giovedì 19 febbraio 2009

Undicietrenta di Roberto Cotroneo

De LaszloUndicietrenta di Roberto Cotroneo
Berlusconi, Videla e le battute sui desaparecidos
Il repertorio delle cosiddette battute di Silvio Berlusconi si allunga a dismisura: le corna, gli scherzi dietro le tende, le barzellette sull’Olocausto. Ma l’ultima ha qualcosa di inquietante. In Sardegna Berlusconi ha detto, scherzando sui voli della morte, quelli che dal 1976 al 1983 la dittatura argentina usava fare per eliminare gli oppositori: «Li portavano sull’aereo poi dicevano: è una bella giornata, andate fuori un po’ a giocare». Nella realtà gli oppositori venivano prima torturati poi sedati, fatti salire su un aereo e poi spinti fuori dal portellone e gettati nel Rio de la Plata. La mirabile battuta di Berlusconi non è piaciuta al Governo argentino che ha convocato il nostro ambasciatore. Ora, è da un po’ di tempo che mi chiedo la ragione di queste battute, di queste inopportunità, di questa incapacità di capire che certe cose non si dovrebbero nemmeno pensare. Forse Silvio Berlusconi non sa che già dai primi anni del secondo dopoguerra ex nazisti ex fascisti, criminali e avventurieri trasferirono logistica, denaro, e contatti in Sudamerica per costruire quella rete anticomunista che ha operato in Europa per decenni. La ferocia della dittatura del generale Videla o di Pinochet viene anche da quel mondo, dagli ex criminali nazisti consiglieri dei dittatori argentini, da quel sottobosco disumano di fascismo eterno che ha operato in quei paesi impunito e protetto. Se lo sapesse non ci scherzebbe forse, perché è una storia che riguarda anche noi. Ma non lo sa, e parla a vanvera. Non fa ridere quello che ha detto. Non si spiega, non si capisce, ed è priva di pietà. Questa volta l’inopportunità della frase non è data dal fatto che lui è il presidente del Consiglio. Sarebbe inopportuna comunque: inopportuna anche se fosse stata detta dal verduraio del mercato sotto casa. Inutile ipotizzare dietrologie, l’unica cosa che si può fare è consigliargli un buon libro, che magari faccia il miracolo di renderlo più sensibile. L’autore è un ebreo cileno, si chiama Ariel Dorfman. Non è un “pericoloso comunista”, ma uno scrittore, un saggista e insegna nelle università americane. Ha scritto un libro, dolorosissimo, sul regime di Pinochet. Si intitola “L’autunno del Generale”. Dove a un certo punto racconta della disperazione dei parenti dei desaparecidos, che non può mai essere elaborato, perché «non c’è requie per le menti se non c’è requie per i corpi». E i dittatori cileni e argentini sapevano che oltre l’orrore della tortura, delle sevizie, dell’omicidio, la cosa più terribile per chi restava era non far mai ritrovare i corpi, in modo che il dolore dei congiunti - che non potevano piangere sulla tomba dei propri cari - diventasse eterno e ancora più intollerabile. Sono quelle stesse vittime, quelle che non hanno avuto neppure una sepoltura, su cui il nostro Presidente del Consiglio ha scherzato senza un minimo di buon senso, sono quelli gettati nel rio de la Plata da duemila metri d’altezza. Ma Berlusconi è giustamente preparatissimo sugli orrori del comunismo. Mentre sul fascismo eterno, sulle dittature sudamericane sa molto poco. Speriamo che trovi il tempo di documentarsi. L'Unità

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