venerdì 19 dicembre 2008

I rimedi della nonna

Mongrell TorrentScienza contro rimedi popolari "Le cure della nonna? Inutili"
Due ricercatori americani smontano le credenze più diffuse. Un cappello non riscalda tutto il corpo. E mangiare di sera non fa ingrassare di più dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI
LONDRA - Sono le cure, i rimedi e le convinzioni dettate dalla saggezza popolare: i consigli della nonna, o della mamma, tramandati di generazione in generazione. Mettiti qualcosa di caldo in testa, che fuori fa freddo. Non mangiare a mezzanotte, che ingrassi. Dai meno zuccheri ai bambini, che se no diventano iperattivi. E via dicendo. Ma due studiosi americani li hanno sottoposti a un rigoroso esame scientifico ed è risultato che sono tutti falsi: i rimedi non servono a niente, i pericoli non esistono. A partire dalla cura per l'hangover, come si chiama in inglese il mal di testa da mattino dopo la sbornia, anzi le cure, perché ogni paese, e ogni nonna o mamma, ne conoscono una: da bere due litri d'acqua a ingurgitare un caspio di banane, da riempirsi di aspirina prima di coricarsi a trangugiare una birra appena alzati. C'è perfino chi suggerisce, qui in Inghilterra, un breakfast a base di uova fritte e pancetta, come panacea per riacquistare piena coscienza di sé dopo avere alzato troppo il gomito. Sentenziano i due accademici: tutte schiocchezze. Il verdetto di Rachel Vreeman e Aaron Carroll, docenti di medicina dell'
Indiana University, è stato pubblicato sull'autorevole British Medical Journal e ripreso oggi da vari quotidiani del Regno Unito. L'argomento, a cominciare dal mal di testa del giorno dopo, è appropriato, perché le festività imminenti di Natale e Capodanno promettono libagioni esagerate per tutti (almeno per tutti quelli che possono permettersele).
"Nessuna prova scientifica conferma l'utilità di qualsivoglia rimedio comunemente citato per un problema di questo genere", scrivono i due ricercatori, concludendo che esiste una sola cura per l'hangover: lasciar passare un po' di tempo. Per cui si può anche sostenere, ribaltando la logica, che qualsiasi cura fa sparire il mal di testa da sbornia, basta aspettare un po'. Simile giudizio per un cappello, colbacco, passamontagna o quant'altro, come sistema per resistere al freddo ed impedire al calore del corpo di disperdersi. L'opinione dominante è che metà della tempratura corporea se ne vada dalla testa, perciò bisognerebbe tenerla coperta. Ricerche apparse su varie pubblicazioni scientifiche, tuttavia, smentiscono la tesi, indicando che non c'è alcun rapporto speciale tra la testa e la perdita di calore. Qualunque parte del corpo esposta al freddo registra una perdita di calore: se mettiamo un uomo in costume da bagno all'aperto in un giorno d'inverno, sottolineano i due scienziati dell'Indiana University, dalla testa perderebbe soltanto il 10 per cento del calore corporeo. L'idea che una persona perderebbe meno calore ad uscire di casa senza pantaloni, anziché senza cappello, è assolutamente priva di fondamento. Altra convinzione diffusa è che chi si abbuffa a tarda sera ingrassa più rapidamente, perché il corpo non ha il tempo di bruciare e consumare le calorie così acquisite. Perciò la saggezza popolare ammonisce a non mangiare niente subito prima di andare a dormire. Falso, obietta l'articolo del British Medical Journal: le prove scientifiche dicono che quello che conta è cosa mangiamo, quanto mangiamo e quanto esercizio facciamo durante il giorno. Vari esperimenti dimostrano che non c'è alcun rapporto tra il mangiare tardi e l'aumento di peso. Un altro mito legato al cibo è la dieta troppo ricca di zuccheri, che renderebbe i bambini iperattivi, scatenati, incontrollabili: una dieta sbagliata e un eccesso di zuccheri possono essere nocivi per altre ragioni, affermano i medici americani, ma non esistono prove di maggiore iperattività in bambini con una dieta ad alto contenuto di zuccheri in confronto ad altri che ne mangiano di meno. In un test in cui sono stati date a dei bambini delle bibite prive di zucchero, senza dirlo ai genitori, i genitori hanno continuato a definire iperattivo il comportamento dei figli: "La differenza non era nello zucchero, ma nella mente dei genitori", concludono i due ricercatori.
(18 dicembre 2008)
Repubblica

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