martedì 4 novembre 2008

De Nittis/Che freddo!Sondaggio della Camera di Commercio britannica su mille dirigenti
Sei malato? Stai a casa e non fare l'eroe
I «capi» non apprezzano lo sforzo: si rende poco e si rischia di contagiare i colleghi
LONDRA – Altro che fannulloni: esiste un’altra metà del mondo lavorativo che si reca in ufficio anche febbricitante e, tra un colpo di tosse e uno starnuto, cerca di smaltire il lavoro quotidiano, immolandosi per il bene dell’azienda, specie in tempo di crisi. Peccato che il calvario cui si sottopongono gli eroi-dipendenti, quantomeno in Inghilterra, non basti per sedurre il capo che anzi, nella maggior parte dei casi, non condivide il martirio.
SONDAGGIO – Su mille dirigenti intervistati dalla
Camera di Commercio britannica, 750 hanno dichiarato di non apprezzare da parte dei propri dipendenti il lavoro a tutti i costi, anche quando si è in condizioni di salute decisamente precarie. Il lavoro da malati è scarsamente produttivo, si rischia di disturbare i colleghi con lamenti e rantolii e infine si spargono i germi, infettando anche le altre «risorse umane» e creando un pericoloso effetto domino.
IL SENSO DI COLPA - Va anche detto, per contro, che secondo un’indagine britannica separata il 57 per cento dei lavoratori per darsi malato deve stare veramente male e in ogni caso rimanere a casa a curarsi sotto le coperte suscita forti sensi di colpa. Il clima di crisi si aggrava, i confini tra lavoro e privato sbiadiscono e grazie alle tecnologie appare difficile per molti lavoratori staccare veramente la spina, anche di fronte ad un termometro impazzito. Forse ci vorrebbe un po’ più di chiarezza da parte dei boss, che dovrebbero manifestare con trasparenza le proprie convinzioni a questo proposito, evitando ai dipendenti sacrifici penosi quanto controproducenti. O forse basterebbe un pizzico di sano buon senso.
Emanuela Di Pasqua 04 novembre 2008 Corriere della Sera

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