venerdì 7 novembre 2008

I bambini ci guardano

Millais/CinderellaIl legale della madre: «Non volevano ferirlo»
Liti davanti al figlio? «Maltrattamento»
Chiesto il rinvio a giudizio per due genitori in fase di separazione: «Hanno causato sofferenza al bambino»
MILANO — Il papà e la mamma che, mentre il loro matrimonio va a rotoli, litigano sotto gli occhi del figlio «attribuendosi reciprocamente la responsabilità della separazione coniugale con conseguente sfaldamento familiare», e «imputandosi a vicenda insufficienze e errori educativi nei confronti del figlio» fino a «screditare e svalutare l'altra figura genitoriale innanzi al minore», già solo con questo comportamento incorrono nel reato di «maltrattamento» del figlio per la «sofferenza psicologica cagionatagli»: è la valutazione, senza precedenti, in base alla quale la Procura di Milano chiede il rinvio a giudizio di due genitori, in fase di separazione e divorzio, proprio per l'ipotesi di «maltrattamento» del loro figlio 12enne, al quale «l’iperconflittualità genitoriale» avrebbe provocato «una sindrome ansioso-depressiva con conflitto di lealtà e scissione emotiva», «problemi di concentrazione», e «ritardo nell’apprendimento scolastico». La rilevanza del caso giudiziario è proporzionale alla sua assoluta ordinarietà e, dunque, al suo potenziale riverbero su chissà quante altre situazioni analoghe. Non è, infatti, che i due coniugi in lite (di cui qui si ometterà anche la cittadina di residenza nell’hinterland milanese per non consentire l’identificazione del minore) picchiassero il figlio o lo ingiuriassero: al contrario, erano marito e moglie assolutamente «normali» nel litigare all’interno di una coppia ormai «scoppiata». Ma il pool «reati contro soggetti deboli» della Procura, coordinato dal pm Marco Ghezzi, sulla scorta di una consulenza affidata alla psicologa Luisa Dalla Rosa, ha ritenuto di tentare di aprire una strada sinora mai battuta: il processo ai genitori (che il giudice Cesare Tacconi deciderà se disporre o meno nell’udienza preliminare fissata al 2 dicembre) quali artefici nel figlio di «sofferenza psicologica». Anni di contrasti in famiglia sono innegabili, obietta l’avvocato Piero Caprera che difende la madre, «ma nella contestazione proposta dal pm Antonio Sangermano non credo sia ravvisabile l’elemento del dolo»: i genitori non litigavano «per» fare del male al figlio, è l’argomentazione difensiva. E se non c’è dolo, per la difesa neppure è immaginabile una «negligenza» nella coppia che si separa, perché altrimenti essa dovrebbe essere contestata (secondo la difesa) al 90% di chi si lascia tra liti, strepiti e lacrime davanti ai figli. Il tenore dell’imputazione, non priva del rischio anche di una non tenuta in Tribunale, sembra però proprio voler prendere le misure al conclamato vezzo, sempre più ricorrente nella quotidianità dei tribunali, di strumentalizzare i figli da parte di genitori in rotta tra loro. Padre e madre, secondo l’accusa, «alla presenza del figlio minore si sono assunti gravi responsabilità idonee a minare la credibilità di ciascun genitore», hanno «confuso e proiettato al figlio i propri reciproci sentimenti e in particolare la rabbia, in modo da inoculare nel bambino la convinzione che ciascuno dei suoi genitori odiasse l’altro». E nonostante la consapevolezza progressivamente acquisita delle problematiche psicologiche indotte nel figlio dai loro litigi («tanto che il minore riferiva di sentirsi male quando i genitori litigavano o di essere dilaniato dal conflitto genitoriale»), padre e madre avrebbero ugualmente «attuato manipolazioni induttive e strumentalizzato il minore al fine di accattivarsene la disponibilità a favorire soluzioni di affidamento rispettivamente convenienti».
Luigi Ferrarella07 novembre 2008 Corriere della Sera

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