lunedì 23 febbraio 2009

Undicietrenta di Roberto Cotroneo

De Laszlo/Duchessa di PortlandSanremo o Oscar, vincono gli affari
C’è uno scollamento ormai, di cui nessuno tiene più conto. Gli 8 Oscar a “The Millionare”, il film indiano su Bollywood, ha deluso i cinefili, che avrebbero voluto fossero premiati film più importanti. Sabato sera, una parte di spettatori del Festival di Sanremo, che ha avuto un trionfo di ascolti, sono rimasti delusi scoprendo che le tre canzoni in finale erano le più facili e le più popolari. Tra i big di Sanremo avrebbero preferito altri brani, non certo il ragazzino Marco Carta che cantava una canzone che fa il verso a un Baglioni d’annata: orecchiabile e banale. Per non parlare della canzone di Povia o quella di Sal Da Vinci. Ma bisogna tener conto che i premi importanti ormai obbediscono a una logica che è innanzi tutto di tipo commerciale, e non qualitativa. Vale per tutto. Si premia ciò che piace al pubblico, e i festival e i premi funzionano come amplificatori del successo. Al punto tale che il premio più importante al mondo, il premio Nobel per la letteratura, è rimasto l’ultimo premio marziano, e gli accademici di Svezia vengono considerati degli alieni che anziché scegliere i grandi nomi, importanti, di cui si parla molto, continuano a premiare scrittori di cui si sa poco e che pochissimi hanno letto. Ovvero Le Cleziò che prevale su Philip Roth.Dovrebbe funzionare come il Nobel, ma così non funziona più. A Los Angeles “The Millionare” batte "Il curioso caso di Benjamin Button" di David Fincher. E per tornare a Sanremo non vincono Patty Pravo o Francesco Renga che portano due canzoni sofisticate e non banali. Tra i giovani di Sanremo vince la deliziosa Arisa, con un brano che avrebbe potuto cantare il Trio Lescano cinquant’anni fa, e non quella straordinaria voce di Simona Molinari, forse la miglior scoperta di questo Festival di Sanremo. Ma è inutile continuare a pensare che i premi, i concorsi, i festival siano l’espressione di un élite di critici ed esperti che, pedagogicamente, segnala al pubblico la qualità dove il pubblico non ha gli strumenti per trovarla. Ma gli affari sono affari: si punta su quelli che venderanno. O perché fanno polemica sui gay, o perché hanno il bacino di ascoltatori di Gigi D’Alessio (Sal Da Vinci che cantava una sua canzone) o perché funziona il fenomeno “Amici” di Maria De Filippi per Marco Carta. E da domani “Amici” sarà il programma che ha trasformato in un big uno sconosciuto e gli ha fatto anche vincere Sanremo. E stupirsi vuol dire soltanto non saper leggere veramente gli eventi. Se tra venerdì e sabato scorso, a Festival ancora aperto, si andava sul più grande negozio on line di musica del mondo, iTunes Music Store, dove si comprano al computer canzoni e album, si scopriva che le canzoni di Povia e Marco Carta erano già prime in classifica tra i brani più scaricati. Quelli che cercano la qualità più alta devono trovare altre strade, come sempre. Nel cinema, nella musica, nella letteratura. E forse è giusto così. L'Unità

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