domenica 15 febbraio 2009

Il commento di Scalfari

KieselLa Chiesa del dogma in conflitto con lo Stato
di EUGENIO SCALFARI
Voglio oggi intervenire ancora una volta sul tema della nostra Costituzione e dei rapporti tra di essa e la Chiesa cattolica. Cioè, per essere ancora più concreti e per delimitare con precisione l'argomento, tra lo Stato repubblicano e costituzionale e la Santa Sede e gli organi gerarchici che da lei dipendono. Si tratta d'un tema di permanente attualità; infatti ha connotato gran parte della vita pubblica italiana, sia durante la monarchia sia durante la Repubblica, attraverso le varie fasi susseguitesi in centocinquant'anni di storia: il periodo liberale, il regime fascista, il quarantennio democristiano e infine gli ultimi quindici anni a partire dal 1992, la fase di transizione tuttora in corso che ci porterà non sappiamo dove, una terra incognita resa ancora più incerta a causa della profonda crisi economica che sta squilibrando gli assetti sociali del mondo intero. Altre persone qualificate si sono cimentate su quest'argomento. Ne cito alcune: Gustavo Zagrebelsky anzitutto, ed anche Schiavone, Prosperi, Magris, Rodotà, Mancuso. Il caso Englaro con tutto il carico di drammaticità e di umanità sofferente di cui era pervaso, ha sottolineato l'attualità del tema rendendolo ancora più palpitante e alzando i toni d'un conflitto che sembrava di natura soltanto intellettuale ed accademica e che coinvolge invece sentimenti universali come la sofferenza e la pietà. Il rapporto tra una Costituzione liberal-democratica e la Chiesa chiama in causa quello tra la fede e la ragione, tra l'etica promanante dalla religione e la libertà di ciascuno. Infine tra la verità assoluta e quella relativa. Non c'è posto per l'indifferenza.
Margini per compromessi pragmatici esistono ed è bene che siano esplorati, ma sono esigui perché mettono in gioco principi e valori che non possono essere imposti né con la spada né con la dittatura delle maggioranze. Il tema dunque è di rilievo e non eludibile. * * * Quali sono i pilastri che sorreggono l'architettura d'una Costituzione liberal-democratica? si è chiesto nel suo intervento sul nostro giornale Gustavo Zagrebelsky. Ed ha risposto: il diritto di tutte le opinioni a confrontarsi, la garanzia di poter esercitare i diritti di libertà, l'eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge senza alcuna eccezione. Questa è ciò che noi chiamiamo la legalità costituzionale e che lo Stato deve garantire e tutelare. In questa visione è escluso per definizione che lo Stato possa avere un qualsiasi contenuto etico, cioè la realizzazione di un valore come propria finalità. Salvo uno: il valore cui deve tendere uno Stato liberal - democratico è appunto e soltanto quello di realizzare i principi sopra indicati. Ogni altro valore gli è estraneo; se mette in causa quei principi fondativi gli diventa avversario e al limite nemico. Si pone a questo punto la questione se gli sia estranea, avversaria o addirittura nemica la Chiesa cattolica. La risposta è il riconoscimento dell'estraneità. Lo Stato liberal-democratico e la Chiesa cattolica sono due entità (come del resto recita lo stesso Concordato) che non si incontrano: operano su piani diversi, si muovono su linee parallele all'infinito che non potranno mai convergere se non su obiettivi specifici e delimitati. Si può chiedere a questo punto perché io abbia ristretto il tema alla Chiesa cattolica e non consideri alla stessa stregua le altre chiese e le altre religioni. La risposta è semplice: la Chiesa cattolica è la sola che disponga di una struttura di potere e di gerarchia. Nessuna delle altre confessioni cristiane dispone di strutture gerarchiche e centralizzate, nessuna delle altre religioni storiche si è data un assetto politico. E' accaduto in qualche caso che uno Stato si sia identificato con una religione e per conseguenza che una religione abbia occupato uno Stato dando vita ad un regime teocratico. Quando e laddove questo è accaduto le sembianze e la natura dello Stato hanno inevitabilmente assunto fisionomia integralista, fondamentalista, totalitaria. I cittadini si sono trasformati in fedeli. Anche la religione si è trasformata: da movimento spirituale e partecipato è diventata una struttura di potere. I dissenzienti sono stati considerati non soltanto eretici rispetto all'ortodossia religiosa ma ribelli rispetto allo Stato teocratico. Queste sono le ragioni per le quali gli spiriti religiosi più consapevoli considerano il potere temporale della Chiesa cattolica come una devianza molto grave con l'effetto inevitabile di allontanare la Chiesa dal messaggio cristiano e dalla predicazione di Gesù trasmessa dai Vangeli: "Il mio regno non è di questo mondo" questa affermazione ricorre con frequenza in tutti i Vangeli, negli Atti, nelle lettere di Paolo alle prime comunità, nella tradizione patristica e in tutto il pensiero cristiano. Purtroppo la struttura gerarchica della Chiesa di Roma assunse fin dal III secolo la dimensione temporalistica come indispensabile garanzia della propria libertà. Da quel momento la prassi si discostò dall'affermazione di Cristo che puntava sul regno extraterreno disinteressandosi ed anzi rinunciando a qualsiasi tentazione di regno mondano. Rimase l'altra affermazione di natura però assai diversa: "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". Qui l'estraneità delle due sfere è simultanea e lascia quindi ampie zone di reciproca interferenza specie quando lo Stato può riempirsi di contenuti etici e la Chiesa di contenuti temporalistici. Questa situazione, dove le due parallele si incontrano, è all'origine di conflitti drammatici durati secoli, anzi millenni. Con un aspetto tuttavia positivo che è d'obbligo ricordare: la Chiesa cattolica è stata contaminata (nel senso positivo del termine) dalla modernità così come lo Stato è stato a sua volta contaminato dai principi dell'amore e della solidarietà. * * * Il Concilio Vaticano II fu il momento più alto di questa contaminazione. Dopo di allora ha avuto inizio un movimento di riflusso dapprima quasi impercettibile ed ora sempre più evidente, culminato pochi giorni fa con il rientro del movimento lefebvriano nella Chiesa di Roma. Un particolare, ma con valenze simboliche, liturgiche e dottrinali che non possono esser sottovalutate. E' vero, questi problemi riguardano soprattutto il clero e il laicato cattolico. Soprattutto, ma non esclusivamente. Il riflusso rispetto al Vaticano II si accompagna al risorgere di una visione temporalistica della Chiesa che non ha più come obiettivo il possesso e il governo d'uno spazio territoriale, di un regno terrestre da affiancare al regno celeste. Il temporalismo attuale ha l'obiettivo di trasformare ovunque sia possibile (e quindi specialmente in Italia, giardino del Papa per storica definizione) il peccato in delitto, il precetto dottrinale in norma, la legge divina in diritto positivo, l'etica religiosa in etica pubblica, con la conseguenza di imporre ai cittadini comportamenti ed obblighi non condivisi. Il terreno sul quale questo riflusso temporale pesa con maggior forza è quello della bioetica, della vita e della morte. Qui lo spazio pubblico del quale la Chiesa gode legittimamente si sta trasformando in un'arena di scontro nella quale la gerarchia episcopale e curiale guida i fedeli ad una battaglia che ha addirittura coinvolto il Capo dello Stato. Chi crede nell'immortalità dell'anima e nella beatitudine suprema che ristora le anime nel regno celeste e bandisce vere e proprie crociate per conservare una persona che non ha più nulla di quella che fu, commette un peccato mortale contro la vita, tanto più quando si tratti di vescovi, di cardinali e perfino del capo della Chiesa di Roma. * * * Il laicato cattolico non ha dato fin qui segnali rilevanti di preoccupazione per quanto sta accadendo nella sua Chiesa. Per quel che se ne sa segnali di disagio e di dissenso sono venuti piuttosto da vescovi e cardinali non italiani e da una parte non disprezzabile del clero italiano. Da alcune comunità locali e da alcune località di rilievo nazionale ed internazionale. Qualche segno di disagio è venuto anche da alcuni settori di cattolici direttamente impegnati in politica. Soprattutto nel Partito democratico, dove sono confluiti un anno fa gran parte degli ex popolari. I giornali hanno dato notevole rilievo ai parlamentari cattolici del Partito democratico che hanno votato in favore del disegno di legge governativo sul caso Englaro. E' giusto, ma non tanto per il dissenso con il proprio partito quanto per il fatto che quel disegno di legge impone un comportamento e impedisce l'esercizio d'una libera scelta, cosa che un parlamentare democratico dovrebbe rifiutare in forza della propria coerenza politica. Ma il fatto che ha avuto in quella circostanza un'importanza almeno pari se non addirittura maggiore è stato a mio avviso il voto dato da parlamentari cattolici in dissenso con il messaggio tambureggiante lanciato dalla Chiesa. Il tema comunque si riproporrà tra poco, quando sarà affrontata dal Parlamento la legge sul testamento biologico. è chiaro a tutti che su tali argomenti non può esistere una disciplina di partito, ma è altrettanto chiaro che un partito ha il diritto-dovere di esprimere pubblicamente l'atteggiamento della maggioranza dei propri aderenti. Il test che avremo sotto gli occhi in questa occasione non riguarda dunque il dissenso dei cattolici politicamente impegnati rispetto ai partiti nei quali hanno deciso di militare, ma il loro eventuale dissenso nei confronti del temporalismo cattolico, del distacco cattolico dal Concilio Vaticano II, della regressione dogmatica della gerarchia. Questo sarà il test cui saranno chiamati. La risposta che daranno sarà molto importante per l'evoluzione o l'involuzione della democrazia italiana e della Chiesa.
(15 febbraio 2009) Repubblica

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