domenica 15 marzo 2009

Il commento di Scalfari

HughesL'etica dei prefetti e le regole di Bretton Woods
di EUGENIO SCALFARI
SI riunisce il Gruppo dei 20 per esaminare l'andamento della crisi mondiale e per decidere della nuova "governance" economica e delle regole che dovranno presiedere il suo funzionamento. Non aspettiamoci conclusioni capaci di incidere concretamente sulla recessione in atto e sul rischio di una depressione che aleggia sull'economia reale come (se non peggio) quella che infuriò negli Usa e in Europa all'inizio degli anni Trenta del secolo scorso. Ci saranno energiche discussioni di principio ma nessuna indicazione operativa: è ancora presto, non esistono istituzioni in grado di guidare il mondo verso il futuro e neppure di immaginarlo, il futuro. Sarà la crisi a determinarlo. La volontà dei politici, delle banche, delle multinazionali, delle imprese, delle masse lavoratrici e consumatrici è così frammentata e dispersa da non sprigionare alcuna spinta e alcun indirizzo. Si parla con ragione di terre incognite e questa è, tra le tante oscillanti tra pessimismo e ottimismo, la definizione più paurosa. Significa che non esiste alcuna bussola e alcuna mappa; i naviganti procedono alla cieca senza sapere dove sono diretti e perché. Ma prima di affrontare un tema così suggestivo e arduo converrà fare il punto su alcune perduranti stranezze della situazione italiana. Ne parliamo e le segnaliamo da molte settimane ma esse continuano a costellare il nostro cielo economico senza essere rimosse ed anzi ogni giorno altre se ne aggiungono a complicare ulteriormente il quadro d'insieme. La più rilevante è il contrasto che oppone il ministro del Tesoro al governatore della Banca d'Italia. Il nostro è il solo paese in cui una così preoccupante contrapposizione si stia verificando. In una fase di tempesta per l'economia e la finanza, assistere ad un conflitto così inusuale tra le due maggiori autorità monetarie nazionali non è affatto rassicurante. Le banche e le imprese sono infatti in allarme e così pure le istituzioni di garanzia, a cominciare dal Capo dello Stato.
L'attacco parte dal ministro del Tesoro che ha tra i suoi obiettivi primari quello di erodere poteri e competenze alla Banca centrale all'insegna dello slogan del primato della politica. La crisi crea emergenze; queste richiedono interventi rapidi ed eccezionali. Quale migliore occasione per smantellare un'istituzione di garanzia, una magistratura economica che non trae il suo fondamento dal voto popolare e proprio per questo opera al di sopra delle parti e delle "lobbies" avendo di mira gli interessi generali del paese? Il ministro del Tesoro si è costruito al tempo stesso un'ideologia e una forza politica. Il primato della politica è l'ideologia, lo smantellamento delle istituzioni di garanzia è l'obiettivo, la forza politica proviene dalle condizioni di emergenza, in parte reali ed in parte create artificialmente affinché gli obiettivi desiderati si realizzino rapidamente. Questi obiettivi sono stati fin qui condivisi dal premier e da una maggioranza parlamentare ossequiente ad ogni richiesta e ad ogni spoliazione. Sembra ora che il premier cominci a nutrire qualche dubbio sui segreti pensieri e le coperte finalità del suo ministro del Tesoro, ma ormai la traccia è segnata ed è assai difficile cambiare percorso. Resistono nei modi più acconci a ciascuno di loro il presidente della Repubblica, il presidente della Camera, alcune banche e alcune imprese, l'opposizione politica con ritrovata incisività, alcune Regioni, le organizzazioni sindacali sia pure in ordine sparso. Resiste con sobria fermezza la Banca d'Italia. L'opinione pubblica assiste, per ora distratta e passiva, ad uno scontro che dovrebbe invece coinvolgerla in prima fila poiché è degli interessi di tutti i cittadini che si discute ed è di essi che ci si appropria usandoli pretestuosamente a vantaggio delle proprie tesi e contro le tesi degli avversari. Ma esiste ancora un'opinione pubblica? Oppure è già stata triturata e ridotta a poltiglia, folla occasionale animata da notizie che le televisioni registrano ed eccitano sostituendole poi con altre emozioni con la stessa facilità con la quale si cambia una veste e una maschera? L'ultima trovata di questo disdicevole spettacolo consiste nel controllo politico del credito affidato ai prefetti dal ministro del Tesoro. Saranno aperti appositi "osservatori del credito" presso venti prefetture corrispondenti alle province più importanti del paese. Dovranno ottenere dalle banche tutte le informazioni, aggregate e disaggregate, che decideranno di chiedere. Potranno anche ricevere sollecitazioni e denunce da parte di aziende e persone interessate a erogazioni creditizie. Confronteranno questi dati con quelli degli anni precedenti e segnaleranno al Tesoro situazioni di disagio, di difetto, di cattivo funzionamento del credito in un settore, in un luogo, in un istituto. La Banca d'Italia ha reagito ponendo alcuni punti fermi. Anzitutto ha ricordato che l'erogazione del credito per settori geografici e per comparti produttivi viene seguito e pubblicamente diffuso dal Bollettino mensile della Banca stessa e anche tramite Internet. I prefetti come qualunque cittadino possono quindi prenderne visione. Altrimenti possono ricorrere alle filiali regionali della Banca d'Italia che per compito di istituto elaborano e raccolgono quelle medesime informazioni. Non possono invece, i prefetti, rivolgersi direttamente agli istituti di credito e tanto meno accedere a singole operazioni tutelate dal segreto d'ufficio e note soltanto alla Centrale dei rischi della Banca d'Italia. Ogni passo ulteriore comporterebbe una violazione del segreto bancario e incorrerebbe in una palese incostituzionalità. Intanto però il nostro ministro del Tesoro persevera ed ha introdotto la norma sugli "osservatori" prefettizi nel decreto sulle emergenze economiche. La questione è grave in punto di fatto e in punto di diritto. Rappresenta infatti un'interferenza macroscopica nel delicatissimo terreno della vigilanza bancaria. In centocinquant'anni di storia dello Stato italiano la politicizzazione del credito è stata più volte tentata ma non è mai avvenuta, neppure durante il Ventennio fascista quando l'emergenza della crisi portò al fallimento dell'intero sistema bancario e industriale, alla nascita dell'Iri e alla proprietà pubblica delle grandi banche. Neppure allora la vigilanza sul credito fu affidata ai prefetti o ad altri organi che non fossero la Banca d'Italia. In tempi diversi dagli attuali un tentativo di tale anomalia sarebbe stato sepolto da una reazione generale dell'opinione pubblica, dei giornali e di tutte le istituzioni di garanzia. Questo ci dà la misura dei mutamenti antropologici avvenuti, ma accresce il nostro dovere di protesta, di critica e di denuncia contro una strategia che mira a governare a colpi di decreti e a smantellare qualunque dissenso in nome di una semplificazione di natura dittatoria che è ormai impossibile ignorare e sottovalutare. Il G20 aprirà la discussione sugli assetti futuri dell'economia e della finanza mondiale e sulle regole necessarie al loro funzionamento. Di fatto con questa riunione vengono derubricati ad organi di consultazione regionale i vari G7 e G8. Del nuovo Gruppo fanno parte la Cina, l'India, il Brasile, il Sudafrica ed altre potenze emergenti. Analogo allargamento è stato effettuato dal "Financial Stability Forum" presieduto da Mario Draghi. Il Fondo monetario internazionale si appresta a sua volta ad accrescere le quote di partecipazione dei paesi emergenti e a far entrare tra i soci quei paesi che finora ne sono stati esclusi. Si tratta insomma d'un adeguamento indispensabile alla nuova realtà economica mondiale. Diminuirà il peso degli Usa in questi organismi, diminuirà anche il peso dell'Europa. Insomma dell'Occidente nel suo complesso, di fronte all'emergere di paesi che stanno uscendo da un lungo sonno e da una lunga indigenza e rappresentano complessivamente quasi la metà della popolazione mondiale. Segnalo un'incongruenza molto significativa. In nessuno di questi consessi internazionali l'Unione europea ha una rappresentanza propria, come del resto non ce l'ha neppure nel Consiglio di sicurezza dell'Onu. Soltanto la Banca centrale europea è ammessa alle riunioni del Fondo monetario ma soltanto con il ruolo di osservatrice. Quando Ciampi, allora ministro del Tesoro, volle che il rappresentante della Bce prendesse la parola sulle comunicazioni del presidente del Fondo, non mancarono le proteste da parte di alcuni paesi dell'Unione europea. Questa situazione è aberrante. Cinquecento milioni di europei, un'area che è ancora tra le più ricche del mondo, i cui flussi sono i più elevati nel commercio internazionale e la cui moneta unica è la seconda dopo il dollaro nel sistema dei pagamenti mondiali, un'area che ormai coincide con uno dei cinque continenti del pianeta, non ha alcuna rappresentanza nelle massime istituzioni economiche. Questa assenza non può più essere protratta oltre e sarà inutile discutere di una nuova Bretton Woods senza che una lacuna così macroscopica non sia preliminarmente colmata. Quello che per ora è trapelato dai vari "think tank" radunati per l'occasione a Washington, a Londra, a Parigi, a Francoforte ed anche negli uffici del Tesoro a Roma in via XX Settembre, riguardano questioni interessanti ma marginali, come la messa fuori legge dei "paradisi fiscali", un censimento accurato dei titoli tossici e dei "derivati" in genere, il riassorbimento di tali titoli che attualmente costituiscono una massa di dimensioni fuori dall'ordinario. Oppure la declinazione in tutte le lingue di principi etici che dovrebbero essere posti a fondamento dell'agire economico. Come dire che bisogna creare un uomo nuovo capace di guidare le nuove istituzioni e farne rispettare le regole. Chi ha fede pensa che il Creatore stia in qualche parte del cosmo e che senza il suo intervento è inutile pretendere di creare in sua supplenza. Chi non ha fede si affida all'evoluzione della natura. Affidare un mutamento antropologico di queste dimensioni all'etica dei ministri del Tesoro e dei banchieri centrali è una barzelletta che non fa nemmeno ridere. Si sente anche parlare di un nuovo assetto monetario e si tira in ballo il "Bancor", moneta di riferimento al centro di una sorta di clearing multilaterale, immaginata da Keynes negli anni Trenta del secolo scorso, che oggi ad ottant'anni di distanza e nelle condizioni attuali non sarebbe neppure pensabile. Ma è esatto dire che il centro del problema passa per la moneta internazionale, le due funzioni distinte che essa può svolgere, quella di moneta di pagamento e quella di riserva del valore. Infine il sistema dei rapporti di cambio tra le varie monete circolanti nelle diverse aree del pianeta. Il tema d'una nuova Bretton Woods è quello dell'ordine monetario. Chi evade quell'argomento non ha alcuna idea seria da proporre, come lo shakespeariano Mercuzio che "parlava di nulla". Il secondo tema strettamente connesso a quello di un nuovo ordine monetario riguarda la distribuzione del reddito tra paesi ricchi e paesi poveri e, all'interno di ciascuno di essi tra ceti abbienti e ceti miserabili. è evidente che il problema della distribuzione riguarda, condiziona ed è a sua volta condizionato dall'ordine monetario e dal sistema dei cambi tra le diverse monete. Ho letto in questi giorni un bel libro di Tommaso Padoa-Schioppa che sta per uscire nelle librerie e che affronta queste questioni. Vi si possono trovare spunti importanti e profondi che possono giovare alla comprensione ed anche all'azione politica. Il dilemma per risolvere l'assetto delle monete e dei rapporti di cambio è anche se affidare la guida del sistema che nascerà ad un organo politico o ad istituzioni monetarie. Un democratico non avrebbe dubbi: ci vuole un governo politico mondiale. Un realista sa però che l'idea di un impero mondiale è futuribile all'infinito. Ne deriva che solo istituzioni monetarie molto forti possono per ora assumersi il compito basando le loro decisioni su automatismi che costringano gli interessi particolari dentro un quadro di equilibri e di competitività. C'è molto da studiare e da lavorare. Queste cose non si fanno per decreto legge. (15 marzo 2009) La Repubblica

4 commenti:

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie