Tiziano/Amor sacro amor profanoGiulia Gonzaga (Gazzuolo, 1513 – Napoli, 16 aprile 1566) è stata una nobildonna italiana. Figlia di Ludovico Gonzaga, signore di Gazzuolo, Sabbioneta, Viadana e Casalmaggiore, andò sposa appena tredicenne nel 1526 a Vespasiano Colonna (1480-1528), già vedovo di Beatrice Appiani e padre di una figlia di nome Isabella, conte di Fondi (ora in provincia di Latina) e duca di Traetto (oggi Minturno), suo cugino di 3° grado, maggiore di lei di 27 anni. Rimasta vedova dopo meno di tre anni, il 13 marzo 1528, fu erede del marito a condizione che non si risposasse, nel qual caso il patrimonio di Vespasiano sarebbe andato alla figlia Isabella. Fu proprio per questo motivo che i rapporti fra Giulia e Isabella furono sempre tesi: Giulia non si sposò più, mentre Isabella, sposatasi una prima volta proprio con un fratello di Giulia, Luigi Gonzaga, ebbe per figlio Vespasiano Gonzaga, che sarà un giorno duca di Sabbioneta e, dopo il nuovo matrimonio di Isabella, sarà Giulia a doversi occupare del piccolo Vespasiano. Si stabilì a Fondi, animando un piccolo ma raffinato circolo intellettuale nel locale Castello: la sua intelligenza e cultura, unita a una notevole bellezza, attirarono l'attenzione di importanti poeti del tempo, come l'Ariosto e Bernardo Tasso, il padre di Torquato, che le dedico diversi sonetti. Sembra che uno dei suoi più fervidi ammiratori sia stato Ippolito de' Medici, nipote di papa Clemente VII il quale, creato cardinale dallo zio nepotista, se non poté chiederla in sposa, non smise, malgrado la porpora, di corteggiarla, come dimostra la dedica nella sua traduzione dei primi sei libri dell'Eneide, nella quale si permette di scriverle che l'incendio del suo cuore, provocatogli da Giulia, è simile a quello di Troia, ed esso gli procura «affanni, sospiri e lagrime». Nella notte tra l'8 e il 9 agosto 1534, la città di Fondi fu attaccata dal corsaro Barbarossa il quale, a dar credito a un'interpretazione degli avvenimenti di difficile verificabilità, avrebbe cercato di rapirla per consegnarla in "dono" al sultano Solimano II il Magnifico. Riuscita a sfuggire al rapimento con una fuga avventurosa compiuta, naturalmente, in abiti discinti, il Barbarossa saccheggiò la cittadina e la vicina Sperlonga, ma fu poi respinto dalla strenua resistenza degli abitanti di Itri. Si è anche sostenuto che il tentativo del Barbarossa fosse stato sollecitato dalla famiglia Colonna che intendeva appropriarsi dei possedimenti della Gonzaga. Nella fuga fu aiutata dal cardinale Ippolito de' Medici, dal quale pare che ebbe un figlio illegittimo, Asdrubale de' Medici. Nel 1535 ricevette la visita di Juan de Valdés, scrittore spagnolo residente a Napoli, "in odore di eresia", con il quale si mantenne in contatto per tutta la vita. Nel dicembre si trasferì a Napoli, entrando nel convento napoletano di San Francesco delle Monache, ma mantenendo lo stato laicale. Fu conosciuta da Ortensio Lando che la descrisse come una donna che, «scordatasi della sua bellezza, ha tutti i suoi pensieri al cielo rivolti et è fatta nelle sacre lettere assai più esercitata che l'altre femine non sono nell'ago over nella conocchia». A Napoli Giulia conobbe nel 1536 anche Bernardino Ochino, famosissimo e trascinante predicatore, generale dell'Ordine cappuccino, che fuggì poi in Svizzera per sottrarsi alla persecuzione dell'Inquisizione, e frequentò il circolo del Valdés, che la fece protagonista del suo dialogo Alfabeto cristiano, pubblicato postumo nel 1546 a cura della stessa Gonzaga. Le teorie di Valdés, condivise dalla Gonzaga, consistono nel rifiuto delle forme esteriori della devozione, nell'abbandonarsi con fiducia a Dio che, avendo posto su Cristo la punizione delle colpe dell'umanità, ha dato prova di una capacità di perdono della quale l'uomo può avere fede assoluta e la fede è un'illuminazione dello Spirito Santo, non il risultato di un'analisi razionale delle Scritture. Con la sua morte, avvenuta nel 1541, il Valdés la fece erede di tutti i suoi scritti e Giulia proseguì le iniziative dello spagnolo, stabilendo contatti anche con il circolo che si riuniva a Viterbo nella casa del cardinale inglese Reginald Pole, vicino alle posizioni riformate. Quando, nel 1558, il cardinale Pole, rifugiato in Inghilterra, ingiunto di presentarsi a Roma davanti al Tribunale del Sant'Uffizio per rispondere dell'accusa di eresia, in punto di morte si dichiarò cattolico e obbediente al papa, la Gonzaga scrisse all'amico Pietro Carnesecchi di considerare «scandalosa» quella dichiarazione. Le sue frequentazioni con persone sospette di essere vicine alla Riforma protestante le procurarono le attenzioni dell'Inquisizione che cominciò a raccogliere prove per un processo d'eresia ma non se ne fece nulla, grazie all'intervento dei cugini, il cardinale Ercole e Ferrante Gonzaga. Giulia Gonzaga morì all'età di 53 anni, il 16 aprile 1566. Dopo la sua morte, il papa Pio V ottenne il sequestro della sua corrispondenza alla cui lettura disse che, se fosse stata ancora in vita, «l'avrebbe abrusciata viva». L'esame della sua corrispondenza con il Carnesecchi causò tuttavia l'apertura dell'inchiesta e del processo di eresia contro quest'ultimo, bruciato sul rogo il 1° ottobre 1567. Nei verbali del processo inquisitoriale contro il Carnesecchi, tanto la Gonzaga che il Pole che il Valdés, tutti ormai defunti, vengono descritti come eretici luterani. Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Giulia_Gonzaga
mercoledì 16 aprile 2008
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