lunedì 22 dicembre 2008

La barca di Gesù

Arcangelo Michele/Hans Memling c1479Venne scoperta vent'anni fa nel lago di Tiberiade, in Israele
Pellegrinaggio alla «barca di Gesù»
Con il radiocarbonio è stata datata al I secolo d. C. Se Cristo non la usò, quasi certamente la vide
dal nostro inviato Francesco Battistini

LAGO DI TIBERIADE (Israele) – Qualcuno s’inginocchia e prega. «Soprattutto i russi». Qualcuno apre il Vangelo e legge ad alta voce. «È un momento scioccante, se uno ci crede». Crederci o no, questo grosso guscio di legno, scorticato e restaurato, sorretto da stampelle d’alluminio, ormai è una reliquia. Per tutti, la Barca di Gesù. Per i tour operator in Terra Santa, un’altra irrinunciabile tappa: i pullman scaricano ogni giorno pellegrini convinti, sul piazzale del museo Yigal Alon. Le frecce indicano il percorso, s’attraversano i frutteti e gli ulivi del kibbutz di Ginossar, s’entra in una sala illuminata e a temperatura calibrata. La barca è lì: lunga otto metri, larga quasi due e mezzo, alta uno e 25. Ha ancora i chiodi e qualche pezzo di ceramica, gl’indizi che hanno permesso di datarla al radiocarbonio, I secolo dopo Cristo, di studiare le tecnica di costruzione dello scafo e alla fine di dirlo quasi con certezza: se Gesù non ci navigò, come minimo la vide.
SCOPERTA VENT'ANNI FA - La barca di Gesù fu scoperta per caso più di vent’anni fa, nel lago di Tiberiade. Furono i giornali dell’epoca a chiamarla subito così, ma il culto dei fedeli è cresciuto negli ultimi tempi, quando la storia di questo legno è stata ricostruita meglio. Accadde durante una stagione di grande siccità, il 1986: il livello dell’acqua scese al di sotto dei minimi storici e una mattina due pescatori del kibbutz, i fratelli Moshe e Yuval Lufan, per poco non speronarono la prua che affiorava. Il relitto venne portato a riva fra mille cautele, poi una squadra impiegò dodici giorni e dodici notti a ripulirlo del fango incrostato e della salsedine, quindi servì immergere quel che restava della chiglia in un bagno di sostanze chimiche, per un’altra settimana. La barca ha i segni di molte riparazioni e questo fa pensare sia stata usata per decenni, forse per un secolo intero, di generazione in generazione di pescatori. «E siccome il Vangelo cita almeno cinquanta volte barche e pescatori – dice Marina Banay, pr del museo – e Pietro e diversi apostoli erano pescatori che vivevano qui e lo stesso Gesù trascorse sul lago di Tiberiade parte della sua vita, per molti cristiani questa barca è qualcosa di speciale. L’emozione, vedere una barca proprio di quelle acque e di quell’epoca, è enorme».
DUE ARCOBALENI - Pescatori d’uomini, pescatori di pesci. Non si sa a chi appartenesse, se fosse d’un romano o d’un ebreo. Sappiamo che poteva portare fino a quindici persone, quattro ai remi, e che veniva usata sia per gettare le reti che per trasportare da una riva all’altra. Ma basta, questo, a presumere che fosse proprio quella barca che usavano Pietro, Giacomo e Giovanni, quella dove Gesù s’appisolò e che si riempì d’una pesca miracolosa, da dove fu facile scendere per camminare sulle acque, quella stessa barca che i discepoli, alla fine, abbandonarono per seguire il Messia? I biblisti sono più cauti degli archeologi. A fortificare i pellegrini nelle loro certezze, però, provvedono gli sbalorditi racconti dei due fratelli su quella mattinata: «Quando ci trovammo di fronte lo scafo che emergeva dal lago, di colpo smise di piovere. Gli uccelli smisero di cantare. E nel cielo comparvero due arcobaleni».
21 dicembre 2008 Corriere della Sera

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