domenica 13 maggio 2007

Never forget: Legge 180


"Il malato non è solo un malato ma un uomo". Franco Basaglia
I manicomi nell’Ottocento
A cura di
Sabrina Bologni - Iside
Pubblicato il 20/01/2006
Il viaggio del dottor Bonacossa nei manicomi europei.
La legge Basaglia, non è stata una legge perfetta, non ha dato la dovuta assistenza ai familiari dei malati e non c’erano strutture adeguate ad ospitare quei malati che non avevano più nessuno. Tuttavia aprendo i manicomi ha posto fine ad una situazione da film horror. Ben più tragico era nei secoli scorsi. Siamo agli inizi dell’ottocento. Nei manicomi si trovano i folli, ma anche i sifilitici, chi ha malattie croniche della pelle, semplici esaurimenti oppure è diventato scomodo o scandaloso per la famiglia. I pavimenti sono umidi, in pietra con un breve canale che conduce ad un buco dove viene fatto scolare lo sporco. Alle finestre inferriate, le porte sono spesse e non c’è nessun strumento per il riscaldamento invernale, ovunque un tanfo incredibile deriva dai bagni. I letti in ferro sono pochi, per lo più sono cassoni di legno con paglia per dormire e inoltre gabbie per gli isterici. Stefano Bonacossa, un dottore di Torino, compie un viaggio nei vari manicomi europei e nel 1838 scrive nel suo diario che le prime cause di pazzia per la donna sono: eredità, stravizi ed abuso di liquori, conseguenze di parto, sifilide, colpi sul capo, disturbi della mestruazione, gelosia ed amore contrariato, esaltazione religiosa. Anche l’epilessia è considerata come pazzia, come l’ambizione e la cattiva condotta. Le stesse cause sono simili per gli uomini aggiungendo l’eccesso negli studi. Nei manicomi ci sono parecchi mezzi di coercizione, il corsaletto di forza (che si chiamerà poi camicia di forza), le maniche di cuoio, pastoie di catene di ferro e all’occorrenza alcuni malati vengono legati agli alberi nei cortili. Ma come venivano curati i malati di mente? Si usavano salassi generali e parziali, ghiaccio sul capo, bagni tiepidi prolungati, docce fredde, purganti, cauterio alla nuca con potassa caustica, che veniva anche usata per le donne senza mestruazioni strofinandogliela sulle cosce. Se di notte i malati diventano irrequieti o nervosi ecco che arriva l’oppio. In alcuni manicomi criminali i letti sono legati ai muri, i pazienti vestiti miseramente e alle pareti lamine di ferro con anelli ai quali legare gli agitati. Se ci sono dei luoghi nei quali i malati sono trattati con decenza, sono le strutture private, mentre in moltissimi luoghi pubblici sono rinchiusi in grotte e prigioni, trattati come bestie feroci, bastonati, incatenati oppure sottoponendoli al supplizio della fame e della sete. Oggi sono passati 160 anni dal viaggio del dottor Bonacossa, ricordato nell’androne dell’ex Manicomio di Collegno (Torino) con una targa, e 25 dalla legge 180 detta Basaglia, che ha dato l’impulso alla chiusura di quei luoghi. Musil, in “L’uomo senza qualità” scriveva: «Se un cavallo a ogni tentativo di cavalcarlo si comporta da matto, viene governato con cura speciale, gli si danno i finimenti più morbidi, i migliori cavalieri, il foraggio più scelto e il trattamento più paziente. Se invece un cavaliere commette qualche mancanza, lo si ficca in una gabbia piena di pulci, lo si priva del mangiare e lo si ammanetta». da http://guide.dada.net/storia/interventi/2006/01/240797.shtml

Verso la riapertura dei manicomi
Il "matto" è tornato quello di prima: bestia da rinchiudere e sul cui fascicolo scrivere: "fine pena: mai"
23-10-2002 - Fonte: ecn.org
Da "Umanità Nova" n. 34 del 20 ottobre 2002
Robe da matti
Verso la riapertura dei manicomi
"O come è difficile restare calmi e indifferenti quando tutti attorno fanno rumore" (F. Battiato - Bandiera bianca)
Quello che stupisce nella attuale maggioranza di governo è la capacità di questi signori di far passare come assolute novità i più biechi ritorni a un antico ordine gerarchico. La legislazione sul lavoro, infatti, è pienamente improntata al ritorno di un "sano" ordine dove i padroni comandano e i lavoratori ubbidiscono e stanno zitti, quella sull'assistenza con l'introduzione dei LEA (vedi l'ultimo numero di Wild Cat) e la reintroduzione del pagamento per i servizi e del ruolo garantito alla pelosa carità cattolica non è da meno, per quanto riguarda la sanità il buon Sirchia aveva proposto il ritorno alle mutue di categoria...Fedeli a questo principio un pattuglione di deputati di Forza Italia (ma con adesioni, modernità oblige, ferreamente trasversali) si sono proposti di dare l'ultima mazzata all'edificio faticosamente costruito della Legge 180. Come è noto questa legge aveva recepito alcuni principi di libertà che una generazione di psichiatri, rigorosamente nemici dell'internamento e della soppressione dell'identità del sofferente psichiatrico, aveva iniziato a sperimentare un decennio prima. La legge 180, ovviamente, non recepiva interamente quell'impianto dal momento che questo era basato sulla messa in discussione dei ruoli medici all'interno della psichiatria e su una pratica di accoglienza del sofferente psichiatrico, al quale non doveva essere tolta la libertà. La 180, però, aveva comunque un merito: dichiarava illegittimo l'internamento su semplice richiesta del medico curante, chiudeva quei lager innominabili chiamati manicomio e prevedeva la possibilità della cura attraverso presidi sanitari e ambulatori. Insomma il matto cessava di essere una strana bestia, degna al contempo di orrore e pietà, da rinchiudere in appositi luoghi per non turbare la serenità della società "normale", per diventare una persona sofferente e in quanto tale depositaria del diritto a essere assistita senza lederne la libertà. Tutto questo non è mai stato applicato fino in fondo: nel centro e nel sud del paese i manicomi non sono mai stati chiusi, i fondi per la deistituzionalizzazione sono sempre stati pochi e risicati, le ASL, soggetti ai quali competeva la costruzione di presidi e luoghi di cura, hanno sempre evitato di attivarsi in questo senso preferendo investire denaro in affari più lucrosi, non poche delle comunità sorte per sostituire i vecchi manicomi sono state fin troppo simili ai vecchi lager... Nonostante tutto questo, decine di migliaia di persone hanno finalmente trovato una dimensione più umana nella quale vivere, alcune migliaia di loro hanno iniziato un percorso che le ha portate a una maggiore o minore autonomia, altre migliaia hanno potuto evitare la carcerazione a vita in quei luoghi indecenti. Tutto questo non è andato bene a un sacco di gente: non è andato bene agli psichiatri che, tranne le eccezioni che dettero vita alla stagione antipsichiatrica, hanno continuato a maledire una legge che toglieva loro l'assoluto potere sulle vite dei ricoverati, non è andato bene ai custodi dell'ordine sociale che ritengono eretico pensare che una società debba accogliere al proprio interno chi soffre proprio a causa delle storture dell'ordine dominante, non è andato bene, infine, a tutte quelle figure che campano sulle rigide suddivisioni tra "sani" e "malati", cani da guardia dell'ordine sociale e mentale e ben decisi a perpetuarlo all'infinito. Queste figure e le lobby influenti alle quali hanno dato vita, hanno continuato dall'emissione della legge 180 (1978) fino a oggi a soffiare sul fuoco delle "povere famiglie abbandonate" che avrebbero dovuto gestirsi "il matto in casa", evitando ovviamente di dire loro che se questo accadeva non era certo colpa della 180 quanto del boicottaggio effettuato proprio contro di essa, lesinando i fondi, impedendo gli inserimenti lavorativi, privando i soggetti psichiatrizzati della possibilità di affittare casa, di avviare relazioni stabili e, in generale, di vivere una vita non diversa dai "sani". La distruzione della 180 è stata così avviata con la complicità dei pennivendoli di regime, sempre pronti a denunciare i delitti commessi dai "fuori di testa" e a richiedere l'immediato ritorno dell'internamento coatto. I tagli sempre più forti e sempre più mirati effettuati in questo decennio hanno fatto il resto, privando i progetti di autonomia e di cura della sofferenza del terreno concreto sul quale svilupparsi. Le ASL hanno sempre più lesinato i fondi per tutti i progetti che non prevedevano la preminenza degli psichiatri nei percorsi di cura, le comunità di eccellenza, quelle con pochi utenti e molti educatori, sono state penalizzate mentre sono state premiate quelle che ripetevano in piccolo lo schema dei vecchi manicomi. Per quanto riguarda i presidi locali, poi, questi si sono trasformati in centri di spaccio di psicofarmaci e dispensatori di "buoni consigli". Le ultime leggi regionali che hanno riordinato in tutta Italia il settore hanno, infine, privilegiato le riduzioni della spesa, la costruzione di strutture residenziali per la cura della sofferenza psichiatrica gestite dalle vecchie figure mediche e con presenza di personale educativo ridotta al minimo e la centralità del ruolo dello psichiatra nel determinare il percorso istituzionale dell'utente. Dulcis in fundo è stata riordinata la figura dell'educatore il quale è stato privato di tutte le competenze propriamente educative per trasformarlo in una figura assistenziale non diversa dall'infermiere o dall'assistente domiciliare. In pratica un altro controllore sociale sottoposto agli ordini dello psichiatra di turno, senza possibilità progettuali e incaricato di impedire qualsiasi progresso o autonomia delle persone affidategli. Insomma il "matto" è già tornato quello di prima: una bestia da rinchiudere e sul cui fascicolo scrivere: "fine pena mai". In questo quadro arriva la ciliegina finale con questa iniziativa legislativa che permette la costruzione di luoghi di cura per centinaia di utenti segnalati dai servizi psichiatrici e con la possibilità data agli psichiatri di disporre internamenti coatti senza trovare opposizione legale da parte di nessuno. In pratica niente di più e niente di meno del vecchio ordinamento. Grandi strutture residenziali, monitorate da uno o più psichiatri, con grandi camerate per dormire, mangiare e passare il tempo (ovviamente per tutti, tranne per chi pagherà e potrà avere la sua linda stanzetta...), tanti infermieri e assistenti domiciliari (che costano poco, non rompono le balle e non hanno pretese educative) e qualche educatore per fare finta che si persegua una qualche idea di riabilitazione. Resteremo ancora zitti di fronte a tutto questo? Continueremo a pensare che le disgrazie legislative sono come la grandine? Cercheremo ancora un percorso di salvezza individuale sperando di lavorare in un qualche centro di eccellenza? Oppure finalmente, di fronte a provvedimenti che sono antiumani e tolgono qualsiasi senso al nostro lavoro, troveremo la forza di opporci a questa deriva dichiarandoci non disponibili a essere complici dell'ennesima forma di restaurazione dell'ordine sociale?... Ai posteri...
Testo di Giacomo Catrame
Tratto da:
www.ecn.org
Grazie per gli esaurienti e ben scritti articoli!
i fiori sono di Erico Menczer

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