnalare i primi casi sospetti, fino a febbraio del 2005 nessuno si fece vivo». Furono mandati campioni anche in Usa e Sudafrica. Solo il 22 marzo, due giorni prima della morte della dottoressa, e quando già erano morti almeno 80 bambini, secondo le cifre ufficiali, fonti ministeriali segnalarono che “da un preliminare rapporto Oms si escluderebbe l’Ebola, mentre si indica che dai sintomi riscontrati si possa trattare di “febbre di Marburg”. Solo che il virus di Marburg era stato individuato dal 1967 nell’omonima città tedesca. La signora Gabriella alza lo sguardo, la sua denuncia è netta: «Sì, io mi sento di accusare enormemente l’Europa. Allora, nel ’67, erano morti tre tecnici, mandarono i campioni ad analizzare. In quarant’anni non fecero nulla. Era un virus dell’Africa, che importa all’Europa? La cura non serve. Anche Maria denunciava questa indifferenza». Ne sapeva qualcosa, dopo aver lavorato come volontaria per quasi undici anni con “Medici per l’Africa Cuamm” tra Tanzania, Burkina Faso, Uganda, Angola. Nell’epidemia del 2004-2005, ufficialmente, morirono 102 bambini, «ma Maria parlava di almeno un migliaio di casi». Oggi, racconta, i suoi vecchi compagni di scuola hanno creato una fondazione (
http://www.fondazionemariabonino.it/) che prosegue la sua opera. «Sa, mia figlia aveva il carattere tenace di noi biellesi. Alla fine della sua vita, quando ormai stava morendo, ha lasciato scritto: credo di aver realizzato il sogno della mia vita».
21 marzo 2009 Corriere della Sera

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