domenica 1 marzo 2009

Ombudsman

KlimtPubblica amministrazione La proposta di alcuni consiglieri regionali veneti
Lottizzati e superpagati «Aboliamo i difensori civici»
Patti scellerati tra la sinistra e la destra per eleggerli
Abolire i difensori civici? «Sarebbe come tornare indietro a re, principi e sudditi», ha ringhiato indignatissimo l'ombudsman del Veneto, Vittorio Bottoli, davanti al progetto della sua Regione di sopprimere il suo ufficio: «Come si possono lasciare i cittadini più deboli, senza questa difesa?». Parole d'oro, sulla carta. La storia di questi anni dice però che da noi questa nobile istituzione nordica è stata troppo spesso ridotta a uno strapuntino dei partiti. O viene rivoluzionata, o è meglio buttarla via sul serio. Almeno smetterà di essere una foglia di fico di tante schifezze.
Dalle altre parti sì, viene preso sul serio. In Svezia, dove questa figura ispirata al defensor civitatis esiste da quattro secoli e da due sta nella Costituzione, lo stesso braccio destro del premier Lars Danielsson, criticato dall'ombudsman nazionale per la gestione dei soccorsi dopo lo tsunami in Asia, non ebbe scampo: dimissioni. Quanto all'Europa, il difensore civico comunitario lo sceglie con la massima cura: bandi di concorso, richieste rigidissime, convocazione dei candidati, pubblico esame di ogni curriculum... Non si scherza, su queste cose, nei Paesi di sane tradizioni democratiche. Deve o non deve, questo garante dei cittadini, essere un uomo di assoluta trasparenza? Da noi no. Anzi. Gli archivi sono pieni zeppi di vicende poco edificanti. Come le estenuanti sfide tra i partiti («Tocca nominarlo a noi!». «No, a noi!») che hanno impedito per anni (non settimane o mesi: anni!) la nomina di certi ombudsman regionali. O l'inchiesta giudiziaria sui brogli nella nomina di quello di Lamezia Terme. O le polemiche sullo stipendio di quello della Val d'Aosta. Per non dire del patto scellerato tra la sinistra e la destra al Comune di Roma.
Dove, quando era sindaco Walter Veltroni, i partiti concordarono un difensore civico a testa, uno ulivista e uno berlusconiano. Lottizzazione al cubo: un imparziale a me, un imparziale a te. Come se l'uno e l'altro degli schieramenti politici, che avrebbero poi rinnovato l'accordo alla scadenza, riconoscessero la propria incapacità di scegliere un uomo davvero al di sopra delle parti. Una pubblica ammissione di impotenza. O se vogliamo un'arrogante esempio di indifferenza nei confronti della legge. Le norme, in realtà, sarebbero chiare. E pretenderebbero dai candidati alla carica di difensore civico una «acclarata indipendenza politica». In linea con lo spirito delle origini, che l'allora ministro Remo Gaspari spiegava con la necessità di una figura capace di «dare ai cittadini la possibilità di instaurare un corretto rapporto con la pubblica amministrazione e le sue leggi, spesso difficili da applicare» ma più ancora di «appurare, proprio tramite le richieste che giungeranno al nuovo organismo, le sacche di disfunzione e di inefficienza ». Sì, ciao. Immaginate di essere cittadini campani: se non basta che la moglie di Cesare sia onesta ma «deve essere al di sopra di ogni sospetto», con quale spirito andreste a chiedere la tutela dei vostri diritti al difensore civico regionale Vincenzo Lucariello, messo lì perché mastelliano e coinvolto nelle indagini su un giro di clientele e raccomandazioni e intercettazioni sconcertanti che forse non sono reato ma certo non disegnano una figura di purezza adamantina?
E se foste cittadini palermitani con quale spirito vi rivolgereste ad Antonio Tito sapendo che è stato nominato difensore civico a dispetto della «non» acclarata indipendenza politica visto che era stato candidato alle elezioni nel 2001 nelle liste Biancofiore guidate da Antonio Borzacchelli, poi arrestato per concussione e rapporti con la mafia? Sapendo che i suoi figli Giuseppe e Tania erano stati assunti da due aziende municipali mentre lui, il papà, era presidente dell'Autority su quelle aziende? Che fino a poche settimane fa aveva l'autoblù (l'autoblù!) e un pass di accesso alle zone di traffico limitato valido anche per la macchina di sua figlia? E sempre lì torniamo: se l'ombudsman, per godere della fiducia dei cittadini, dev'essere una figura cristallina, come può essere nominato per la tessera politica, le amicizie o i rapporti clientelari? Possibile che il Consiglio comunale di Favignana non sapesse che Salvatore Prestigiacomo, al momento di essere nominato difensore civico, era sotto processo per abusivismo edilizio? E al Comune di Monreale hanno mai letto il curriculum presentato a fine febbraio dell'anno scorso da Gianbruno Vitale, poi scelto per quel ruolo delicatissimo? «Docenza in legislazione turistica in un corso di formazione professionale regionale della cooperativa "Idra" di Palermo, Docenza in un corso di formazione professionale regionale della cooperativa "Menphis" di Palermo, laurea in giurisprudenza nel 1998, abilitazione nel 2003, ha partecipato alla missione Speranza e carità di Biagio Conte nel 2004, adozione a distanza di una bambina in Tanzania con un progetto "Action aid", istruttore di calcio a 5 presso la scuola calcio Cds anni 1999-2002, allenatore della squadra dei giovanissimi con partecipazione al campionato federale nelle società Cds, socio fondatore dell'Associazione Sportiva Conca d'Oro di Monreale, chitarrista autodidatta... ». C'è poi da stupirsi se lo stesso presidente dell'Andci, l'associazione dei difensori civici italiani, Giuseppe Fortunato, dice che «ormai siamo arrivati ad un bivio, o si cambia o si muore»?
O se Lino Buscemi, che oltre ad essere presidente italiano del comitato scientifico dell'Andci è stato uno di quelli che più ci hanno creduto, dice amareggiato che la nomina a ombudsman è diventata di fatto una questione di puro potere e «da troppe parti viene messa sul tavolo nelle trattative partitiche in modo che chi non ha avuto l'assessore si becca il difensore»? Certo, non è giusto generalizzare. Ed è assolutamente vero che molti difensori civici, forse la larga maggioranza, fanno dignitosamente il loro lavoro. Talvolta a dispetto di chi li ha piazzati là. E forse non è del tutto giusto buttar via il bambino con l'acqua sporca, come vorrebbero quei consiglieri di destra del Consiglio regionale veneto (fatta eccezione per i leghisti, propensi a chiedere piuttosto una riforma delle procedure di nomina) che hanno presentato una proposta di legge per abolire il difensore civico. Può darsi che i pidiellini Moreno Teso e Carlo Alberto Tesserin, il primo di rito finiano, il secondo berlusconiano, esagerino quando dicono che 815mila euro l'anno sono troppi, di questi tempi, «in rapporto alla resa». Come può darsi che abbia ragione Vittorio Bottoli a dire che lui, nonostante il marchio di ex-consigliere comunale di An a Verona, ha sempre cercato di essere al di sopra delle parti e di fare al meglio il suo mestiere. Ma quando il governatore friulano Renzo Tondo dice che della mancanza del difensore civico del Friuli-Venezia Giulia, già abolito, «non si accorgerà nessuno», non ha purtroppo tutti i torti. E' difficile mettersi l'elmetto e andare in trincea per difendere «questi» difensori civici: troppo spesso sono indifendibili. Ma resta il tema: il fallimento è dovuto a loro o a quei politici allergici ai controlli che hanno voluto i controllori così proprio per poterli svuotare, screditare, svillaneggiare e buttare via? Le nomine Dovrebbero essere indipendenti. Ma a Napoli Lucariello è stato scelto per la fede mastelliana e a Palermo Tito era candidato alle elezioni nelle liste Biancofiore
Gian Antonio Stella 01 marzo 2009 Corriere della Sera

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