martedì 4 dicembre 2007

Emilio Lussu

Emilio Lussu (Armungia, 4 dicembre 1890Roma, 5 marzo 1975) è stato un politico, scrittore e militare italiano. La famiglia di Emilio apparteneva al ceto benestante di Armungia (piccolo centro situato nel Gerrei e confinante con l'estrema punta meridionale della Barbagia), ma grazie all'esempio paterno egli visse in un clima sostanzialmente egualitario. Il paese di Armungia è stato spesso presentato da Lussu sotto un'aura mitologica, come luogo di formazione dei suoi valori più profondi (rispetto dell'uomo e del lavoro, partecipazione democratica) e in definitiva della sua identità sarda (la lingua natale, le tradizioni, l'orgoglio delle radici e la loro difesa contro la sopraffazione coloniale). Questo patrimonio iniziale si rafforzò in una prospettiva più consapevolmente politica nel rapporto con le correnti repubblicane e socialiste del Novecento a Cagliari, Roma e Parigi. A Cagliari si laureò in giurisprudenza nel 1914. Nel periodo universitario Lussu si schierò con gli interventisti democratici (repubblicani, salveminiani), perché l'Italia entrasse nella Prima guerra mondiale contro gli Imperi centrali (Germania e Austria). Vi prese parte direttamente, come ufficiale di complemento nella Brigata Sassari, costituita su base regionale per la maggior parte da contadini e pastori sardi. Nel 1916 la Brigata fu inviata sulle montagne intorno ad Asiago per creare un fronte che resistesse a qualunque costo alla discesa degli austriaci verso Vicenza e Verona; le vittorie dei sardi nei primi scontri furono seguite da un potente contrattacco che li vide impegnati sino al luglio dell'anno successivo, sul Monte Zebio e nei pressi di Monte Castelgomberto, in una sfiancante e sanguinosa lotta che, più che per avanzare, si conduceva per la tenuta delle posizioni. Era del resto questa la vera guerra di trincea, ed era la guerra di una truppa gestita dai suoi distanti generali con modi ed intenzioni che oggi apparirebbero intollerabili. Questa esperienza ispirò al Lussu il capolavoro per il quale è principalmente noto, Un anno sull'Altipiano, scritto nel 1938 (di questo romanzo è stata fatta un riduzione cinematografica ad opera di Francesco Rosi dal titolo Uomini contro del 1970); si tratta di un'importantissima memoria, di un prezioso documento sulla vita dei soldati italiani in trincea che, per la prima volta nella letteratura italiana, descrive l'irrazionalità e il non-senso della guerra, della gerarchia e della esasperata disciplina militare in uso al tempo. Dotato di un algido razionalismo, l'autore poté lucidamente dimostrare nel suo scritto la profonda differenza fra ciò che davvero accadeva ai soldati e quanto invece ne conosceva l'opinione pubblica; dipinse in tutti i suoi drammatici aspetti quanto fosse inutilmente crudele la disciplina militare applicata a poveri contadini analfabeti e quanto infondato fosse il rispetto dovuto ai generali ed agli ufficiali superiori, i quali avevano ed applicavano eccesso di arbitrio. In un brano di notevole efficacia, descrisse il silenzioso terrore dei momenti che precedevano l'attacco, il drammatico abbandono della "sicura" trincea per proiettarsi verso un ignoto, rischioso, indefinito mondo esterno: «...tutte le mitragliatrici ci stanno aspettando». Si è detto che l'opera stia costantemente guadagnando modernità, se non proprio attualità, e che il suo contenuto stia con pari costanza guadagnando comprensibilità e condivisibilità man mano che la comune considerazione della guerra evolve nel senso di generale riprovazione. Effettivamente, molti dei concetti espressi nel libro hanno trovato postumo suffragio in noti movimenti culturali, ideologie politiche e sentimenti popolari di epoche successive, specialmente dopo la Seconda guerra mondiale ed altri conflitti minori. Al libro sono stati attribuiti molti significati politici, talora per meri fini strumentali, ma essenzialmente è scritto in forma di reportage, a mezza via fra il resoconto giornalistico ed un racconto in termini familiari; le riflessioni contenute o suggerite sono piuttosto ad un livello morale o filosofico. Essendo stato prima della stesura dell'opera un interventista ed un rivoluzionario (fece parte del movimento clandestino antifascista Giustizia e libertà), Lussu sembrò in qualche modo compiere un'inversione di marcia rispetto ai convincimenti precedenti, descrivendo con sobrietà che cosa davvero sia, nei suoi momenti più crudeli, quella guerra dapprima cercata come conflitto dell'istituzione e poi come conflitto contro l'istituzione. Non rimase fuori dalla narrazione il tema sociale riguardante il modo in cui le classi inferiori venivano "usate" a fini bellici. La partecipazione delle masse contadine sarde alla Grande Guerra fu in effetti un momento di passaggio fondamentale che pose in termini completamente nuovi la "questione sarda". Alla luce delle lotte condotte dal movimento socialista dell'epoca (la rivoluzione russa fu essenzialmente una rivoluzione contadina) essa divenne infatti il leitmotiv di un imponente moto di popolo che, nell'immediato dopoguerra, coinvolse ampi strati delle classi lavoratrici sarde. Fra i suoi organizzatori, Lussu fu uno dei più attivi ed amati. Alla fine della guerra, insieme a Camillo Bellieni ed altri reduci, Lussu fondò il Partito Sardo d'Azione, da subito connotato come movimento autonomista e federalista, che pose al centro della sua azione politica la "questione nazionale sarda". Fu un movimento di massa che coinvolse i contadini e pastori sardi in nome della distribuzione delle terre e dei pascoli, contro i ricchi possidenti agrari e i partiti politici da loro sostenuti. Il partito fu munito di personalità giuridica e venne formalmente costituito nel 1921, con l'obiettivo non certo accessorio di contrastare la crescita del movimento dei Fasci. Nello stesso anno Lussu fu eletto alla Camera dei deputati e fu in seguito tra i deputati della "secessione aventiniana", famosa forma di protesta dopo il delitto Matteotti. Nonostante una prima sottovalutazione del fenomeno fascista, la sua posizione fu in seguito tra le più radicali e nette. Fu più volte personalmente e fisicamente colpito (e ferito) da aggressori rimasti ignoti. Nel 1926, durante uno di questi attacchi (per combinazione subíto lo stesso giorno dell'attentato a Mussolini, a Bologna), Lussu sparò ad uno degli aggressori che cercavano di introdursi nella sua casa di Cagliari, lo squadrista morì in seguito alla ferita, e Lussu venne perciò arrestato e processato. Gli fu riconosciuta la innegabile circostanza di legittima difesa, ma poco tempo dopo fu condannato a 5 anni di confino a Lipari dal Tribunale Speciale. Dal confino Lussu evase nel 1929 insieme a Carlo Rosselli e Francesco Fausto Nitti, che narrerà l'avventurosa evasione nel libro Le nostre prigioni e la nostra evasione pubblicato in edizione italiana solo nel 1946 (del 1929 è la prima edizione in inglese col titolo di Escape) per raggiungere Parigi, dove scrisse un libro sugli avvenimenti di quel decennio (La catena). Insieme a Gaetano Salvemini e allo stesso Rosselli diede vita al movimento antifascista "Giustizia e Libertà", ideologicamente orientato in senso socialista liberale, che proponeva metodi rivoluzionari per abbattere il regime e sradicare dalla società italiana le sue cause (culturali, economiche, politiche); compì le sue attività clandestine con il nome in codice di "Mister Mills". Nel 1936 fu in Svizzera per curare la tubercolosi contratta in prigionia, e qui scrisse un libro di stile manualistico sulla teoria dell'insurrezione. Prese parte alla guerra civile spagnola nel fronte antifranchista (anche se soltanto brevemente, a causa delle sue cattive condizioni di salute). Il suo ritorno in Italia (e in Sardegna) avvenne solo dopo l'armistizio del 1943, in un paese ben presto occupato dai nazisti. Dopo la fusione di Giustizia e Libertà e Partito d'Azione, diventato uno dei leader della nuova formazione politica, partecipò alla Resistenza a Roma, mantenendo comunque stretti rapporti con il Partito Sardo d'Azione. Come esponente di punta dell'ala socialista del partito guidò lo scontro contro la corrente liberaldemocratica di Ugo La Malfa, un conflitto che fu la causa scatenante della scomparsa del Partito d'Azione. Il tormentato rapporto di Lussu con la dirigenza moderata e conservatrice del partito sardo post-bellico sfociò nel '48 in una rottura: la corrente lussiana fondò un nuovo partito (il Partito Sardo d'Azione Socialista), che confluì di lì a poco nel PSI. Nel 1945 fu ministro nel primo governo di unità nazionale dell'Italia libera, quello presieduto per breve tempo dall'azionista Parri e nel successivo governo del democristiano De Gasperi. Nel 1964 partecipò alla scissione del PSI da cui nacque il PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria) contro la politica di intese con la Democrazia cristiana avviata da Nenni. Tuttavia guardò con crescente distacco a questa nuova esperienza mano a mano che il PSIUP entrò sempre più nell'orbita del PCI. La sua vecchiaia operosa lo vide scrivere importanti pagine di storia (fra le quali quelle dedicate alla vicenda del Partito d'Azione), e fu sempre in contatto con la sua terra, dei cui problemi discusse fino all'ultimo. Morì a Roma nel 1975. Il cambiamento di posizione concettuale rispetto alla guerra fu oggetto di intensa discussione nel mondo politico, più che in quello letterario: prima giovanissimo interventista, poi, nell'esilio imposto dai fascisti, autore di un manuale sull'insurrezione contro la tirannide (Teoria dell'insurrezione), e poco tempo appresso autore di un testo che sarebbe difficile non definire come pacifista; poi ancora volontario in Spagna, Lussu consegnava ai critici un'impostazione ideologica ed etica originale, anche se non priva di aspetti problematici. Su di essi gli avversari politici (dai fascisti agli indipendentisti sardi reazionari; dai clericali agli stalinisti) tentarono di speculare per mettere in ombra il suo percorso politico e umano, improntato ad uno schietto ed intransigente socialismo libertario, sardista e federalista. Fu interventista democratico (e non nazionalista, come molti di coloro che poi confluirono nel movimento fascista nel primo dopoguerra) all'età di 23-24 anni: l'esperienza drammatica della guerra gli fece capire l'assurdità di questa grande carneficina e ne trasse una serie di insegnamenti che poi ispirarono molta parte delle sue successive scelte politiche. Lottò infatti al fianco dei contadini e pastori sardi per il loro riscatto e si oppose alle dittature fasciste e naziste in nome dei principi di giustizia sociale, libertà, autonomia. In quest'ultimo caso, fu consapevole che la vittoria sarebbe stata raggiunta (come in effetti fu) soltanto militarmente: da qui l'organizzazione degli Arditi del popolo contro gli squadristi fascisti; la progettazione di un'insurrezione antifascista e repubblicana in Sardegna; l'intervento nella guerra di Spagna con le Brigate internazionali e la partecipazione alla lotta di liberazione nelle fila del Partito d'Azione. Affermare, come alcuni fanno ancora oggi, "il repentino abbandono della "causa sarda", unito alla singolare "rinnegazione della sua terra" nel caso di Lussu è un falso storico. Non solo non rinnegò mai le sue radici sarde ma disprezzò sempre chi lo fece; restò in contatto sia personale che epistolare con numerosi esponenti del mondo politico sardo (compresi quei sardisti dai quali si era allontanato al momento della scissione); visitò, anche in qualità di uomo politico, numerose volte l'isola, ed il paese natale di Armungia; in parlamento difese le pur deboli prerogative concesse dallo statuto autonomista sardo (consapevole che si trattava di ben poca cosa rispetto all'autogoverno derivante dalla trasformazione federalista dello Stato, obiettivo per cui lottò una vita) e richiamò l'attenzione del governo e delle altre forze politiche sulla necessità di migliorare le condizioni economiche e sociali del popolo sardo e, in particolare, delle sue classi lavoratrici e proletarie (si vedano i due volumi dei suoi Discorsi parlamentari e la raccolta postuma di interventi Essere a sinistra). Il libro Un anno sull'altipiano resta un capolavoro ed è usualmente letto come opera letteraria in sé, ma di fatto è un manifesto politico. Lussu sposò Joyce Salvadori, poetessa marchigiana, partigiana ed intellettuale di notevole talento, i cui primi lavori furono apprezzati da Benedetto Croce (di Joyce si vedano i libri autobiografici L'olivastro e l'innesto, Fronti e frontiere; molto belle sono anche le sue traduzioni del poeta turco Hikmet). Ebbero un figlio, Giovanni, che oggi è un affermato grafico editoriale. Crisantemi di Corinth

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