venerdì 21 marzo 2008

Benedetta Cambiagio Frassinello

Albert Edelfeld Benedetta Cambiagio Frassinello (Langasco 1791 - Ronco Scrivia 1858) è una santa della Chiesa Cattolica, fondatrice delle Suore Benedettine della Provvidenza. Nata il 2 ottobre 1791 a Langasco, un paesetto dell'entroterra di Genova, attualmente frazione di Campomorone sulle pendici dell'Appennino Ligure. Il padre Giuseppe e la madre Francesca Ghiglione erano contadini ed ebbero altri cinque figli. Dopo i rivolgimenti napoleonici la famiglia vide aggravarsi i problemi economici ed insieme ad altre famiglie di Langasco, emigrò nel 1804 a Pavia quando Benedetta aveva tredici anni. A Pavia i Cambiagio si occuparono di un piccolo commercio di verdure e granaglie. Benedetta attese allo studio soprattutto come autodidatta, privilegiando la lettura delle biografie dei Santi e l'apprendimento della dottrina cristiana. Nel 1812 Maria sua sorella maggiore si sposò. Per lei però il futuro si presentava problematico: da un lato si sentiva attratta verso un modello di vita religiosa ed ascetica, dall'altro avvertiva la spinta a calarsi nell'azione concreta dell'amore che nutriva per i poveri, i diseredati, gli emarginati. Intorno all'età di 20 anni ebbe un forte impulso per la preghiera e la vita contemplativa ma forse nel dubbio prevalse il parere della famiglia più propensa al suo matrimonio. Si sposò il 7 febbraio 1816 presso la basilica di San Michele, con Giovanni Battista Frassinello, contadino e falegname, nativo di Ronco Scrivia e trasferitosi dalla Liguria a Vigevano, dotato anche lui di un'intensa e viva fede cristiana. Insieme aprirono una bottega per la vendita di frutta e verdura in Strada Nuova. Il matrimonio fu vissuto da entrambi come una scelta libera e poco dopo inconsueta; in quanto dopo due anni di vita coniugale non avendo avuto figli, di comune accordo scelsero di vivere come fratello e sorella. Infatti il forte desiderio di castità di Benedetta Cambiagio contagiò anche il coniuge. A tal proposito racconta Benedetta Cambiagio nelle sue Memorie: vissi per due anni a lui soggetta, come comanda il Signore. Ma il mio desiderio era di vivere come fratello e sorella. Il perché un dì pregai il marito a secondarmi in questo mio desiderio, che ebbi fin da fanciulla: il che subito mi concesse con infinita consolazione dell'anima mia, che altro non desiderava. Nel frattempo era tornata a Pavia sua sorella Maria affetta da un cancro intestinale e i due coniugi Frassinello la accolsero in casa per accudirla fino alla sua morte avvenuta dopo alcuni anni. Accanto alla sorella ammalata crebbe nei due coniugi la vocazione ad aiutare chi ha necessità, senza porsi riserve. Questa dimensione spirituale, rarissima anche nelle vicende dei santi, fece in modo che i due coniugi decisero entrambi di consacrarsi a Dio. Giovanni Battista nel 1825, entrò come fratello laico nei Somaschi; Benedetta dopo un tentativo fallito di ritirarsi presso le suore cappuccine di Genova, riuscì ad entrare nel monastero delle Orsoline a Capriolo nel bresciano, dove erano ospitate alcune monache disperse dalle soppressioni napoleoniche. Dovette però abbandonare pochi mesi dopo il monastero per la comparsa di gravi problemi di salute. Tornò in famiglia a Pavia ed iniziò quindi un periodo di preghiera durante il quale si narra che ebbe la visione di San Girolamo Emiliani che intercesse per la sua guarigione; effettivamente questa si compì in modo rapido e prodigioso. Da allora ella si ispirò a questo grande santo che aveva particolarmente avuto attenzione per l'aspetto educativo delle persone. Benedetta Cambiagio decise di voler aiutare le ragazze abbandonate dalle famiglie e quelle che comunque erano in situazioni disagiate. In questa sua opera chiese ed ottenne l'autorizzazione del Vescovo Monsignor Luigi Tosi che sembra abbia avuto in sogno l'idea di richiamare a Pavia anche il marito Giovanni Battista affinché coadiuvasse la consorte in quest'opera. Nel 1826 cominciò la sua opera con una scuola festiva nella casa paterna; poi prese un'abitazione in affitto il 29 settembre 1826 in Vicolo Porzi. Non si risparmiava e giunse a chiedere gli aiuti necessari per la sua impresa facendo la questua di casa in casa. Attraverso l'educazione era intenzionata a contrastare la solitudine, l'ignoranza, la povertà che sono alla base del malcostume e dello sfruttamento. Nell'universo totalmente femminile nel quale agì, l'essere coniugata la aiutò a dare nuove risposte ad antiche domande, con "cuore indiviso"; dirà in seguito: Io non ho mai nutrito affetto a persona alcuna. Eppure avevo un cuore, come tutti abbiamo, fatto per amare e facilissimo ad attaccarsi. Finalmente un "pio cittadino" Angelo Domenico Pozzi, signore ricco e filantropo donò un palazzo di sua proprietà all'"Istituto" che stava sorgendo dall'intuizione di Benedetta Cambiagio. Il dono di questa grande casa situata in via San Giovanni in Borgo offrì spazio e solidità all'istituto. Esso non nacque propriamente come un orfanotrofio ma come una casa e una scuola, perché Benedetta Cambiagio sapeva bene che la libertà e la dignità si appoggiano anche sull'istruzione. Alle ragazze insegnava con l'aiuto di molte maestre, a leggere, a scrivere, a lavorare, insomma a vivere. L'aiuto che le davano molte giovani volontarie comportò la necessità di formulare delle regole che furono approvate dalle autorità ecclesiastiche. La sua opera si inserì quindi nella crescita sociale della città di Pavia, a quei tempi governata dall'Impero Austro-Ungarico e dalle autorità fu insignita del titolo di Promotrice della Pubblica Istruzione. Benedetta dirigeva l'istituto in piena autonomia, con rispetto dell'autorità civile e obbedienza a quella ecclesiastica, con lo spirito pratico della negoziante ma con abbandono alla Provvidenza. Le strade che ogni giorno percorreva, tortuose e in discesa verso il Ticino, erano quelle delle case affollate e fatiscenti, dei lupanari; quelle dove più frequenti passarono i funerali durante il colera del 1835. Il suo primo biografo, don Giacomo Semino, che la conobbe personalmente, ne diede un ritratto con tocco manzoniano: "E qui non debbo tacere come ella avesse in volto una cotal aria tra il maestoso e l'amabile, sicché appariva subito fatta per dirigere la giovane età. Aveva un dir soave e dolce, un fare sciolto e manieroso, tutt'insieme energico e forte, che riscuoteva da tutti amore e reverenza". Ma non tutto scorreva liscio. La realizzazione di quest'opera educatrice richiedeva fondi ed il 4 febbraio 1837 il giornale "La Gazzetta di Pavia" promosse una sottoscrizione finalizzata ad aiutare Benedetta Cambiagio. Questa iniziativa fece emergere allo scoperto molti suoi oppositori. Le furono fatte pesanti accuse e fu denigrata pesantemente. Ella d'altra parte tentò di dimostrare la sua trasparenza lasciando la guida dell'istituto ad un'altra collaboratrice Caterina Bonino ed intestando tutta la sua opera al Vescovo. A questo punto della sua biografia mancano documenti che dicano con certezza perché ad un certo momento la Cambiagio rimase sola e malvista. Forse fu una pia esagerazione l'aneddoto che la vede, travestita da uomo, entrare in un postribolo per distoglierne una ragazza; forse è più verosimile l'ostilità di famiglie altolocate alle quali negò le sue alunne come domestiche, non fidandosi dell'ambiente che avrebbero trovato; e così forse non si può spiegare tutto con la presenza di ecclesiastici di idee gianseniste consiglieri del Vescovo Luigi Tosi oppure per la presenza di funzionari massoni nell'amministrazione pubblica della città. Il fatto è comunque che nel 1838 anche il sostegno del Vescovo le venne a mancare e Benedetta dovette lasciare Pavia e l'Istituto. Sembrò la fine ma fu un altro inizio. Si recò a Ronco Scrivia ed aprì con cinque maestre e l'aiuto del marito, una nuova scuola per fanciulle. Acquistò alcune case e finalmente fondò il 28 ottobre 1838 la Congregazione delle suore Benedettine della Provvidenza. La congregazione fu posta subito sotto l'autorità del Vescovo di Genova. La congregazione si ampliò abbastanza rapidamente e nel 1847 aprì una sua sede a Voghera che divenne autonoma nel 1898 per decreto del Vescovo di Tortona. Pavia però rimase un punto di riferimento per la Congregazione. Nel 1851 Benedetta vi ritornò chiamata dal conte Giovanni Dessi preoccupato dall'aumento delle condizioni di miseria dopo le guerre del 1848. In incognito il conte comprò l'ex-monastero di San Gregorio. Qui Benedetta aprì una nuova casa per fanciulle, mentre continuava a dirigere quella di Ronco Scrivia. Furono anni per lei e il marito molto impegnativi, mentre non si placavano le accuse dei suoi soliti denigratori pavesi. Nel 1857 si aprì un'altra scuola a San Quirico un paese in Valpolcevera. Il 21 marzo 1858 intorno a mezzogiorno, all'età di 67 anni, si dice nell'ora e nel giorno da lei stessa previsti, muore santamente a Ronco Scrivia. Fu sepolta nel cimitero del paese di Ronco Scrivia che però durante la seconda guerra mondiale subì un bombardato delle forze alleate, motivo percui i suoi resti mortali andarono perduti per sempre. La vera radice della sua congregazione rimase sempre la "Pia Casa delle Figlie Derelitte" di via San Giovanni in Borgo a Pavia, seppure gestita da religiose di un altro ordine. È solo nel 1961 che le Suore Benedettine della Provvidenza ebbero la possibilità di condurre l'antico istituto che oggi è chiamato "Casa Benedetta Cambiagio", moderna struttura educativa, organizzata in nuclei "familiari" con educatori laici. Dopo la sua beatificazione celebrata il 10 maggio 1987, il 19 maggio 2002 il Papa Giovanni Paolo II ha canonizzato questa piccola e grande Santa della carità cristiana. Viene commemorata il 21 marzo. Le attese sono ora per le sue figlie spirituali, le Benedettine della Provvidenza, che pur ridotte di numero (sono circa 120 in 25 case) continuano la loro infaticabile opera in tutto il mondo. Fonte:

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