martedì 27 gennaio 2009

Undicietrenta di Roberto Cotroneo

Flandrin/La moglieBattisti, una partita italiana di Roberto Cotroneo
Non c’è nulla da fare, la vicenda di Cesare Battisti non è più un problema diplomatico tra Italia e Brasile, sta diventando qualcosa di molto più grave. Oggi l’ambasciatore italiano in Brasile tornerà in Italia per consultazioni. È un atto durissimo, e per certi aspetti clamoroso. La tensione tra due paesi con una lunga tradizione di buoni rapporti diplomatici, in questo momento, appare perlomeno sorprendente. A questo punto finirà certamente che Battisti rimarrà rifugiato politico in Brasile perché nessun paese al mondo si espone con un parere del suo presidente e poi torna indietro sulle sue decisioni. Ed è francamente impensabile, essendo il Brasile una delle più grandi potenze del mondo, che l’Italia interrompa le relazioni diplomatiche.Ma non è in Brasile che da questo momento in poi si gioca la partita, bensì in Italia. Perché il caso Battisti riaprirà il nodo della soluzione politica sul terrorismo degli anni Settanta in Italia. Ed è un nodo che nessuno è in grado di tagliare o di sciogliere. Cosa fare? Accettare che un paese sovrano e importante conceda e legittimi gli omicidi di Battisti riconoscendo che quegli omicidi non erano altro che la parte più estrema e violenta di una guerra civile, di un progetto politico? Non era così e non può essere così. L’unica argomentazione sarebbe questa: passati trent’anni, avendo cambiato vita, diventando un signore che fa lo scrittore, che senso ha riaprire un caso del genere? Può essere non condivisibile, ma ha una logica. Peccato, e qui c’è davvero il problema, che Battisti non chieda una soluzione politica sulla base di una riflessione dolorosa e lucida sulla lotta armata. Tutti sappiamo che non ha mai detto una sola parola sulle sue vittime, non ha mai chiesto scusa ai familiari, ma in qualche modo, complice questa vicenda, è diventato un testimonial dell’inevitabilità della lotta armata in Italia, e del fatto che quella lotta armata poteva portare all’omicidio.Tutto questo è davvero inaccettabile, e lo è ancora di più perché è avallato da un paese sovrano, importante, tra i più grandi del mondo. Accettare questa decisione significa una sconfitta per tutti noi, e forse qualcosa di più: implica l’idea che prendere le armi contro un paese, un’intera società civile, contro cittadini comuni, può essere un male inevitabile o peggio una necessità. La vicenda Battisti allontana per sempre la soluzione politica sul terrorismo degli anni Settanta dai nostri scenari, ci fa tornare indietro, ci annichilisce. Non servono più a niente anni e anni di riflessioni di tutti i protagonisti della lotta armata in Italia, le parole di perdono che hanno speso per i familiari delle vittime, i pentimenti autentici di chi ha vissuto quegli anni e ha provocato vittime, la riflessione critica dei dissociati o anche soltanto di chi ha voluto scontare fino in fondo i suoi conti con la giustizia. È tutto azzerato, in quel sorriso beffardo che Battisti mostra davanti ai flash dei fotografi.L'Unità

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